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Il debito pubblico fa meno paura all’Italia. Parola di Oxford Economics

Gli economisti del centro studi inglese non vedono particolari rischi dai rendimenti dei titoli italiani in salita. Il debito terrà, non è come nel 2011. E poi c’è una Bce molto più premurosa di prima. Ma attenzione a non crogiolarsi troppo

Sì, caricarsi sulle spalle 2.678 miliardi di debito pubblico italiano peserà un po’ di più rispetto a qualche mese fa. Succede ogni qualvolta sale lo spread Btp/Bund, spingendo i rendimenti dei titoli italiani, rendendo un pizzico più costoso convincere i mercati a sottoscrivere e dunque finanziare il debito. Nei giorni scorsi il differenziale coi titoli tedeschi si è portato più volte a ridosso dei 170 punti base, con il rendimento sul Btp decennale che ha toccato il 2% (non succedeva da fine 2020), complice una comunicazione della Banca centrale europea circa la politica monetaria prossima ventura un po’ troppo sbarazzina.

Ma tutto questo non deve allarmare. Di questo sono convinti gli analisti di Oxford Economics, uno dei principali centri studi a livello europeo. “Il tono inaspettatamente da falco della Bce”, si legge in un report dedicato all’Italia, “ha provocato una notevole reazione del mercato, con i rendimenti delle obbligazioni italiane a 10 anni che sono saliti di 55 punti base, all’1,95%. Tuttavia, non crediamo che rendimenti più alti di per sé, insieme alle politiche fiscali nel medio termine, faranno deragliare la dinamica del debito italiano”.

Buone notizie, insomma. Anche perché “la situazione attuale dell’Italia è diversa dagli episodi precedenti, come la crisi del debito del 2011-2012 o le turbolenze politiche del 2018. Questa volta, il sell-off (la vendita sotto prezzo dei titoli, preludio del disimpegno degli investitori, ndr) è iniziato con il ri-prezzamento del tasso privo di rischio piuttosto che da alcuni fattori esclusivamente italiani. L’Italia non è in ritardo rispetto all’eurozona e il tasso di interesse effettivo, intorno al 2%, è al suo livello più basso. E per una volta, la politica non sta interferendo, con l’attuale governo Draghi in grado di continuare per almeno un altro anno”.

E c’è poi chi non vede il rialzo dello spread come il vero problema per il debito. Semmai, conta molto più la crescita, ha spiegato Goldman Sachs. Come a dire, “per neutralizzare il rischio di una spirale del debito pubblico italiano, “le prospettive di crescita, sulla scorta del sostegno fiscale dei fondi europei, svolgeranno un ruolo fondamentale”.

Attenzione però, guai a riposare sugli allori. “L’imperativo”, chiarisce Oxford Economics, tornando alle rassicurazioni che arrivano da Oltremanica, “è che l’Italia ritorni a un avanzo primario e riduca il debito sovrano. Detto questo, se i rischi negativi dovessero materializzarsi e l’Italia non fosse in grado di perseguire un percorso fiscalmente prudente, il Paese ha ancora delle opzioni aperte che non c’erano dieci anni fa. Queste opzioni dipendono dalla gravità e dalla durata dello stress di mercato e possono andare dal sostegno della Bce a un intervento che coinvolge l’Esm”, il fondo salva Stati europeo. Munizioni, insomma.

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