Intervista alla direttrice del Carnegie Europe. Le promesse di Putin in Ucraina sono da verificare, le sue richieste inaccettabili. Voleva abbattere la Nato e l’Ue, le ha rivitalizzate. L’Italia? Fa impressione il mainstream filorusso, può fare la differenza sull’energia
Un errore di tattica e uno di strategia. Comunque vada a finire l’escalation militare russa alle porte dell’Ucraina Vladimir Putin ne uscirà indebolito. Ne è convinta Rosa Balfour, direttrice del Carnegie Europe, che a Formiche.net dice: “Per la Nato è un momento di riscatto”. Anche se nell’Alleanza non mancano divisioni, specie in Italia: “Il dibattito mainstream è filorusso, fa impressione”.
C’è una via d’uscita?
La verità è che siamo nelle mani dei russi. Giungono notizie di una parziale smobilitazione, sono da verificare. È questa l’unica soluzione, dal momento che l’Occidente non ha risposto alle richieste inaccettabili avanzate da Mosca.
In queste ore c’è chi propone di fare dell’Ucraina una nuova Finlandia, cioè un Paese neutrale. È fattibile?
No, non può funzionare. Le richieste contenute nella ormai celebre lettera del governo russo non sono negoziabili. La Nato non può accettare che una potenza straniera detti condizioni su come rapportarsi con altri Paesi sovrani, non ci sono margini.
Neanche uno spiraglio?
Di altre proposte si può discutere. Come rendere più trasparenti le manovre militari da entrambe le parti o ridisegnare il dispiegamento dei missili in Est Europa. Macron sembra aver aperto addirittura a una ridefinizione dell’architettura della sicurezza dell’Est Europa e ha riconosciuto alcune preoccupazioni russe. Lo spazio per il dialogo c’è. Come impostarlo è un altro conto.
Da dove si parte?
Come ho detto, dalla smobilitazione delle forze armate russe. L’Ucraina è circondata da tutti i lati, dal Mar Nero alla Bielorussia. Il primo gesto deve venire da Mosca: dimostri con i fatti di non voler invadere. L’Occidente ha presentato un fronte tutto sommato compatto. Se davvero la Russia facesse un passo indietro senza ottenere grandi concessioni sarebbe una vittoria della diplomazia. Sul lungo termine la questione cambia.
Perché?
L’Ucraina continuerà ad essere minacciata dalla Russia, non solo militarmente. Gli scritti di Putin degli ultimi anni sono il sintomo di una grande operazione di revisionismo storico. Vuole mettere in discussione tutto ciò che è successo all’indomani della dissoluzione dell’Urss.
La Nato si sta mostrando più resistente del previsto?
Sì. Non è chiaro se Putin abbia sovrastimato le divisioni dell’Occidente o abbia semplicemente commesso un errore tattico. Dopo quattro anni di Trump, il ritiro dall’Afghanistan, l’accordo Aukus nell’Indo-Pacifico e le divisioni europee credeva di trovare l’Alleanza in grande difficoltà.
E invece?
Invece scopriamo una Nato che sembra aver ritrovato un senso di identità e strategia. Non dimentichiamo che a giugno si riuniranno i leader dell’Alleanza a Madrid per finalizzare il nuovo concetto strategico, un altro passaggio chiave.
Promossa, dunque.
Ha superato la prova. Nonostante durante la riunione del Consiglio Nato-Russia ci siano stati tentativi di coltivare contatti bilaterali per minare l’unità dell’Alleanza, non ci sono state vere défaillance. Per la Nato è un momento di riscatto, per l’Ue è presto per dirlo. Fra sei mesi l’unità potrebbe tornare simbolica.
Anche adesso l’Ue non sembra cantare all’unisono.
È vero, non è chiaro fino in fondo cosa vogliano francesi, tedeschi, italiani. C’è inoltre una diffidenza dei Paesi est-europei e dei Baltici ad affidare all’Ue le trattative. È anche vero che la Commissione ha preparato subito un pacchetto di sanzioni, con un atteggiamento più discreto ma non meno risoluto degli Stati Uniti. In caso di un’invasione la risposta sarebbe pronta.
L’Ue può aiutare l’Ucraina a resistere al pressing russo?
Sì, il pacchetto di aiuti macroeconomici recentemente approvato è fondamentale. Ricordo che dal 2014 il principale sostegno economico a Kiev è arrivato dall’Ue, non dagli Stati Uniti. Su questo fronte l’Europa è unita. Certo, non mancano momenti di divisione, come il dibattito sul Nord Stream II in Germania o l’incontro di Putin con le aziende italiane, ma rimane la determinazione a rispondere sul piano politico.
Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio è in missione a Kiev e a Mosca. Cosa può fare concretamente l’Italia?
Una premessa: i governi italiani, di qualunque colore, rivelano sempre una tendenza europeista e atlantista. C’è la consapevolezza che l’appartenenza all’Ue e alla Nato vale più dei particolarismi. Certo, ci sono aziende italiane che in Russia hanno grande influenza e interessi, soprattutto nel settore energetico.
A proposito di energia, l’Italia può aiutare a trovare un modo per attenuare la crisi del gas?
Me lo auguro. Accanto all’azione diplomatica, è fondamentale la ricerca di altre fonti energetiche. Come l’Ue e gli Stati Uniti anche l’Italia si sta muovendo: la diversificazione energetica può compensare l’impatto delle sanzioni europee alla Russia e nel lungo periodo ridurre la dipendenza italiana dalle fonti di Mosca. Mi permetta però un’ultima considerazione sull’Italia.
Prego.
Sarebbe utile un dibattito meno influenzato dalle posizioni russe. Sappiamo che ci sono partiti filorussi, come la Lega affiliata al partito di Putin Russia Unita. Ma leggere il dibattito italiano fa impressione: c’è un mainstream favorevole alla narrazione di Mosca che mal si concilia con i fatti sul campo. E i fatti raccontano che c’è un’aggressione in corso contro l’Ucraina, la Georgia, la Moldavia, il sostegno a un dittatore in Bielorussia. Bisognerebbe tenerne conto.