Russia, Cina, Usa ed Ue. Mentre incombe una guerra ai confini d’Europa è bene ripassare quali sono i punti cardinali della politica estera italiana, a partire dal Quirinale. Guida all’agenda Mattarella. Il commento di Giovanni Castellaneta, già ambasciatore a Washington DC
Il presidente della Repubblica può influenzare la politica estera italiana? Certamente il suo ruolo è circoscritto per quanto riguarda l’adozione di iniziative specifiche; tuttavia, può indicare il perimetro – in termini di valori e di linee guida – entro cui l’azione diplomatica del nostro Governo si può muovere. E così ha fatto Sergio Mattarella, indicando nel suo discorso di insediamento i punti cardinali che dovrebbero orientare le relazioni internazionali del nostro Paese.
Niente di radicalmente nuovo rispetto alle tradizionali posizioni italiane, e una sostanziale continuità con i messaggi che Mattarella ha costantemente rinnovato nel corso del suo primo settennato. E che tuttavia sono giunti in un momento particolare e delicato per l’Italia e il mondo intero, alla luce delle tensioni internazionali di queste ultime settimane che stanno sollevando nuovamente venti da “Guerra Fredda”. Vediamo perché.
Innanzitutto, il presidente ha ricordato la vocazione atlantista del nostro Paese. Una posizione chiara – anzi, quasi scontata – che però negli ultimi anni era stata messa in dubbio dal deterioramento delle relazioni con gli Stati Uniti, a causa dell’atteggiamento antagonista adottato dalla presidenza Trump nei confronti dell’Europa e dall’avvicinamento (più nella forma che nella sostanza alla fine) dell’Italia nei confronti della Cina. La rinnovata apertura da parte di Joe Biden ha aperto ad una nuova stagione delle relazioni transatlantiche, con vantaggi in ogni ambito per Roma, dalla geopolitica all’economia (non dimentichiamoci che gli Usa sono un mercato cruciale per il made in Italy).
In secondo luogo, il presidente Mattarella ha espresso la sua personale e forte convinzione verso la migliore efficienza dei sistemi democratici, da preferire sempre e comunque rispetto a quelli autoritari. Sembrerebbe un’altra affermazione ovvia: ma a pensarci bene non è così, in un momento nel quale la crisi russo-ucraina rischia di portare alcuni Paesi europei più vicini all’orbita di Mosca a causa della forte dipendenza dal gas naturale in arrivo dalla Siberia.
Che fare, dunque, alla luce del discorso del presidente? Non è possibile immaginare una totale emancipazione del nostro Paese dai legami economici con la Russia; quantomeno non nel breve-medio periodo, dato che nel corso della transizione energetica non potremo fare a meno dell’energia in arrivo da Mosca.
Inoltre, l’Italia ha fatto di pragmatismo ed equidistanza due valori chiave per orientare la propria politica estera, anche per mantenere una posizione rilevante nel Mediterraneo, dai Balcani occidentali al nord Africa che rimane il nostro spazio geopolitico di riferimento.
Bene ha fatto quindi il Presidente a ricordare queste indicazioni: un chiaro sostegno anche al Governo Draghi, che in questo primo anno di attività si è mosso sullo scenario internazionale proprio su questo solco, consentendo all’Italia di riottenere prestigio ed autorevolezza e che nel prosieguo della legislatura fino alla scadenza naturale del 2023 avrà spazio e tranquillità per difendere la propria agenda sui temi internazionali di primario interesse per la nostra sicurezza nazionale.