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Quasi amici. Il Kazakistan nega le truppe, Erdogan pensa di chiudere il Bosforo

Alleati e partner potrebbero complicare la vita a Putin. Il Kazakistan ha annunciato che non prenderà parte alla guerra in Ucraina, mentre la Turchia sta decidendo se chiudere il Mar Nero (unico segmento dove l’invasione russa è riuscita finora a sfondare)

“Se confermata sarebbe una pessima notizia per Mosca che solo poche settimane fa aveva favorito l’ascesa in Kazakistan di un governo amico”, scrive su Twitter il generale in congedo Vincenzo Camporini, ora responsabile Difesa e Sicurezza di Azione e già capo di stato maggiore della Difesa. Si riferisce a quanto fatto uscire stamane da NBC News, secondo le cui il Kazakistan, uno dei più stretti alleati della Russia, non ha risposto positivamente alla richiesta di Mosca di unire le truppe all’offensiva in Ucraina.

L’ex repubblica sovietica ha anche fatto sapere che non riconosce le autoproclamate repubbliche separatiste ucraine sostenute dalla Russia – riconoscimento che invece a Mosca ha fatto da amaro antipasto all’invasione dell’Ucraina lanciata da Vladimir Putin. Il Consiglio di sicurezza nazionale statunitense ha apprezzato la decisione di Nur Sultan, sostenendo “con favore il rifiuto del Kazakistan di inviare le sue forze a unirsi alla guerra di Putin in Ucraina”.

Al di là del valore geopolitico dei due Paesi, quello che conta in questo caso è la posizione kazaka dal punto di vista delle relazioni internazionali. Un brutto colpo per Mosca, che recentemente ha sostenuto il regime del presidente Kassym-Jomart Tokayev contro le proteste di piazza. Sostegno che si lega all’interesse di Putin di mostrarsi amico e riferimento per i Paesi dell’area ex sovietica – che il presidente individua come parte delle propria sfera di influenza esclusiva. Una dinamica simile a quella innescata due anni fa in Bielorussia, con il sostegno al batka Aleksander Lukashenko che si è tramutato nei fatti attuali nella trasformazione della Russia Bianca in una piattaforma d’attacco contro l’Ucraina.

Putin sta cercando di spingere la narrazione etnonazionalista dietro all’invasione, dichiara che è “un’operazione speciale” per proteggere i russi in Ucraina e liberarli dai governanti locali accusati di nazismo (la chiama “denazificazione”). Nel suo messaggio l’attacco ha valore totale, serve a parlare a tutti i russi il linguaggio narrativo putiniano, e non è un caso che si siano innescate in azione le brigate cecene collegate al Cremlino. Ma lo scarrellamento kazako è un problema.

Un altro problema potrebbe arrivare dalla Turchia se Recep Tayyp Erdogan dovesse accettare la richiesta di Kiev di chiudere il Bosforo alle navi russe – decisione che potrebbe prendere secondo il diritto stabilito dalla Convenzione di Montreux perché adesso la Russia è un paese in guerra. Nel pomeriggio di oggi, sabato 26 febbraio, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva annunciato su Twitter che Ankara aveva preso la decisione, ma il governo turco ha rapidamente smentito.

La scelta è delicatissima, perché significherebbe affossare l’unico segmento offensivo su cui la Russia sta riportando successi, ossia l’attacco anfibio dal Mar Nero. Per Erdogan significherebbe far infuriare Putin e rischiare di rompere con Mosca, che finora ha tollerato l’uso dei droni turchi venduti a Kiev e l’assistenza fornita secondo un accordo di cooperazione turco-ucraino. Per questo Ankara ha precisato subito che niente è ancora definitivo.



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