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Mattarella e le tre sfide italiane secondo Civiltà Cattolica

La rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro ripercorre i giorni appena trascorsi e la rielezione di Mattarella, evidenziando l’urgenza di tre temi fondamentali del prossimo settennato del Capo dello Stato

La Civiltà Cattolica nel numero in libreria dal prossimo sabato presenta il nuovo settennato di Sergio Mattarella e le tre grandi questioni italiane, partendo da una ricostruzione di quanto è successo nei giorni trascorsi che può essere riassunta in questo passaggio: “La girandola dei nomi è continuata – tra fughe in avanti e go and stop – e ha prodotto astensioni e schede bianche. Purtroppo, si è assistito anche al gioco del talent show, come è stato definito, ossia quello di tirare in ballo nomi impor- tanti delle istituzioni senza la garanzia che fossero condivisi, intestandoseli ed esponendoli in modo inappropriato. E questo fino a che non è arrivato un segnale chiarissimo alla sesta votazione, quando Mattarella ha raggiunto quota 336 voti e la sua candidatura ha ricevuto palese disponibilità di tutte le forze attualmente al governo. Fratelli d’Italia è stata, dunque, l’unica forza politica a non schierarsi ufficialmente per il reincarico. È diventato evidente che il tandem Mattarella-Draghi è riuscito nell’impresa quasi impossibile di mediare tra le forze politiche, da una parte, e garantire credibilità internazionale, dall’altra”.

Le difficoltà nei due schieramenti e nei vari partiti sono ricostruite seguendo la dinamica dei fatti ma anche una loro rappresentazione interessante e puntuale: “I partiti stessi però stanno mutando profondamente: cambia- no i rapporti di forza, e così la solidità dei legami di schieramento. Qualcuno nei giorni delle votazioni ha messo in discussione anche il sistema elettorale che ha giustificato gli schieramenti, ossia il sistema maggioritario, vagheggiando il ritorno al proporzionale per favorire la trasparenza degli atteggiamenti politici. A questo si aggiunga l’evidente crisi della rappresentanza, il clima di emergenza permanente, legato agli effetti epocali della crisi finanziaria e alla lunghezza della pandemia. Più volte, in questi giorni, si è profilata la possibilità di elezioni anticipate, e qualcuno ha addirittura parlato di spappolamento del sistema politico”.

Questo il canovaccio che conduce al passaggio decisivo del lungo editoriale della rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro e le cui bozze vengono vistate prima della pubblicazione dalla Segreteria di Stato del Vaticano. Questo passaggio prende le mosse da quanto detto da Mattarella quando gli è stato comunicato l’esito del voto: «Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle Regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando – sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale – richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati – e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini».

A queste parole La Civiltà Cattolica fa seguire questa lettura: “Idealmente oggi ci sentiamo di connettere queste prime affermazioni del «Mattarella bis» al Messaggio augurale per il nuovo anno che ha concluso il suo primo settennato. Le sue parole, rivolte a tutti gli italiani, descrivono un sogno di speranza per il futuro del Paese, sebbene il tempo che stiamo attraversando sia pieno di incertezze. Quindi ora cercheremo di approfondire i nodi critici che il Presidente ha messo in evidenza nel suo discorso, alla luce di tre rapporti di ricerca pubblicati nel dicembre del 2021. «L’Italia dispone delle risorse necessarie per affrontare le sfide dei tempi nuovi», ha rassicurato il Presidente, che innanzitutto ha indicato la capacità dei cittadini di saper trovare l’unità e la coesione: «Ho percepito accanto a me l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi». Il cammino sarà lungo, «ma le condizioni economiche del Paese hanno visto un recupero oltre le aspettative. […] Un recupero che è stato accompagnato da una ripresa della vita sociale». La speranza va coltivata dentro la realtà, senza nascondere le difficoltà, perché possano essere affrontate e superate. Viviamo un periodo di profonda inquietudine. Stiamo affrontando, ormai da due anni, una pandemia e ancora non riusciamo a definire una «nuova normalità». Nelle parole del Presidente non è presente un ingenuo ottimismo: è evidente la consapevolezza degli ostacoli”.

Ed eccoci ai tre nodi fondamentali che vengono affrontati nel dettaglio nel prosieguo del testo. Si tratta dell’inverno demografico, o denatalità, ormai in costante crescita, del divario nord-sud e del modello di adattamento sociale che non funziona più, non basta più. Sulla denatalità le cifre sono impietose e chiarissime: “In una relazione alla quattordicesima Conferenza nazionale di statistica del 1° dicembre 2021, il demografo Alessandro Rosina ha affermato che la popolazione italiana non ha più la forza di crescere, e tutte le previsioni dipingono per il 2050 scenari nei quali è presente un calo nella popolazione attiva tra i 3,3 milioni (nella migliore delle ipotesi) e i 9,4 milioni: quest’ultima prospettiva, quella più probabile a oggi, sarebbe incompatibile con una possibilità di sviluppo economico e con la sostenibilità di qualsiasi welfare pubblico. Per mitigare l’impatto sarebbe necessaria una politica di lunga durata, che investa sulle famiglie e che metta al centro i giovani. Ci sono motivazioni strutturali per la posticipazione della scelta di di- ventare genitori: periodo lungo per l’inserimento lavorativo, scarsa attenzione alle politiche familiari e al sostegno alla natalità, sfiducia nella conciliazione tra tempi di famiglia e lavoro. Ma a queste cause di contesto sociale si sommano scelte di vita dei ventenni italiani che guardano a nuovi stili e nuove progettualità, tra le quali trova un posto assai defilato l’aspirazione-obiettivo di diventare genitori. Per invertire la rotta occorrerà immaginare politiche di ampio raggio, che non si potranno limitare a sostegni economici, ma dovranno penetrare nel tessuto delle strutture produttive e sociali”.

Quindi si arriva al punto dell’adattamento, che non funziona più. “Le persone non troverebbero ricompense rispetto al loro impegno: l’82,3% degli italiani pensa di meritare di più nel suo lavoro, e il 65,2% nella sua vita; un altro 81% sostiene che per un giovane è molto difficile vedere riconosciuti tempo, energia e risorse investite nello studio. Non stupisce allora l’ampia parte della popolazione che si sente scoraggiata: il 51,2% dichiara che l’Italia non sarà in grado di tornare ai livelli di crescita precedenti, e oltre il 66% sostiene che si viveva meglio in passato”.

Adattarsi non può essere più la soluzione soprattutto nel crescente divario tra nord e sud. È la terza sfida per La Civiltà Cattolica, che sottolinea la forte diseguaglianza territoriale: “Le risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per i territori del Meridione potrebbero dare un forte stimolo a ridurre le distanze. Sarebbe però importante promuovere gli attori economici che con le loro imprese e le filiere produttive sono presenti sui territori e già protagonisti sul territorio insieme alla società civile, che rimane una delle realtà più vitali. D’altra parte, gli estensori del Rapporto segnalano che dovrebbero emergere una maggio- re fiducia dei cittadini e una maggiore capacità delle amministrazioni, che risultano meno organizzate e meno efficaci nel proporre progetti. Infine, si auspicano azioni di contrasto alle diverse realtà pubbliche o private che sopravvivono grazie a un sistema assistenzialista, perché esse finiscono per consumare la qualità della vita dei cittadini, invece di promuoverla”.

Sergio Mattarella ha indicato tre cure: il dovere, la consapevolezza di non essere soli, l’utilizzo funzionale dei fondi europei. E ha indicato nei giovani il soggetto primo del suo appello alla speranza. La rivista dei gesuiti condividendo questa indicazione conclude così: “L’appello è rivolto ai giovani, affinché non si accontentino e non si arrendano di fronte a una società poco ospitale, ma trovino il coraggio di trasformare la realtà che vivono: «I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani. Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società». Tuttavia, solo nella speranza si può affrontare il domani. Forse è proprio la speranza la qualità che più viene trascurata in questo tempo, perché essa è quella virtù bambina che sorprende: «Ma la speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende./Me stesso. Questo sì che è sorprendente./Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio./Che vedano come vanno le cose oggi e credano che andrà meglio domattina./Questo sì che è sorprendente ed è certo la più grande meraviglia della nostra grazia» (Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù)”.


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