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Il Medio Oriente diviso tra cautela e sostegno a Putin. La mappa

I paesi arabi legati da interessi economici e politici a Mosca non si schierano contro l’offensiva sull’Ucraina e si dividono tra chi chiede la soluzione diplomatica e chi sostiene apertamente l’opzione militare

Il mondo arabo si presenta cauto davanti alla crisi ucraina. Nessuno ha condannato apertamente l’offensiva militare lanciata dal presidente russo, Vladimir Putin, anche se una posizione ufficiale verrà presa il 28 febbraio quando la Lega araba ha convocato una riunione di emergenza a livello di delegati permanenti al Cairo su invito dell’Egitto per discutere gli sviluppi della crisi. Al momento infatti la maggior parte dei paesi arabi non ha ancora mostrato una posizione chiara in merito a quando sta succedendo a Kiev.

Il paese arabo che si è maggiormente esposto in questa crisi è stato quello degli Emirati Arabi Uniti, che venerdì si è astenuto dal voto su una bozza di risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina, elaborata dagli Stati Uniti, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.

“La posizione degli Emirati Arabi Uniti è ferma sui principi di base delle Nazioni Unite, sul diritto internazionale, sulla sovranità statale e sul rifiuto delle soluzioni militari”, ha affermato il 26 febbraio Anwar Gargash, consigliere del presidente degli Emirati per gli affari diplomatici, in un tweet. “Riteniamo che l’allineamento e il posizionamento porteranno solo a una maggiore violenza e, nella crisi ucraina, le nostre priorità sono incoraggiare tutte le parti ad adottare la diplomazia e negoziare per trovare una soluzione politica che ponga fine a questa crisi”, ha affermato il diplomatico. La linea cauta di Abu Dhabi era però emersa già il 23 febbraio quando il ministro degli Affari esteri degli Emirati, Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha discusso con il suo omologo russo, Sergey Lavrov, sugli “sviluppi regionali e questioni di interesse comune” durante una conversazione telefonica. In quell’occasione Bin Zayed ha sottolineato “la forza delle relazioni tra gli Emirati Arabi Uniti e la Federazione Russa e le leadership dei due paesi, e la volontà di migliorare le prospettive della cooperazione tra Emirati e Russia in tutti i campi per raggiungere i loro interessi reciproci”.

Una posizione analoga è stata adottata dall’Egitto che il 24 febbraio ha rilasciato, tramite il ministero degli Affari esteri, una dichiarazione in cui ha sottolineato “l’importanza di dare priorità al linguaggio del dialogo e alle soluzioni diplomatiche e agli sforzi che risolvono rapidamente la crisi in modo da preservare la sicurezza e la stabilità internazionale”.

Esistono però alcuni paesi arabi che hanno deciso di schierarsi apertamente a sostegno di Putin. Il 25 febbraio il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha elogiato l’attacco militare russo all’Ucraina, dicendo che si trattava di una “correzione della storia”. Il regime siriano si era affrettato poco prima a riconoscere le regioni separatiste dell’Ucraina orientale, Luhansk e Donetsk, poche ore dopo che Putin le ha riconosciute come Stati indipendenti. Secondo l’agenzia di stampa statale siriana “Sana”, il ministro degli Esteri, Faisal Miqdad, ha affermato che Damasco “coopererà” con le due regioni dell’Ucraina orientale. Non poteva Damasco fare altrimenti considerato che Putin ha sostenuto il regime siriano durante la guerra civile nel Paese scoppiata nel 2011. Il regime siriano ha riconosciuto anche le regioni separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale dopo la guerra russo-georgiana nel 2008. Anche i ribelli Houthi dello Yemen hanno sostenuto il riconoscimento da parte della Russia di Donetsk e Luhansk come repubbliche indipendenti, ma hanno avvertito che una guerra avrebbe “esaurito le capacità russe”. Il vicepresidente del Consiglio sovrano sudanese, Mohamed Hamdan Dagalo, si è invece recato a Mosca, alla vigilia dell’operazione militare russa in Ucraina, in visita ufficiale, accompagnato da alcuni ministri del governo, per discutere “le modalità di sviluppo e rafforzare gli aspetti della cooperazione tra Sudan e Russia in vari campi”.

Un altro Paese da sempre alleato della Russia in Medio Oriente è l’Algeria. Non si registrano prese di posizioni ufficiali in merito alla crisi anche se il gruppo statale petrolifero, Sonatrach, ha espresso la propria disponibilità a fornire all’Europa quantità aggiuntive di gas attraverso il gasdotto che collega Algeria e Italia, nel caso in cui le esportazioni russe fossero ridotte a causa della guerra in Ucraina.

Cautela e apertura al dialogo arriva anche dal Qatar. Lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha effettuato due telefonate separate con il suo omologo russo, Sergey Lavrov, e il suo omologo ucraino, Dmytro Kuleba, per esaminare gli ultimi sviluppi della crisi. Lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman ha espresso la “preoccupazione del Qatar per questa escalation e le sue ripercussioni” e ha esortato tutte le parti “a esercitare moderazione e risolvere la controversia attraverso un dialogo costruttivo e metodi diplomatici e la risoluzione delle controversie internazionali con mezzi pacifici, e a non accettare nulla che porterebbe a un’ulteriore escalation”.

La Giordania ha invece affermato di “seguire con preoccupazione gli sviluppi della situazione in Ucraina e l’aumento delle tensioni in tale Paese”, sottolineando “l’importanza che la Comunità internazionale e tutte le parti interessate continuino a compiere i massimi sforzi per la moderazione, la riduzione dell’escalation, risolvendo il conflitto con mezzi pacifici e ripristinando la sicurezza e la stabilità nella regione attraverso il dialogo”.

Ad incidere sulla cautela dei Paesi arabi e sulla mancanza di condanne da parte delle sue diplomazie per quanto sta avvenendo in Ucraina ci sono due fattori: il commercio di armi e le esportazioni di grano russo.

L’invio di armi dalla Russia registrato negli ultimi anni ha senza dubbio un ruolo sulle posizioni espresse dai governi arabi, poiché Mosca ha lavorato per ripristinare la sua posizione in Medio Oriente e renderla simile a quella che aveva nell’era sovietica. Mosca ha quindi fatto affidamento sul commercio di armi per raggiungere questo obiettivo.  Ha raddoppiato le esportazioni di armi verso l’Algeria, il più grande Paese arabo e africano dell’area, mantenendo la posizione di primo fornitore dell’esercito algerino, il cui budget annuale per gli armamenti ammonta a circa dieci miliardi di dollari.

La Russia è tornata anche a rifornire di armi l’Iraq nonostante le trasformazioni a cui ha assistito dopo l’invasione degli Stati Uniti e la ricostruzione dell’esercito, che all’inizio aveva fatto affidamento solo sulle armi provenienti da Usa e dai suoi alleati occidentali. La guerra in Yemen ha spinto negli ultimi anni anche l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a concludere accordi per l’acquisto di armi con la Russia. Negli ultimi anni sono emerse alcune “divergenze strategiche” nelle relazioni di Washington con i Paesi arabi tradizionalmente alleati degli Stati Uniti, come Egitto e Arabia Saudita, che hanno instaurato rapporti di cooperazione militare e commerciale con la Russia. Mosca è tornata ad essere un importante fornitore di armi all’Egitto per la prima volta dalla guerra dell’ottobre 1973 e gli scambi commerciali russo-egiziani in generale sono cresciuti del 10% nel 2021. A differenza di Washington e dei suoi alleati occidentali, Mosca non pone condizioni sulle sue esportazioni di armi, il che lo rende una risorsa allettante per i paesi della regione.

La Russia e l’Ucraina sono inoltre tra i più importanti esportatori di grano verso un gran numero di paesi arabi. L’Egitto ha acquistato circa la metà delle sue importazioni di grano nel 2021 dalla Russia e circa il 30% dall’Ucraina. L’Egitto è uno dei maggiori importatori di grano al mondo e la crisi potrebbe causare un calo delle importazioni di questo bene di base da cui dipendono due terzi della popolazione del Paese. Inoltre, la Russia è il principale fornitore di grano dell’Algeria, seguita dall’Ucraina, mentre i rapporti tesi con Parigi hanno portato a un calo delle esportazioni di grano francese verso questo Paese.

Report ufficiali indicano che l’Egitto e il Marocco hanno riserve di grano sufficienti per quattro o cinque mesi, mentre la crisi politica in Tunisia ha portato a una significativa carenza di questo bene. Se quindi il regime del presidente siriano,  Assad, ha deciso fin dall’inizio di assumere una posizione favorevole a Mosca durante l’attuale crisi, la situazione per il resto dei Paesi arabi è più complessa ed è legata a diversi fattori che spingono i loro governi ad essere neutrali o comunque cauti nell’esprimere una posizione ufficiale in attesa dei prossimi eventi.



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