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Una Lega in cerca d’autore (che rimane al governo). Parla Calise

Il politologo dell’Università Federico II: “Fratelli d’Italia sta giocando la sua partita molto bene ma non ha classe dirigente per governare. L’ipotesi di un rassemblement all’americana? A Meloni non andrebbe giù”. E i grillini? “Si potrebbe concretizzare una scissione ma non a breve”

Più di una provocazione ma meno di una rottura. La prospettiva di uscire dai ranghi dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, per la Lega, è ancora remota. Non mancano però, come si è visto ieri sera durante la votazione per il decreto sulle scuole, evidenti segnali di insofferenza. Addirittura il numero due del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, ha disertato la riunione del Consiglio dei ministri. “Sono scaramucce interne alla Lega, preda di un nervosismo dovuto prima di tutto alla debacle nella partita quirinalizia”. Non c’è da preoccuparsi, dunque: “Per ora non abbandonano il  carro trainato da Draghi”. Ne è sicuro il politologo e docente alla Federico II di Napoli, Mauro Calise. 

La Lega fa i capricci ma resta dov’è, dunque?

Credo proprio di sì. Salvini sta cercando disperatamente un riposizionamento al centro per tentare di recuperare l’ala moderata del suo partito. In questa fase è del tutto evidente che non gli convenga abbandonare i ranghi dell’esecutivo.

Il “riposizionamento” si sostanzia nella proposta di creare un Partito repubblicano?

L’idea del Partito repubblicano non è certo originale. Ma ogni volta che Salvini è in difficoltà si inventa l’ipotesi del partito unico tentando di inglobare i forzisti. Rispetto al passato, però, a vantare una posizione privilegiata questa volta sono proprio gli azzurri di Silvio Berlusconi.

Secondo lei è plausibile che si arrivi alla formazione di questo schieramento, in ossequio al modello americano?

La vedo francamente remota come possibilità. Tanto più, ad esempio, che Giorgia Meloni faticherebbe a digerire la riproposizione di un modello come quello americano e soprattutto i principi ispiratori a cui fa fede.

A proposito di Meloni. Fratelli d’Italia in questo momento nei sondaggi sta crescendo. Sembra andare per conto suo, in controtendenza rispetto agli altri due partiti della coalizione. 

Meloni sta giocando molto bene le sue carte. Ha intrapreso una strada e, come si suole dire, fino a oggi le ha azzeccate tutte. È l’unica che in questa fase si può permettere di “costruire” a fronte di una coalizione che si sfalda. Il gap che deve colmare è quello della classe dirigente. Che, a oggi, non c’è in Fratelli d’Italia.

Le conviene rimanere all’opposizione?

Sicuramente in questo momento sì. Fino a che, torno a dire, non avrà incardinato al suo fianco una classe dirigente in grado di governare. A quel punto si ovvierà alla discrasia che c’è fra la sua capacità di leadership e il suo entourage non preparato a gestire i meccanismi di governo.

A proposito di sfaldature. Come legge politicamente la “guerra” per la leadership tra Di Maio e Conte?

Anche in questo caso è un problema tutto interno, in cui al centro c’è la questione del doppio mandato. Non è conveniente, in questo momento, una scissione tra le due fazioni. Anche se, in un futuro, non la escludo. A questo punto il problema si trasferirebbe sui dem che sembrano far finta che nulla stia accadendo ai loro alleati.

 

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