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Quella in Ucraina è la prima cripto-guerra

La prima cripto-guerra? Limiti e potenzialità delle crypto in Ucraina

Donazioni e aste milionarie per sostenere la resistenza ucraina, ma anche possibile via per eludere le sanzioni imposte sugli oligarchi di Putin. Il ruolo delle criptovalute nei primi giorni dell’invasione

L’invasione russa in Ucraina è probabilmente la prima “cripto-guerra” della storia. L’attenzione crescente e l’adozione diffusa delle criptovalute hanno creato un ulteriore livello su cui si possono muovere fondi. E in questo momento stanno venendo alla luce limiti e potenzialità: se da una parte è vero che gli oligarchi russi sotto sanzioni potrebbero approfittare delle crypto per aggirarle, dall’altra sono già stati inviati milioni di dollari per sostenere le forze armate ucraine.

Donazioni online, dai bitcoin a Patreon

Tralasciando gli enti minori e i profili fittizi, che speculano sulla crisi in Ucraina per chiedere donazioni, la maggior parte delle cripto-transazioni sono state indirizzate verso Come Back Alive (“ritornate vivi”). Si tratta di una ong fondata nel 2014 da Vitaliy Deynega, un volontario di Kiev che inizialmente raccoglieva fondi per fornire giubbotti antiproiettile (scrivendoci sopra il nome dell’ente) ai soldati che combattevano nella regione del Donbass subito dopo l’annessione russa della Crimea.

Oggi Come Back Alive è uno degli enti di assistenza più importanti, avendo raccolto 7 milioni di dollari dal 2014 al 2021, ed è stato definito dal governo ucraino “il principale fondo caritatevole” del Paese. Riceve donazioni attraverso Fondy, Swift, Patreon e un portafoglio bitcoin – che nell’ultimo paio di giorni ha ricevuto un’iniezione di quasi 5 milioni di dollari, di cui 3 in una sola tranche (anonima). Intanto una campagna di nome R3LIEF ha annunciato di aver raccolto un milione di dollari nei primi 30 secondi di un’asta di criptoarte (Nft).

Aiuta che l’Ucraina abbia ufficialmente legalizzato le criptovalute a settembre, cosa che ha fornito garanzie legali per la loro conversione in valute fiat (le “classiche”). Inizialmente Kiev non accettava donazioni in criptovalute, ma sabato mattina il governo ha cambiato idea e pubblicato indirizzi di portafogli digitali adatti a ricevere Bitcoin, Ether e Tether (una stablecoin “fissata” al valore del dollaro), sui cui si sono accumulati oltre 4 milioni di dollari nel giro di poche ore.

Patreon, invece, ha sospeso la pagina di Come Back Alive (attiva dal 2020) giovedì, spiegando che le regole della piattaforma impedivano di finanziare equipaggiamento bellico. Una mossa che ha innervosito gli addetti ai lavori, dato che Patreon è diventato il catalizzatore principale di crowdfunding in questo conflitto anche per emittenti essenziali come Kiyv Independent, una delle principali fonti di informazione internazionali sul campo. La rivale GoFundMe, invece, non ha bandito le attività di raccolta fondi in Ucraina.

Gli oligarchi possono aggirare le sanzioni?

In molti Paesi, tra cui Usa e Russia, le crypto esistono in un limbo legale per mancanza di regolamentazione. E per come sono progettate, chiunque può facilmente creare un portafoglio (pubblico ma anonimo) e inviare o ricevere fondi. Questo rende più difficile per i governi controllare le transazioni in uscita ed eventualmente bloccarle, se sono dirette a un soggetto sanzionato. Dunque le crypto potrebbero vanificare di fatto le sanzioni imposte su diversi oligarchi russi da Usa, Ue, Canada, Corea del Sud, Giappone, Australia e altri Paesi.

Va ricordato, peraltro, che Vladimir Putin di recente ha bloccato il tentativo della Banca centrale russa di mettere al bando le criptovalute, indirizzandola verso la legalizzazione. Forse proprio in vista delle sanzioni, certamente conscio del fatto che 17 milioni di russi detengono 23 miliardi di dollari in crypto e che la Russia è tra i Paesi più attivi sul versante del mining, e consapevole dei miliardi in crypto che transitano nel Paese grazie alle gang di ransomware, i cui obiettivi spesso collimano con quelli del Cremlino.

Putin non ha certo interesse a perdere il controllo sul rublo, garantito dalla banca centrale russa, e dunque sulle finanze dei propri cittadini. Perciò è probabile che si proceda verso lo sviluppo del rublo digitale, annunciato nel 2020. Intanto le crypto continuano a essere utilizzabili dai cittadini russi, oligarchi compresi, anche se convertirle in valute fiat rimane più complesso e rischioso per via del limbo legale.

Negli Usa l’industria delle crypto si sta muovendo autonomamente per anticipare l’ondata regolatoria in arrivo, ma è improbabile che questi due elementi possano creare strumenti adeguati in tempo utile. Ci sono, però, due episodi recenti che dimostrano che i governi stanno diventando molto più abili a rintracciare i movimenti finanziari sulle blockchain: la stretta del governo canadese sui cripto-portafogli dei camionisti no-vax, che percepivano donazioni in crypto, e il più grande sequestro di bitcoin nella storia a opera delle autorità americane.

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