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“Borse di denaro” per spiare i cellulari. L’ultima accusa alla società di Pegasus

L’israeliana Nso accusata da un whistleblower negli Stati Uniti. Intanto, emergono dettagli sull’interesse dell’Fbi e ammissioni da parte della polizia dello Stato ebraico

Secondo una denuncia presentata al dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, la società israeliana Nso, produttrice del software spia Pegasus e ora nella lista nera americana, avrebbe offerto “borse di denaro” in cambio dell’accesso a SS7, la rete cellulare globali. Lo rivela un whistleblower, un ex dirigente della società californiana Mobileum di nome Gary Miller, in una lettera inviata alle autorità federali e al deputato americano Ted Lieu, che ha parlato di denuncia “altamente inquietante”.

Da una parte, come riassume il Washington Post, ci sono società di sorveglianza come Nso, che cercano di accedere alle reti di comunicazione per geolocalizzare gli obiettivi e fornire altri servizi di spionaggio. Dall’altra, aziende, come Mobileum, che cercano di prevenire tali intrusioni limitando l’accesso alla rete SS7.

L’INTERESSE DELL’FBI

L’Fbi ha acquistato e testato per anni Pegasus. Era il 2019 e gli abusi compiuti tramite Pegasus, al centro di uno scandalo di spionaggio mondiale di politici e vip, erano già ben documentati. Questo, rivela un’indagine del New York Times, non impedì all’Fbi di procedere con l’acquisto e alla Cia di comprarlo per il governo di Gibuti per combattere il terrorismo, ignorando i timori sugli abusi dei diritti umani, inclusa la persecuzione di giornalisti e la tortura di dissidenti.

L’INSERIMENTO NELLA LISTA NERA USA

Pegasus è stato al centro di un ampio dibattito fra il dipartimento di Giustizia, i legali del governo e l’Fbi per due anni e due amministrazioni: alla fine nell’estate del 2021, prima delle nuove rivelazioni sul suo utilizzo da parte del consorzio Forbidden Stories, gli Stati Uniti hanno deciso di non usarlo. Nel novembre dello stesso anno il Dipartimento del Commercio ha poi inserito Nso nella lista nera delle entità coinvolte in “attività contrarie agli interessi della politica estera e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.

LA REAZIONE DI GERUSALEMME

L’annuncio ha suscitato l’ira di Israele, che ha considerato la mossa di Washington non solo come uno sfregio ad uno dei suoi gioielli della corona ma come un attacco al Paese stesso. A far infuriare gli israeliani, secondo le ricostruzioni del New York Times, sarebbe stata “l’ipocrisia americana”: l’inserimento nella lista nera arrivava infatti dopo anni di test segreti su Pegasus in casa e dopo averlo messo nelle mani di almeno un Paese, Gibuti.

LE “AMMISSIONI” DELLA POLIZIA ISRAELIANA

Intanto, la polizia israeliana ha fatto delle “scoperte aggiuntive” sul presunto uso improprio di Pegasus per infiltrarsi nei telefoni dei civili senza giustificazione. Si tratta di dati che “cambiano le cose, in alcuni aspetti”, ha spiegato la polizia che fa marcia indietro rispetto a quanto dichiarato in precedenza. Dopo le rivelazioni del sito informativo Calcalist lo scorso gennaio, il procuratore generale uscente Avichai Mandelblit ha ordinato l’apertura di un’indagine sulle indiscrezioni secondo cui la polizia avrebbe fatto per anni un uso diffuso dello spyware Pegasus della Nso contro i civili israeliani, comprese persone non sospettate di alcun crimine, sfruttando una scappatoia legale e mantenendo la sorveglianza sotto stretta segretezza, senza la supervisione di un tribunale o di un giudice.

AL VIA LA BATTAGLIA LEGALE IN EUROPA

La Hungarian Civil Liberties Unio, una Ong attiva dal 1994 nel campo della protezione dei diritti umani, ha avviato un’azione legale per conto di sei persone dinanzi alle autorità ungheresi, alla Commissione europea, alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo e in Israele in relazione al caso Pegasus. Tracce del controverso spyware “sono state trovate sui telefoni di diversi obiettivi ungheresi, che ovviamente non rappresentano alcun rischio per la sicurezza nazionale, ma che sono stati fonte di disturbo per il governo” di Viktor Orbán, ha ricordato l’organizzazione sul suo sito web.

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