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Perché Fabio Fazio ha fatto giornalismo intervistando il papa

I tempi del Concilio Vaticano I sono passati, la Chiesa non è un giudice eterno, al di sopra e al di là della storia. Vive con noi. E il papa è un uomo, successore di Pietro, il pescatore di anime. Fazio ci ha detto che un’intervista non è un interrogatorio, il giornalismo non riguarda solo gli scandali, ma anche altro

C’è una lettura, molto diffusa, che non condivido. Questa lettura sostiene che Fabio Fazio intervistando papa Francesco non abbia fatto giornalismo, perché non ha posto domande scomode. Eppure ce ne erano tante di domande scomode che si potevano fare. Su questo credo che convengano tutti, a cominciare dall’intervistato. Non voglio qui parlare delle intenzioni e finalità dell’intervistato, l’ho già fatto in un precedente articolo. Voglio solo dire perché a mio avviso Fazio ha fatto giornalismo.

Con il suo stile e le sue affermazioni Fazio ha rappresentato un’idea di “papa” classica del la Chiesa che fu, quella del Concilio Vaticano I. È il papa Superman, l’infallibile. Questo è emerso chiaramente dalla prima domanda: ma non si stanca a richiamarci sempre davanti a tutti gli orrori del mondo? A questa domanda Francesco ha risposto che la fatica la fanno coloro che quegli orrori subiscono e patiscono, non lui. Lui fa il suo lavoro, con i suoi collaboratori. Sono loro che soffrono. Ed è seguito l’elenco di chi fa fatica ogni giorno.

Non è giornalismo questo? Un’idea di chi sia il papa, il Superman che noi non riusciamo neanche a capire come possa stare dietro a tutto, e l’altra, questa che ha esposto Francesco.

Fazio ci ha dato una rappresentazione piana e accessibile a tutti di un mutamento ecclesiologico profondo. La Chiesa del Vaticano I, il Concilio interrotto ai tempi della conquista di Roma da parte degli italiani, della breccia di Porta Pia, era una Chiesa arroccata, in difficoltà. È ovvio che dovesse rappresentare il suo Sommo Pontefice come qualcosa che rasenta Dio, per rendere indiscutibile il suo discusso regno temporale. Poi se ne è liberata. È stato Paolo VI a dire che quel giorno va festeggiato: la fine del regno pontificio. Che liberazione!

Ora Francesco prosegue questa opera di umanizzazione del vescovo di Roma. Si è definito così, non papa, ma vescovo di Roma, già nella sera della sua elezione. È questa la novità. È questo che molti non accettano, invocando la “sacralità di Pietro”. Quel papa esprime una Chiesa che si crede società perfetta e che quindi vuole imporsi a tutta la società e con sé imporre il suo ordine, indiscutibile.

Io non so e non mi interessa se Fazio abbia del papa un’idea di Superman, di super-uomo, di semi-Dio. Ma devo dire che la sua domanda ha consentito a Francesco di spiegare in termini piani, semplici, accessibili a tutti, che il vescovo di Roma non la pensa così. I tempi del Concilio Vaticano I sono passati, la Chiesa non è un giudice eterno, al di sopra e al di là della storia. Vive con noi. E il papa è un uomo, successore di Pietro, il pescatore di anime.

Fazio in buona sostanza, quale che sia la sua idea di papa, ci ha detto che un’intervista non è un interrogatorio, il giornalismo non riguarda solo gli scandali, ma anche altro. Ad esempio: chi è il papa per il papa? Questa domanda ognuno poi la può trasformare in una domanda più confacente alla sua cultura: chi è il segretario del mio partito, chi seguo nella vita? Tutto sommato tutti seguiamo qualcuno, l’importante è sapere chi.

Un’ultima nota. Fazio ha voluto chiamare Francesco Santo Padre. Non credo che non sappia che il suo titolo per protocollo non ecclesiale è Santità. Si è voluto porre come un credente? Non lo so. Ma anche qui ha fatto un lavoro importante. Cosa significano questi titoli, queste attestazioni di Santità davanti a un uomo che ha detto “io non sono un santo”? Non è emerso anche questo grazie allo stile che può piacere o non piacere, ma che certo era molto, molto diverso dallo stile da Jorge Mario Bergoglio, vescovo di Roma e successore di Pietro? Il giornalismo riguarda anche i messaggi, le visioni del mondo che si propongono, la cultura che da esse promana. Non soltanto “gli scandaloni”. Che restano.


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