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Regge l’aeroporto di Kiev, assalto russo dal Mar Nero. Che succede al fronte

“Oggi sarà il giorno più duro”, dicono dal ministero degli Interni ucraino. La capitale è sotto attacco a tenaglia, partito e assistito dalla Bielorussia. L’obiettivo è isolare Kiev a est e ovest del fiume Dnepr, lungo il Kyiv Reservoir, il grande serbatoio d’acqua. I russi hanno conquistato Chernobyl, le forze ucraine hanno fatto saltare i ponti

L’attacco delle truppe aviotrasportate dalla Russia all’aeroporto “Antonov” a Hostomel (o Gostomel), una base una ventina di chilometri a nordest di Kiev, è stato respinto (con diverse perdite) dalla Quarta Brigata di Risposta Rapida e dalla 45esima Guards Spetnaz Detached Brigade dell’esercito ucraino. Questi ultimi, “i Lupi” delle forze speciali airborne, avrebbero tenuto fede al loro motto di battaglia — “Il più forte vince” — e combattuto con valore contro le forze di occupazione di Mosca che volevano prendere lo scalo perché sarebbe stato un punto di appoggio logistico per l’avanzata. Le informazioni che circolano sono corroborate da un lavoro di giornalismo pazzesco condotto da una troupe della CNN che segue gli scontri a pochi metri dai soldati russi.

“Oggi sarà il giorno più duro”, dicono dal ministero degli Interni ucraino. La capitale è sotto il classico attacco a tenaglia, partito e assistito dalla Bielorussia. L’obiettivo è isolare Kiev a est e ovest del fiume Dnepr, lungo il Kyiv Reservoir, il grande serbatoio d’acqua che i locali chiamano “il mare di Kiev” usato per scopi industriali, irrigazione e produzione idroelettrica. I russi hanno conquistato l’Area di Esclusione di Chernobyl (l’area attorno al reattore nucleare di Chernobyl, noto per il triste incidente e situato poco a nord del reservoir, a pochissimi chilometri dal confine bielorusso). Le forze ucraine hanno fatto saltare i ponti sul Teverin e a quanto pare a est del Dnepr l’avanzata della 36esima Armata Interforze russa trova resistenza a Chemihiv, a circa cento chilometri da Kiev.

La 36esima è stata inviata a combattere in Ucraina da Ulan Ude, nella Repubblica dei Buriati, dove la Siberia confina con la Mongolia: vale a dire a oltre seimila chilometri dal conflitto, un’immagine che serve a dare la misura della potenza d’attacco impegnata dalla Russia.

Prima di andare avanti con questa carrellata sui fronti attivi, una riflessione che arriva da Kiev, da una fonte governativa che sceglie di restare anonima perché teme (giustamente) ritorsioni dagli invasori: “È stata una notte infernale, le sirene degli attacchi aerei si alternavano alle esplosioni dei combattimenti, chiusi nei rifugi a cercare di rassicurare i nostri figli. Non so se è chiaro cosa significa che la Russia ha messo sotto assedio una capitale europea. Nel 2022”. Nella notte un Su-27 ucraino è stato colpito dalla contraerea russa (forse un sistema Buk a medio raggio) ed è precipitato su un palazzo alla periferia di Kiev.

A Kharkiv, nel Donbas, le difese ucraine non avrebbero retto all’assalto frontale della Prima Divisione Corazzata della Guardia. I soldati dell’unità d’élite del Cremlino potrebbero già essere in città, ma le informazioni non sono chiarissime da quel quadrante. Anche sulla linea di contatto del Donbas la situazione attualmente non è definita.

I russi — che hanno lanciato circa 160 missili cruise nelle prime ore di azione — avrebbero invece conquistato Kherson, defezione ammessa anche dalla Difesa ucraina. La città si trova a sud-est, circa sessanta chilometri a nord della Crimea, la penisola sul Mar Nero annessa dalla Russia nel 2014 e attualmente una delle piattaforme di lancio per la componente meridionale dell’invasione. Si combatte violentemente invece a Nova Kakhova e Kosatske, città divise dal Dnepr a est di Kherson. Sul lato opposto, geograficamente simmetrica Kherson, c’è Primorsky Pasad, su cui i russi alle 4 di notte hanno aperto una violenta salva di artiglieria.

Dal mare sono arrivati gli assalti anfibi sui porti di Odessa e Mariupol, situati rispettivamente a ovest verso la Moldavia e a est, sulla sacca marittima del Mar d’Azov e a sud del Donbas. Mariupol è stata una città contesa già nello scontro tra separatisti e governativi perché è uno scalo importante e perché garantisce continuità territoriale tra Russia e Crimea. Di questo aspetto va tenuto conto perché Mosca ha come obiettivo anche la creazione di questa giunzione territoriale (anche da rivendere sul piano simbolico della narrazione etnonazionalista) e difficilmente una volta conquistata sarà disposta a restituirla nelle fasi negoziali che seguiranno un cessate il fuoco.

Fase che però sembra ancora distante. Grazie alla valorosa resistenza ucraina, la Russia non ha ottenuto niente di concreto al momento e per questo dovrebbe essere intenzionata a continuare l’attacco anche nella giornata odierna, venerdì 25 febbraio. Attualmente, secondo una valutazione della Difesa inglese, la Russia avrebbe perso 450 uomini contro i 136 ucraini. Numeri difficili da confermare. È probabile che Mosca si fermerà solo una volta che l’inerzia sul terreno si sarà spostata a proprio vantaggio e avrà compiuto quello che racconterà nella narrazione alterata del conflitto come un regime change a Kiev.

Gli ucraini potrebbero anche attirare i russi all’interno e contrattaccare a quel punto trasformando la battaglia sul piano della guerriglia (anche urbana), confronto che l’esercito russo ha già dimostrato di soffrire su fronti come quello siriano. I primi scontri di questo tipo sono in corso a Sumy, una città di oltre 250mila persone verso il confine orientale, in cui i russi non avanzano.

L’obiettivo dei generali di Kiev sarebbe allora quello di far restare impantanati i russi in un conflitto senza vincitori. Dal Pentagono arriva però una lettura diversa: i militari americani ritengono che l’obiettivo russo sia occupare l’Ucraina per arrivare, anche tramite eliminazioni e arresti mirati (le liste degli obiettivi sarebbero già pronte da tempo), a “decapitare” il governo di Kiev per instaurarne uno filorusso.



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