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Con Mosca pronti al dialogo, ma i valori non si toccano. Parla l’amb. Talò

Una Nato pronta a parlare con Mosca, ma non disposta a trattare sui principi fondamentali. L’Italia ha guidato l’Alleanza nella cerimonia per il Giorno della Memoria. Dialogo con l’ambasciatore Francesco Maria Talò, rappresentante permanente d’Italia alla Nato, intervistato da Airpress. In gioco i principi fondativi dell’Alleanza

Con la tensione intorno all’Ucraina che non accenna a diminuire, la Nato è pronta a difendersi, ma senza abbandonare la via del dialogo e del confronto. “Non vogliamo tornare alle sfere d’influenza in Europa, ma perseguiamo la via della de-escalation diplomatica”. Parola dell’ambasciatore Francesco Maria Talò, rappresentante permanente d’Italia all’Alleanza Atlantica: “Sono in gioco i valori su cui si fonda l’Alleanza, un’alleanza difensiva che deve il suo successo alla condivisione di principi comuni, e non l’antagonismo contro un avversario”.

La Russia ha avviato le sue esercitazioni militari in Bielorussia, con anche il supporto di Minsk. Nel frattempo, anche nel Mediterraneo e lungo tutto il confine orientale, il Cremlino sta potenziando il proprio dispositivo militare. Qual è la posizione dell’Alleanza di fronte a questa evoluzione della crisi?

È sicuramente un momento difficile, che coinvolge da vicino anche i valori dell’Occidente, dell’Europa e, naturalmente, dell’Italia. La cronaca ci parla di sviluppi molto preoccupanti, con il rafforzamento militare russo lungo tutto il confine e, soprattutto, in Bielorussia, con l’avvio delle esercitazioni militari congiunte. La Nato riceve costantemente gli aggiornamenti militari e politici ed ha subito adottato una posizione che tutela la libertà di scelta sulle proprie relazioni estere di tutti i Paesi e che vuole rassicurare gli alleati del fianco orientale sulla sua determinazione a difendere lo spazio euro-atlantico da possibili escalation. Non vogliamo ritornare all’epoca, negativa, di sfere di influenza contrapposte. Tuttavia, vogliamo anche mantenere aperto il dialogo, che speriamo possa portare a una de-escalation diplomatica nella regione.

Nonostante le ripetute proteste da parte di diversi Paesi e organizzazioni occidentali, a partire dall’Alleanza e dagli Usa, Mosca non sembra intenzionata a intraprendere il percorso della distensione. Si sta riducendo lo spazio di manovra della diplomazia?

La diplomazia si è mossa raggiungendo anche risultati. Ricordiamo l’incontro a gennaio tra la Nato e la Russia, un passaggio molto importante, se non altro perché non accadeva da oltre due anni, dall’estate del 2019. Tra l’altro un risultato per cui l’Italia si è sempre spesa, sottolineando l’importanza di mantenere vivo il dialogo. L’incontro del 12 gennaio è stato molto intenso, lungo, e ha avuto inevitabilmente un carattere soprattutto preliminare per presentare i diversi punti di vista. Non poteva essere risolutivo. Tuttavia, ha dimostrato che tutte le parti coinvolte ne sentivano il bisogno. Speriamo possano esserci altri incontri in questo formato alla Nato così come in altri contesti.

Quali saranno i passaggi, adesso, per lavorare a una de-escalation diplomatica?

Per il futuro, si prospetta ancora molto lavoro da fare. Da parte occidentale, ovviamente, c’è un continuo processo di consultazione tra gli alleati europei e americani. Inoltre, monitoriamo costantemente la situazione sul terreno. Sul piano diplomatico, stiamo anche preparando la ministeriale Nato con i ministri degli Esteri dei Paesi membri da tempo prevista per il 16 e il 17 febbraio. Si parlerà della situazione che più adesso ci preoccupa in Europa, ma anche del futuro della Nato. Ci avviciniamo infatti al vertice di Madrid a fine giugno, quando l’Alleanza, dopo oltre dieci anni, adotterà un nuovo Concetto strategico. Sarà un documento, che come dice il nome, guarda in modo organico a tutte le priorità di medio-lungo termine ed è molto importante. Per questo siamo già intensamente impegnati.

Mentre sale la tensione, sembra mancare la voce dell’Europa. Come commenta l’atteggiamento assunto dal Vecchio continente?

È chiaro che in questo contesto si mantenga sempre costante il colloquio con l’Unione europea. Già ci sono stati tutta una serie di incontri informali e di contatti tra le due organizzazioni, nelle quali, tra l’altro, l’Italia gioca un ruolo molto attivo. Insieme, Nato e Ue, costituiscono l’Occidente politico, la forza che esse possono avere insieme sta nella complementarietà data da valori comuni e 21 Paesi che sono parte di entrambe le organizzazioni e dalle differenze oggettive che esse anno in termini di capacità: l’Unione europea ha strumenti normativi e una profondità sovranazionale della quale l’Alleanza è priva mentre quest’ultima include nazioni che, a partire dagli Stati Uniti, sono cruciali per un indispensabile legame transatlantico.

Per questo sarà anche importante il lavoro che in questo periodo si svolge alla Nato per il Concetto strategico e alla Ue per l’altro importante documento che è la Bussola strategica. Il nostro Paese mantiene una posizione molto importante di collegamento tra la Nato e l’Unione europea, grazie alla posizione mantenuta negli anni di lavorare sulle sinergie tra le due organizzazioni. Anche dal punto di vista dei valori, tra l’altro, l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano, che ci ha visti promotori, anche quest’anno, dell’iniziativa per onorare alla Nato il Giorno della memoria.

Con un potenziale conflitto alle porte dell’Europa, il Giorno della memoria ci ha riportato col pensiero indietro nel tempo. Qual è il valore, oggi, per la Nato della ricorrenza?

Il 27 gennaio è una data che non può non essere osservata con particolare attenzione dalla Nato. L’Alleanza Atlantica è stata fondata sulle ceneri di un conflitto che ha raggiunto, con la tragedia della Shoah, voragini di disumanità mai sperimentate nella storia. Da qui la necessità di ricostruire, specialmente in Europa, un contesto le cui fondamenta sono i valori antitetici a quelli che hanno portato all’olocausto. Valori quali la libertà e il rispetto dell’individuo, il valore del diritto e del dialogo tra gli Stati come base per le relazioni internazionali.

Questi stessi principi sono ciò su cui si basa la Nato, ed è anche la ricetta per il suo successo. La Nato è un’alleanza difensiva. Non nasce “contro” qualcuno, ed è per questo che è sopravvissuta anche quello che per un periodo è stato “l’avversario”. A trent’anni dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, la Nato c’è ancora.

Abbiamo tutti una grande responsabilità collettiva, come Stati e come individui. Io la sento fortemente e ho voluto esprimerla con le iniziative portate avanti al Consolato generale a New York, poi nella nostra Ambasciata in Israele e a Roma nel 2018 in occasione della Presidenza italiana dell’Osce. L’Italia è stata uno dei primi Paesi al mondo a istituire il Giorno della memoria, e anche uno dei principali promotori della sua diffusione in tutto il mondo. Lo facciamo quindi anche alla Nato. Abbiamo sollecitato una cosa semplice, per noi italiani naturale, ma che non alla Nato si faceva, di porre tutte le bandiere dell’Alleanza e dei 30 alleati a mezz’asta durante la ricorrenza.

Quest’anno, inoltre, abbiamo voluto fare un gesto attivo, e insieme a tutti gli ambasciatori riuniti a Bruxelles, abbiamo posto una pietra ciascuno a comporre le parole “We remember”. Un atto che ricorda il gesto che nella religione ebraica si fa sulle tombe dei propri antenati e che rimanda anche alle pietre d’inciampo, ormai diffuse in tutte le città d’Europa. Un modo per ricordare a noi stessi i valori che ci tengono insieme e per impegnarci a costruire un mondo diverso e non solo a fronteggiare le emergenze.



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