Al di là di ciò che non si sa e che non è lecito prevedere, per Fratelli d’Italia si apre una stagione importante, che non riguarda soltanto la prevedibile crescita di consenso (si sa quanto volatile sia), ma la definizione della propria identità ideologica e strategica
La rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale ormai è storia: storia presente, ma storia. Come è sempre accaduto da quando la Repubblica è tale, l’elezione presidenziale ha comportato scossoni, lacerazioni e mutamenti degli equilibri politici, ma anche concrete possibilità di riforma del sistema.
In questo frangente, vi sono stati due vincitori (relativi): Mario Draghi, restato a Palazzo Chigi e Giorgia Meloni, a cui si è spalancato uno spazio da prateria per le elezioni del 2023.
Il centrodestra è uscito a pezzi, smembrato dal fallimento della leadership unitaria di Matteo Salvini, e dal perseverare acuito della frattura tra l’opposizione di Fratelli d’Italia a Draghi e l’adesione governativa di Lega e centristi all’esecutivo.
L’indubbia abilità di Meloni è stata, nel contingente, saper tenere fede ad una posizione di destra, facendo finire Salvini nel burrone dell’incoerenza, accompagnandolo fino all’orlo del precipizio, senza neanche la necessità di spingerlo abbasso.
Draghi resta in sella, Meloni all’opposizione, e per tutti gli altri l’incubo di una gestione difficile della propria soggettività politica da salvaguardare.
Alcuni interrogativi si aprono sull’ex-centrodestra. Come conciliare la necessità di stare insieme per essere maggioranza con la poca fedeltà unitaria che ha caratterizzato la gestione Mattarella?
Due punti sono fondamentali: primo, il centrodestra non potrà essere tale se frana al centro, ossia se mostra infedeltà alla coalizione dal lato moderato; e, secondo, Meloni si troverà prima o poi davanti al bivio di essere o determinante o superflua.
Il progetto di un contenitore repubblicano, lanciato subito dopo la disfatta da Salvini, è, per ora, più un escamotage che una prospettiva.
Al di là di ciò che non si sa e che non è lecito prevedere, per Fratelli d’Italia si apre una stagione importante, che non riguarda soltanto la prevedibile crescita di consenso (si sa quanto volatile sia), ma la definizione della propria identità ideologica e strategica. Se, infatti, è chiaro a tutti la granitica determinazione di partito, sfruttata bene secondo il parametro fermo di chi detiene una posizione originaria e non valicabile, è tuttavia di grande rilevanza che sia stabilito e comunicato bene l’asse ideale da cui si voglia partire e da cui sia possibile per gli altri allearsi o opporsi.
Maurice Barrès, celebre scrittore considerato un padre del conservatorismo europeo, poneva l’accento, alla fine dell’Ottocento, su un principio primo che sta al fondo di tutta la politica di destra, ma che poi si è un po’ offuscato nel tempo: l’individualismo. Mai come in questo momento è necessaria per l’Italia riscoprire e valorizzare la centralità della singola persona, la sua soggettività unica di essere umano e di cittadino, di lavoratore e di imprenditore, naturalmente senza contrapporne l’aspirazione alla socialità e alla relazionalità.
L’idea di Stato che oggi serve è quella di una comunità prossima alle persone, di una politica che guardi al singolo italiano nella sua specificità particolare, familiare e sociale, abbattendo burocrazia e senso di oppressione politica, fiscale ed economica, garantendo sicurezza, impegno e responsabilità diretta nella vita e nelle istituzioni. La democrazia conservatrice non è collettiva ma individuale, la società non è uno stato faraonico e maculato ma una comunità concreta e compatta nella sua identità, produttiva, consapevole e perciò accogliente ed aperta.
Per scampare al pericolo populista e non restare chiusa in un orizzonte astratto e protestatario, a Meloni è data una grande occasione: lanciare dal punto di vista anche femminile anche grazie alla giovane età, il progetto generazionale di un conservatorismo che riscopra l’identità individuale della persona, modello da cui emerga una democrazia snella, diretta, nazionale e valoriale indispensabile per il consolidamento della nostra società spappolata e flagellata dalla globalizzazione, depressa dalla retorica dei diritti assoluti e da una prospettiva di spaesamento cosmico ed emarginato senza responsabilità, doveri e senso dello Stato.
Se Fratelli d’Italia, partito erede di una lunga tradizione parlamentare, saprà declinare in termini originariamente democratici la propria cultura di destra individuale e solidale, allora è possibile immaginare che il centrodestra potrà avere domani una vera rifondazione, presentandosi come una coalizione maggioritaria nel Paese con al centro Meloni in qualità di rilevante protagonista. In caso contrario, ci troveremo, domani e come sempre, in una situazione nella quale dominerà soltanto populismo e ingovernabilità, senza una valida speranza nazionale per i cittadini italiani.