La Commissione ha presentato le nuove regole e una comunicazione contro il lavoro forzato. Le aspettative sono alte ma la realtà meno. Tanto che il principale promotore, il vicepresidente Dombrovskis, non ci ha messo il cappello
Con le nuove regole sulla due diligence presentate oggi, l’Unione europea vuole “difendere i diritti umani e guidare la transizione verde”. Lo ha detto Didier Reynders, commissario europeo alla Giustizia, durante la conferenza stampa di presentazione della proposta di direttiva. “Questa proposta è un vero punto di svolta nel modo in cui le aziende gestiscono le loro attività lungo tutta la loro catena di approvvigionamento globale”, ha aggiunto, sottolineando poi che oggi “i consumatori spingono per prodotti più sostenibili”. Secondo Thierry Breton, commissario al Mercato interno, la direttiva è figlia anche del fatto che “la frammentazione delle norme nazionali rallenta i progressi nell’adozione delle buone pratiche. Per questo, la direttiva “assicurerà che i grandi attori del mercato assumano un ruolo di primo piano nella mitigazione dei rischi lungo le loro catene del valore, supportando al contempo le piccole imprese nell’adattarsi ai cambiamenti”, ha spiegato.
Alla direttiva si aggiunge una strategica “per promuovere il lavoro dignitoso in tutto il mondo” che dovrebbe gettare le basi per “uno strumento per la messa al bando dei prodotti del lavoro forzato”.
L’asticella è fissata in alto. In una nota Věra Jourová, vicepresidente della Commissione europea per i valori e la trasparenza, ha spiegato che la direttiva proposta mira a “rispondere alle preoccupazioni dei consumatori che non vogliono acquistare prodotti realizzati con il coinvolgimento del lavoro forzato o che distruggono l’ambiente” e a “sostenere le imprese fornendo certezza del diritto in merito ai loro obblighi nel mercato unico”. Inoltre, ha aggiunto, “proietterà i valori europei sulle catene del valore e lo farà in modo equo e proporzionato”.
Basterà? Le nuove regole di due diligence si applicheranno alle grandi società dell’Unione europea con oltre 500 dipendenti e oltre 150 milioni di euro di fatturato netto in tutto il mondo e a quelle operanti in settori definiti ad alto impatto che hanno più di 250 dipendenti e un fatturato netto di 40 milioni di euro nel mondo. Inoltre, interesseranno anche le società fuori dall’Unione europea che però qui sono attive con soglia di fatturato allineata ai primi due gruppi generata nell’Unione europea. Fuori dalla direttiva, invece, rimangono le piccole e medie imprese.
Tradotto in numeri: le regole interessano direttamente soltanto l’1 per cento delle aziende nell’Unione europea, cioè circa 13.000 aziende europee e 4.000 straniere che operano nei 27. Lo dicono le stime della stessa Commissione europea.
Ed è forse anche alla luce di questi numeri che il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, in origine il principale promotore della direttiva per la due diligence e contro il lavoro forzato in chiave anti Cina soprattutto, non ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione.