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Chip strategici. La taiwanese Tsmc aderisce alle sanzioni contro la Russia

La multinazionale “rispetterà pienamente i nuovi controlli sulle esportazioni” previsti dal governo di Taipei dopo l’invasione dell’Ucraina. Ecco i punti interrogativi delle restrizioni occidentali all’approvvigionamento di Mosca

La multinazionale Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc) “rispetterà pienamente i nuovi controlli sulle esportazioni” previsti dal governo, che ha annunciato sanzioni contro la Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina. È quanto si legge in una nota della società che precisa: “il gruppo ha adottato un rigoroso sistema di controllo dell’export per garantire che le restrizioni vengano rispettate”.

Al fine di costringere Mosca a fermare la sua aggressione militare contro Kiev e a riavviare il dialogo pacifico tra tutte le parti interessate il prima possibile, il governo di Taiwan si unirà alle sanzioni economiche internazionali contro la Russia, si legge in una nota del ministero degli Esteri taiwanese. “Quest’azione ha messo a repentaglio la pace e la stabilità regionale e globale. Ha posto, inoltre, la minaccia più seria all’ordine internazionale basato su regole e al sistema di leggi internazionali che garantiscono e tutelano la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi”, recita la nota. Taiwan continuerà a coordinarsi strettamente con gli Stati Uniti e alle altre economie “che la pensano allo stesso modo” (like-minded) per liberare “l’Ucraina dagli orrori della guerra”, aggiunge il ministero.

Ecco cosa scrivevamo ieri spiegando le ripercussioni delle sanzioni sul settore dei semiconduttori.

L’Ue, il Giappone e Taiwan, oltre ad aver espresso una ferma condanna dell’invasione, hanno annunciato di intraprendere iniziative per bloccare le esportazioni di chip e materiali alla Russia. Rimangono però dei punti interrogativi. In primo luogo, i chip sono spesso integrati in altri prodotti, dunque tracciare le forniture rimane complesso: escludere la domanda russa potrebbe aumentare l’incertezza nell’industria. Secondo, adeguarsi alle restrizioni, in un contesto di scarsità del mercato, potrebbe non essere percepito come prioritario dalle aziende. Terzo, staccare il cordone tecnologico con il Cremlino potrebbe avvicinare ulteriormente la Russia alla Cina: due paesi alla ricerca, seppur in misure diverse, di maggiore autonomia nei settori high-tech. Quarto, e forse il più rischioso: prediligere un embargo sui chip tra le ritorsioni da infliggere alla Russia per l’invasione militare potrebbe cambiare il calcolo strategico di Pechino su Taiwan. Mala tempora currunt.

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