Gli americani vorrebbero che l’Arabia Saudita aumentasse le produzioni per abbassare i prezzi del petrolio, schizzati alle stelle per la crisi ai confini dell’Ucraina, ma per ora Riad tiene fede all’accordo Opec+ con Mosca
Il coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente, Brett McGurk, e il consigliere senior del Dipartimento di Stato per la sicurezza energetica, Amos Hochstein, hanno visitato Riad mercoledì 16 febbraio e incontrato le loro controparti saudite con un obiettivo: chiedere agli alleati del Golfo di pompare più petrolio per aiutare a stabilizzare i prezzi che sono saliti durante la crisi Russia-Ucraina.
Hochstein era in Arabia Saudita per partecipare al 12° Forum internazionale sull’energia che si tiene questa settimana nella capitale del regno, durante il quale è stato panelist in un evento. Ma secondo quanto riporta The National, sito emiratino con ottime entrature a Washington (oltre che chiaramente in Medio Oriente) hanno avuto colloqui con alti funzionari sauditi su richiesta della Casa Bianca, nel tentativo di convincere Riad a produrre più petrolio.
Quanto queste richieste verrano esaudite da Riad non è chiaro: i sauditi hanno in mano la possibilità di modificare il mercato, visto le capacità di produzione, ma attualmente i rapporti con Washington sono raffreddati. Dai tempi dell’amministrazione Trump le cose sono cambiate.
Joe Biden è tornato su un piano classico, dove i contatti sono gestiti dagli apparati, rispetto agli anni della precedente presidenza repubblicana che anche in questo aveva rappresentato un’eccezione, instaurando con il regno rapporti personali, famiglia Trump con famiglia Saud.
“Con i Paesi produttori di petrolio stiamo parlando degli aumenti di produzione proposti. Con i Paesi consumatori di petrolio, stiamo parlando di rilasci dalle riserve strategiche”, ha detto la settimana scorsa l’addetta stampa della Casa Bianca spiegando come anche questo tentativo di dialogo sia parte della grande partita apertasi nella costruzione di un rinnovato confronto con la Russia. Qualcosa di simile riguarda i contatti con il Qatar per le forniture di gas (liquefatto) a un’Europa che si è dimostrata molto (troppo?) dipendente dalle forniture russe.
Biden ha chiamato re Salman il 9 febbraio e ha discusso dei prezzi del petrolio. I due leader hanno ribadito un comune “impegno a garantire la stabilità delle forniture energetiche globali”, ha detto la Casa Bianca. Lo stallo tra la Russia e l’Ucraina ha mandato i prezzi del petrolio al massimo in più di sette anni questa settimana, toccando i 100 dollari al barile. L’Arabia Saudita ha finora resistito alle richieste degli Stati Uniti di aumentare la produzione e sta mantenendo i suoi impegni con l’Opec+, l’organizzazione di produttori di petrolio che include la Russia.
“Non fingerò che [un’ancora potenziale invasione russa dell’Ucraina] sarà indolore”, ha detto Biden: “Ci stiamo preparando a schierare tutti gli strumenti e l’autorità a nostra disposizione per fornire sollievo alle pompa di benzina”, ha aggiunto manifestando come l’interesse del presidente — e di tutti i suoi predecessori — sia sempre quello di tenere il prezzo alla pompa basso, perché è quello di cui i cittadini americani risentono più direttamente. Il prezzo medio di un gallone di benzina negli Stati Uniti ha raggiunto 3,51 dollari mercoledì, ha riferito l’American Automobile Association, il più alto dal 2014. Washington ha sempre avuto un occhio critico rispetto agli allineamenti raggiunti dall’Opec+.
Riad ha raggiunto un atteggiamento molto realista nei confronti degli Usa: in questa fase delle relazioni i sauditi vorrebbero una rinnovata apertura, che però gli americani potrebbero non essere disponibili a dare, e dunque la richiesta — anche visto che gli Usa hanno raggiunto una quantità di produzione che li rende indipendenti — potrebbe finire inascoltata.