Washington torna a concedere deroghe tecniche per attività attorno al programma nucleare iraniano, ma spiega che non sono concessioni a Teheran. I negoziati sul Jcpoa continuano
L’amministrazione del presidente, Joe Biden, venerdì ha ripristinato le deroghe alle sanzioni all’Iran per consentire progetti di cooperazione nucleare internazionale, mentre i colloqui indiretti americano-iraniani sulla ripresa dell’accordo nucleare internazionale del 2015 (Jcpoa) con Teheran entrano nelle fasi finali.
Washington mostra una linea di alleggerimento di carattere tecnico, mentre nei giorni scorsi erano circolate informazioni a proposito della presenza di un ufficiale americano nella cabina di comando di un’esercitazione in cui gli israeliani simulavano un bombardamento aereo contro gli impianti iraniani.
Le deroghe — waiver secondo la definizione statunitense — avevano permesso alle aziende russe, cinesi ed europee di svolgere un lavoro di non proliferazione per rendere effettivamente più difficile ai siti nucleari iraniani lo sviluppo del nucleare militare. In conseguenza della decisione dell’amministrazione Trump di uscire dal Jcpoa le concessioni erano state abolite.
Il dipartimento di Stato ha inviato al Congresso un rapporto firmato dal segretario di Stato, Antony Blinken, spiegando che il ripristino delle deroghe aiuterà i colloqui a Vienna sul ritorno all’accordo — che sette anni fa era stato faticosamente raggiunto tra l’Iran e un gruppo di paesi chiamato “5+1” (Cina, Francia, Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Germania).
“La rinuncia rispetto a queste attività è progettata per facilitare le discussioni che contribuirebbero a chiudere un’intesa su un ritorno reciproco alla piena attuazione del Jcpoa e porre le basi per il ritorno dell’Iran all’esecuzione dei suoi impegni”, secondo una copia del report visto dalla Reuters.
“È anche progettato per servire gli interessi di non proliferazione e sicurezza nucleare degli Stati Uniti e per limitare le attività nucleari dell’Iran. Viene emesso come una questione di discrezione politica con questi obiettivi in mente, e non in base a un impegno o come parte di un quid pro quo“, si aggiunge nel documento. In termini diplomatici un quid pro quo è un favore concesso nell’ambito di trattative per ottenere in cambio altre concessioni.
Le attività, secondo quanto spiegato da Blinken, includono la riprogettazione del reattore iraniano ad acqua pesante Arak, la preparazione e la modifica dell’impianto di Fordow per la produzione di isotopi stabili, operazioni, formazione e servizi relativi alla centrale nucleare di Bushehr, e svariate altre cose a cui potrebbero prendere parte aziende esterne derogate dal rischio di finire sotto sanzioni secondarie statunitensi.
Siamo all’ottavo round di colloqui creati — col sistema indiretto gestito dall’Unione europea — per ripristinare il patto che ha eliminato le sanzioni contro Teheran in cambio di restrizioni sul programma nucleare. Non c’è stato alcun annuncio formale su quando il nono round inizierà, ma si pensa che potrebbe essere già la prossima settimana dopo che gli ultimi colloqui vengono descritti come i più intensi finora. Da tempo sui media è filtrata un’informazione: entro febbraio Washington avrebbe chiuso la pratica, scegliendo come e cosa fare con l’Iran.
Dopo che Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo nel 2018 e ha reimposto sanzioni durissime, l’Iran ha gradualmente iniziato a violare le restrizioni nucleari del patto. I diplomatici occidentali ora temono che i progressi di Teheran lascino una finestra molto stretta per tornare all’accordo prima che gli iraniani arrivino allo sviluppo dell’arma. Sulla questione pesa anche l’arrivo alla presidenza iraniana del conservatore Ebrahim Raisi, che deve mantenere fede alla promessa di un’agenda politica più dura con l’Occidente.
La scelta della deroga deriva anche da una necessità pratica: consentire discussioni tecniche che sono fondamentali per i colloqui su un ritorno all’accordo, ha spiegato ai media il dipartimento di Stato fornendo un background anonimo della decisone. Precisazione aggiuntiva: ripristinare la deroga non è un segnale che gli Stati Uniti sono sul punto di raggiungere un’intesa per tornare all’accordo.
Per chi segue le evoluzioni del dossier è effettivamente chiaro che gli waiver siano non tanto un gesto di buona volontà o una concessione all’Iran, ma piuttosto passi tecnici. Tuttavia questi step sono necessari per garantire che le discussioni sulla ricomposizione dell’intesa possano andare avanti a Vienna.