Putin vuol far pesare il deterrente nucleare sui colloqui, Kiev può contare sull’aiuto militare dell’Ue. Mentre sul campo l’invasione non avanza, ci si chiede quanto il presidente russo abbia il controllo della situazione
Le truppe russe stanno circondando le città un po’ ovunque in Ucraina (Kharkiv, Khernihiv, Mariupol) ma in tutti i quadranti di operazione non ci sono stati cambiamenti sostanziali nelle ultime 24 ore. Domenica 27 febbraio è stata una giornata di riflessione tattica anche perché è stato organizzato un primo incontro tra delegazione russa e ucraina (si terrà al confine bielorusso) e questo tentativo negoziale, spiega una fonte militare di Kiev, si è portato dietro “una quiete generale” sui vari fronti aperti durata qualche ora dopo l’annuncio — “non terrà, c’è grande scetticismo anche sui colloqui”, e infatti sono in corso vari combattimenti.
C’è un elemento comune nelle diverse zone di operazione: i russi non entrano in forma potente nei centri urbani — possibile non riescano, probabile non vogliano schiacciare l’acceleratore e innescare bagni di sangue. La pausa tattica potrebbe essere stata sfruttata dai russi per riorganizzare i comandi e forse per preparare l’invio di altre truppe.
Attorno a Kiev, dove la linea di combattimento è sostanzialmente ferma, le ormai note foto satellitari della Maxar hanno mostrato un convoglio da 100 mezzi militari russi in avvicinamento. Ci sono camion per carburante, logistica, veicoli blindati (carri armati, veicoli da combattimento di fanteria, artiglieria semovente) e alcune di queste unità sarebbero cecene.
I ceceni hanno un record di crimini di guerra tetro: nei giorni scorsi, spettacolarmente coinvolti dal loro leader Ramzan Kadyrov, i comandanti ceceni si sarebbero lamentati perché i russi non sono riusciti a sfondare. Infastiditi hanno chiesto al Cremlino attacchi a tappeto. Secondo il Times insieme ai combattenti ceceni sarebbero arrivati nell’area di Kiev anche 400 uomini della Wagner con l’incarico di eseguire operazioni mirate (forse anche le esecuzioni della killing list preparata dal Cremlino per eliminare la leadership ucraina).
La mancanza di rifornimento è stata segnalata come uno degli elementi che ha prodotto i rallentamenti russi: non c’era carburante, forse munizioni, di certo cibo per le truppe. L’altro elemento la scelta di non procedere a un attacco massiccio, ma lanciare operazioni puntuali (molte tramite le truppe aviotrasportate) che si sono rivelate una sorta di suicidio. Anche di questa scelta tattica avrebbe parlato Vladimir Putin con il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e con il capo di Stato maggiore delle Forze armate, Valery Gerasimov (su cui sono girare voci di un licenziamento, ma non è chiaro quanto queste siano frutto di infowar per sottolineare gli errori russi sul campo).
Una delle immagini che resteranno di questa guerra è forse quello del generale e del ministro che guardano con occhi scettici il leader durante il vertice di ieri. Il pensiero corre indietro a otto anni fa, quando l’allora cancelliere Angela Merkel parlò con Putin a proposito dell’annessione della Crimea e dello scoppio della guerra nel Donbas e raccontò di un uomo che aveva perso il contatto con la realtà (“Vive in un altro mondo”, disse, certamente diverso a quello percepito altrove, stando alla scelta dell’invasione).
Questo fattore umano/psicologico è stato più volte citato in questi giorni per raccontare lateralmente la mossa di Putin. Il presidente russo è un uomo isolato, perso nella sua narrazione strategica (una nuova Russia di Pietro il Grande, semplificando), vittima del suo personaggio e pronto a tutto per lasciare il suo segno sulla storia del Paese? Oppure Putin gioca con questa costruzione, fingendosi il pazzo col dito sul pulsante nucleare, anche per ottenere di più dai suoi interlocutori? Diversi analisti citati in un approfondimento del New York Times ritengono credibile che l’isolamento prolungato dovuto alla Covid — su cui Putin ha avuto protocolli di sicurezza al limite del paranoico — possa essere un elemento non trascurabile nei cambiamenti di comportamento e decisionali del russo.
Ci si interroga sulla capacità effettiva di controllo del Paese, su quanto il suo inner circle sia in reale contatto e accordo con lui — sembra che l’intelligence non abbia approvato l’invasione e pare che il ministro degli Esteri Sergei Lavrov (un po’ lontani dai radar) non sia stato troppo d’accordo. Ossia ci si chiede quanto si accettino queste decisioni di lucida follia. A maggior ragione adesso che gli effetti economici delle sanzioni inizieranno a essere devastanti, quanto il giro di oligarchi che finora ha accettato per convenienza Putin terrà in trincea col presidente?
L’incontro del comandante supremo russo con le sue massime figure della Difesa è stato uno dei momenti più importanti di domenica (e del conflitto finora), perché da lì è uscita un’informazione drammatica: Putin ha chiesto di mettere in stato di massima allerta le unità che gestiscono il deterrente nucleare. Comando fatto arrivare alla stampa negli stessi minuti in cui il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, faceva sapere di aver accettato — con massimo scetticismo — l’incontro di tregua bielorusso.
La più importante delle operazioni nelle ultime ore è l’attacco lanciato dalla Crimea, che ha raggiunto la città di Mariupol a est e Zaporizhia a nord, nell’entroterra. Se queste truppe russe riusciranno a entrare in quei territori potrebbero accerchiare dalle spalle le unità ucraine posizionate lungo la linea di contatto del Donbas. Se così fosse, le truppe ucraine dovranno ritirarsi e lasciare scoperta una sezione del fianco est che permetterebbe una comoda avanzata russa fino alle aree centrali del Paese.
Sempre a est, ma più a nord, a Kharkiv i russi hanno subito un pesante arretramento: prima dell’annuncio dei negoziati, le Spetsnaz inviate nel tentativo di conquista (di una città da un milione e mezzo di abitanti difesa da un esercito organizzato) sono state respinte con perdite e i video dei mezzi russi annientati hanno rimbalzato sui social network diventando esempio dell’inefficienza dell’attacco.
Attenzione: quelle riportate sono considerazioni basate sui fatti visti finora, tutto è in evoluzione rapida.
Sul territorio bielorusso ci sono movimenti — e non solo quelli diplomatici. Truppe russe potrebbero penetrare i confini nord ovest dell’Ucraina per bloccare le vie di comunicazione occidentali. In particolare la zona di contatto con la Polonia potrebbe infatti essere quella che le nazioni europee useranno per inviare rifornimenti armati a Kiev.
Insieme alle dichiarazioni atomiche di Putin, lo sviluppo principale di domenica infatti non arriva dal campo, ma dalla politica, sebbene nel breve tempo l potrebbe far sentire gli effetti sui combattimenti: l’Unione europea con una decisone senza precedenti ha scelto di inviare armi letali all’Ucraina, tra cui anche aerei da combattimento, per difendersi dall’aggressione russa. Questione che peserà anche ai tavoli negoziali di oggi. Mosca ne è consapevole e ha subito diffuso la notizia di aver stabilito capacità di negazione aerea sull’Ucraina (non è chiaro quanto sia credibile, visto il limitato controllo territoriale).