Ecco perché per danneggiare un Paese o una zona geopolitica ben precisa basta bloccare alcuni snodi commerciali. In tal caso la talassocrazia avrebbe più possibilità da una tellurocrazia che prescindesse da alleanze lungimiranti in vista di probabili crisi di scenario
Le fortezze petrolifere strategiche del trasporto marittimo sono una parte importante della sicurezza energetica e geopolitica globale: esaminiamole da vicino.
1. Lo Stretto di Hormuz si trova tra l’Oman e l’Iran, collegando il Golfo Persico, il Golfo di Oman e il Mar Arabico (larghezza 30 chilometri, profondità media 80 metri). È una delle vie più importanti al mondo. Nel 2020, ha avuto un volume di scambi di petrolio di 18 milioni di barili al giorno, pari a quasi il 50% del volume totale degli scambi di petrolio via mare per quell’anno. Secondo i dati di BP Energy, nel 2016 il Qatar ha esportato 3,7 trilioni di piedi cubi di gas naturale liquefatto attraverso lo stretto, rappresentando oltre il 30% del commercio mondiale di tale prodotto.
2. Situato tra l’Indonesia, la Malesia e Singapore, lo Stretto di Malacca è un’importante via di trasporto che collega l’Oceano Indiano, il Mar Cinese Meridionale e l’Oceano Pacifico. Lo stretto è lungo circa 930 chilometri, ha larghezza minima di 38 chilometri e profondità media di 25 metri. Il numero di petroliere che entrano nel Mar Cinese Meridionale (da Singapore alla vicina Taiwan) attraverso lo Stretto di Malacca è tre volte quello del Canale di Suez e cinque volte quello del Canale di Panamà, ed è l’ancora di salvezza marittima dei Paesi asiatici. Lo Stretto di Malacca è la rotta più breve che collega il Medio Oriente e i mercati asiatici tra cui Cina, Giappone, Corea e tutto il Pacifico. Le spedizioni di petrolio attraverso lo stretto sono salite a 16 milioni di barili al giorno nel 2016, rispetto ai 14,5 nel 2011, con il petrolio greggio che rappresentava dall’85 al 90%, rendendolo il secondo bastione più trafficato del mondo.
3. Lo Stretto di Singapore segue a Sud-Est lo Stretto di Malacca: esso è lungo 114 chilometri e 16 di larghezza minima, profondità media 22 metri. Forma un collo di bottiglia naturale nel trasporto e conduce a una maggiore possibilità di collisione navale o fuoriuscita di petrolio. È anche diventato una delle ultime aree attive per i pirati. Se lo Stretto di Malacca si dovesse chiudere, quasi la metà delle navi mondiali dovrebbe aggirare l’Indonesia, il che influenzerebbe la capacità di trasporto globale, aumentando i costi di trasporto e facendo pressioni al rialzo sui prezzi globali dell’energia. Il volume del trasporto di greggio nello Stretto di Malacca rappresenta circa il 15% del consumo globale.
4. Il Canale di Suez si trova in Egitto e collega il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo: è una rotta strategica per petrolio e gas naturale dal Golfo Persico ai mercati europei e nordamericani. È il confine tra l’Asia e l’Africa, nonché il passaggio d’acqua più diretto tra l’Asia e l’Africa e l’Europa. La lunghezza totale del canale è di 193,3 chilometri, larghezza dei canali paralleli 205-225 metri, profondità media 22 metri. La stazza massima di passaggio è di 210.000 tonnellate. Dei 39,2 milioni di barili al giorno di petrolio greggio importati con metodi marittimi nel 2020, 1,74 sono passati attraverso il Canale di Suez, secondo la società Kpler-Leading Commodity Data & Analytics Solutions. A causa dei limiti di profondità, il Canale di Suez non può essere attraversato da superpetroliere e megapetroliere, e quando l’Autorità del Canale di Suez ha esteso la profondità del canale a 66 piedi nel 2010, sono state create le Suezmax (quelle navi le cui dimensioni permettono il loro passaggio nel canale di Suez). Nel 2019 ha festeggiato i suoi 150 anni di attività. La maggior parte del petrolio che passa attraverso il Canale di Suez va a Nord verso i mercati europei e nordamericani, e a Sud verso quelli asiatici. Le esportazioni di petrolio dai Paesi del Golfo Persico rappresentano l’84% del flusso verso nord. Le esportazioni di petrolio della Russia rappresentavano il 17% del flusso in direzione Sud, seguito da Turchia, Algeria e Libia che assieme rappresentano il 12% del flusso in direzione sud. I flussi totali attraverso il Canale di Suez sono in costante crescita dal 2009, con aumenti nel 2015 e nel 2016 che riflettono l’incremento della produzione e delle esportazioni dell’Opec. L’oleodotto Sumed (Suez-Mediterranean Transport Pipeline) di 200 miglia – inaugurato nel 1977 e costruito dalle italiane Saipem e Snamprogetti del Gruppo Eni, Montubi e Cimi della Finsider – trasporta petrolio greggio dal Mar Rosso al Mediterraneo, con una capacità totale dell’oleodotto di 2,34 milioni di barili al giorno. Se le navi non possono navigare nel Canale di Suez, l’oleodotto Sumed è l’unica rotta alternativa che può trasportare l’oro nero dal Mar Rosso al Mediterraneo. Se l’oleodotto Sumed chiudesse, le petroliere dovrebbero essere dirottate al Capo di Buona Speranza all’estremità meridionale dell’Africa, aggiungendo circa migliaia di miglia alle spedizioni dall’Arabia Saudita in Europa e fin agli Stati Uniti d’America.
5. Lo stretto chiamato Bāb al-Mandab – in arabo “Porta della Trenodia” – è una fortezza marittima tra il Corno d’Africa e il Medio Oriente e un collegamento strategico tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Situato tra Yemen, Gibuti ed Eritrea, lo stretto collega il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Mar Arabico. Lo stretto è largo circa 26-32 chilometri e una profondità massima di 310 metri, con alcune isole vulcaniche sparse tra di loro. L’isola di Perim divide lo stretto in due canali di cui il più piccolo, sul versante asiatico – la Porta di Alessandro – è largo circa 3,2 chilometri e profondo 30 metri. Il canale maggiore, Dakt al-Mayun, è sul versante africano, con una larghezza di circa 28,8 chilometri e una profondità d’acqua di 323 metri: è scomodo da navigare a causa delle numerose scogliere e rapide. Come abbiamo visto la maggior parte delle esportazioni di petrolio dal Golfo Persico passa dal Canale di Suez e dall’oleodotto Sumed attraverso lo stretto di Bāb al-Mandab. Nel 2018, circa 6,2 milioni di barili al giorno di petrolio greggio e prodotti consimili raffinati hanno varcano lo Stretto di Bāb al-Mandab verso Europa, Stati Uniti d’America dai 5,1 milioni di barili al giorno del 2014. Nel luglio 2018, due superpetroliere saudite sono state attaccate dai ribelli sciiti Houthi (Ansar Allah) dello Yemen, sospendendo così le spedizioni di petrolio nel Mar Rosso e sollevando preoccupazioni del mercato sulla sicurezza del trasporto nello Stretto di Bāb al-Mandab. Questo valico di comunicazioni è diventato un’importante rotta di traffico marittimo generico anche tra gli oceani Pacifico, Indiano e Atlantico. Alcuni lo definiscono il cuore strategico del mondo, in quanto è una via marittima trafficata: l’area è anche un ritrovo per i pirati somali. La chiusura dello stretto consentirebbe alle petroliere del Golfo Persico di raggiungere il Canale di Suez o l’oleodotto Sumed e quindi deviare a sud verso l’estremità meridionale dell’Africa, il che aumenterebbe notevolmente i tempi e i costi di trasporto.
6. Gli stretti turchi, che comprendo il Bosforo e i Dardanelli, separano l’Asia dall’Europa. Il Bosforo (dal greco: “Guado della Giovenca”) è un corso d’acqua lungo 31 chilometri, larghezza minima 700 metri e profondo al massimo 121 metri: esso collega il Mar Nero al Mar di Marmara. I Dardanelli (l’antico Ellesponto, in turco: “Canale di Çanakkale”) sono un corso d’acqua lungo 61 chilometri, larghezza minima 1,2, profondità media 60 metri: esso che collega il Mar di Marmara con l’Egeo e il Mediterraneo. Entrambi i corsi d’acqua riforniscono l’Europa occidentale e meridionale di petrolio dalla Russia e altri Paesi eurasiatici, tra cui Azerbaigian e Kazakistan. Si stima che circa 2,4 milioni di barili al giorno di petrolio greggio e prodotti petroliferi abbiano solcato gli stretti turchi nel 2016, più dell’80% dei quali era petrolio greggio. Le spedizioni di petrolio attraverso gli stretti turchi sono diminuite dai 2,9 milioni di barili al giorno nel 2011. Il traffico nei due stretti è in costante calo negli ultimi 10 anni. È probabile che aumenteranno in futuro con l’incremento della produzione di greggio del Kazakistan, in quanto il Paese esporta più greggio attraverso il Mar Nero. Gli stretti turchi sono fra i corsi d’acqua più difficili al mondo, con circa 48.000 navi che lo passano ogni anno, rendendo questa zona una delle fortezze marittime più trafficate del mondo. E infatti la congestione del traffico sta causando problemi alle petroliere.
7. Il Canale di Panamà è un fondamentale percorso obbligato che collega l’Oceano Pacifico, il Mar dei Caraibi e l’Oceano Atlantico. Il canale è lungo 82 chilometri, largo 90/150-240/300 metri, profondo al massimo 12 metri. Le predette navi da carico Panamax possono di solito trasportare 65-80.000 tonnellate, ma a causa del limite di pescaggio del canale, la sua capacità massima di carico è limitata a circa 52.500 tonnellate e il resto del carico è trasbordato. Nel 2021, oltre 12.525 navi hanno attraversato il Canale di Panamà, con 287.486.205 di tonnellate di carico. Rotte marittime alternative al Canale di Panamà includono lo Stretto di Magellano, Capo Horn e lo Stretto di Drake all’estremità meridionale dell’America Meridionali, ma tali scelte aumenterebbero notevolmente i tempi e i costi di transito. Sebbene i prodotti petroliferi hanno rappresentato nel 2021 il 30,1% delle principali merci che scorrevano dal Canale di Panamà, esso non è una rotta importante per tali spedizioni. Il petrolio e prodotti raffinati in direzione Nord (dal Pacifico all’Atlantico) su questa rotta rappresentano solo il 6,9% di tutte le spedizioni di merci; mentre l’anno scorso il 42,7 del petrolio raffinato e non, è stato spedito a sud dall’Atlantico al Pacifico.
8. Lo Stretto di Danimarca è il canale che collega il Mar Baltico e il Mare del Nord: si estende per 480 chilometri di lunghezza e 290 chilometri di larghezza nel punto più stretto. È una rotta importante per le esportazioni petrolifere russe verso l’Europa. Nel 2016, circa 3,2 milioni di barili di prodotti petroliferi scorrevano ogni giorno attraverso lo Stretto di Danimarca. Dopo aver aperto il porto di Primorsk nel 2005, la Russia ha spostato la maggior parte delle sue esportazioni di petrolio nei porti baltici. Le esportazioni di petrolio di Primorsk attraverso lo Stretto di Danimarca hanno rappresentato quasi la metà delle esportazioni totali nel 2011, ma sono scese al 32% nel 2016. Piccole quantità di petrolio (meno di 50.000 barili al giorno) dalla Norvegia e dal Regno Unito fluiscono anche verso est attraverso lo stretto verso i mercati scandinavi.
9. Il Capo di Buona Speranza si trova all’estremità meridionale della Rep. Sudafricana ed è un importante punto di transito per il trasporto globale di navi cisterna. Le spedizioni di greggio intorno al Capo di Buona Speranza rappresentano circa il 9% di tutto il petrolio commerciato via mare. L’US Energy Information Administration ha stimato che nel 2016 il petrolio che doppiava il Capo di Buona Speranza fosse di circa 5,8 milioni di barili al giorno, che rappresenta quasi il 9% del commercio marittimo globale. Il Capo di Buona Speranza è un’altra rotta alternativa per le navi che navigano verso ovest per aggirare il Golfo di Aden, Bāb al-Mandab e il Canale di Suez, però con aggiunta di costi e tempi di transito.
Come si evince dalla predetta analisi, per danneggiare un Paese o una zona geopolitica ben precisa basta bloccare una di queste fortezze. In tal caso la talassocrazia avrebbe più possibilità da una tellurocrazia che prescindesse da alleanze lungimiranti in vista di probabili crisi di scenario.
(Nella foto, un’immagine satellitare dello Stretto di Hormuz)