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Mattarella e l’importanza della tutela e innovazione della democrazia liberale

Una delle grandi sfide che ha di fronte l’Italia, insieme all’Europa, è quella di contribuire immediatamente a disegnare le riforme delle organizzazioni internazionali e la governance delle tecnologie, in particolare quelle legate alla trasformazione digitale. L’intervento di Rosario Cerra, fondatore e presidente del Centro Economia Digitale

Il Presidente della Repubblica nel suo discorso di insediamento ha posto un voluto e preciso accento sulla democrazia liberale italiana e sulle sfide e i rischi che essa deve sostenere, congiuntamente a quelle dei “popoli amici che ci attorniano” nel sodalizio europeo. Ci sono da affrontare sfide interne, date dai meccanismi e dalle dinamiche sociali, economiche e istituzionali, e rischi esterni, dati dagli interessi e dalla pressione dei regimi non-liberali (che siano democrature, autoritarismi o teocrazie). Questo il centro della sua dichiarazione a difesa della nostra democrazia e cultura liberale: “Poteri economici sovranazionali, tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico. Su un altro piano, i regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, ben più solide ed efficaci”.

Mattarella sa bene che quando si tratta di economia o di politica internazionale “o sei seduto intorno al tavolo o sei sul menu!”, e che nell’odierno scenario non dobbiamo farci trarre in inganno dall’emergenza Covid-19 (20, 21 e 22), la quale, in questa fase, non sta creando nuove tendenze ma accelerando quelle già in atto. E quelle in atto lo sono da molto tempo e incidono in modo profondo nella vita di un singolo stato europeo, ancorché rilevante, come il nostro. I processi di globalizzazione, il crescente sbilanciamento nei rapporti di forza tra finanza ed economia reale, l’ascesa esponenziale del ruolo delle grandi corporation tecnologiche e delle piattaforme digitali stanno, infatti, riducendo significativamente gli spazi decisionali autonomi degli stati sovrani. È l’esito di una dinamica impetuosa, spesso priva di reali argini politici ed efficaci forme di regolamentazione, che ha caratterizzato l’evoluzione dei sistemi economici negli ultimi decenni.

Un processo che da un lato ha garantito alti tassi di crescita a livello mondiale, la disponibilità di nuovi beni e nuovi servizi che hanno significativamente migliorato la qualità della vita quotidiana dei cittadini, ma che ha anche generato un peggioramento rilevante nella distribuzione dei redditi e della ricchezza, mettendo in crisi la classe media, e una riduzione della capacità degli stati democratici di governare i processi e affrontare le sfide del nostro tempo. Ed è qui che si concentra la maggiore sfida interna, perché la democrazia liberale occidentale è un regime politico la cui stabilità dipende, fondamentalmente, dalla classe media a cui occorre garantire la vitale “dignità”.

Sul fronte dei rischi esterni troviamo sistemi non-liberali la cui perizia economica e di innovazione tecnologica (vedi Cina) o geopolitico-militare (vedi Russia) sono una perenne sfida alla capacità degli stati occidentali di collaborare strategicamente tra di loro. Il progresso tecnologico della Cina è in questo senso paradigmatico, esso è il risultato delle interazioni tra uno stato centralizzato capace di concentrare le risorse a sostegno di tale progresso e una base industriale sempre più orientata al mercato.

E pertanto, oltre alle dinamiche economico-finanziarie, la questione di chi possiede e produce le tecnologie e di chi ne fissa gli standard e le regole di utilizzo è diventata centrale nel definire gli assetti a livello geopolitico, così come la raccolta e l’elaborazione di grandi moli di dati rappresentano un elemento chiave per il benessere e la tutela degli interessi economici e dei valori fondanti della nostra società. Il paese di appartenenza delle imprese che raccolgono le più grandi quantità di dati è un paese che, oltre a essere forte dal punto di vista tecnologico digitale, è anche un paese che ha la piena sovranità del proprio patrimonio digitale. Anche in questo senso possiamo leggere l’avvertimento di Mattarella quando sottolinea come i regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire più efficienti. Una delle grandi sfide che ha di fronte l’Italia, insieme all’Europa, è quella di contribuire immediatamente a disegnare le riforme delle organizzazioni internazionali e la governance delle tecnologie, in particolare quelle legate alla trasformazione digitale.

Tra i temi principali e più controversi in questo ambito sicuramente rientrano i problemi connessi all’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale, una tecnologia che rischia di divenire nelle mani dei paesi non-liberali un potentissimo strumento di controllo sociale, della Cybersecurity, a tutela del nostro patrimonio pubblico e privato, ma anche delle tecnologie Cloud e delle infrastrutture. Nell’ideazione e attuazione di queste riforme occorrerà, tuttavia, evitare accuratamente autogol e garantire e promuovere il dinamismo dell’economia liberale di mercato, a beneficio di una platea sempre più ampia di popolazione. È un tema cruciale su cui non sarà facile trovare il giusto equilibrio. Non è un caso, infatti, che le più grandi aziende tecnologiche del mondo stiano sempre più finanziando i grandi think-tank di politica estera negli Stati Uniti, cercando di sostenere che regole di concorrenza troppo severe andranno a beneficio della Cina.

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