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Truppe Nato per sminare la crisi in Ucraina. La sveglia di Politi

Il direttore del Nato Defense College Foundation: “Un Segretario Generale italiano? Sarebbe il garante di un equilibrio tra un pilastro europeo della Nato, che ha ancora molta strada da fare, e un alleato di riferimento che ha per il momento una serie di problemi prioritari”

Un Segretario Generale della Nato italiano per equilibrare le due sponde geopolitiche dell’Atlantico, proprio mentre la crisi in Ucraina è tutt’altro che risolta, dove l’Alleanza dovrebbe inviare delle truppe nei paesi confinanti. Lo dice a Formiche.net Alessandro Politi, direttore del Nato Defense College Foundation, secondo cui un vertice italiano sarebbe il garante di un equilibrio tra un pilastro europeo della Nato che ha ancora molta strada da fare (l’Italia) e un alleato di riferimento che ha per il momento una serie di problemi prioritari (gli Usa).

In Ucraina siamo ad un passo dalla guerra?

I russi stanno facendo un chiaro gioco di intimidazione, innanzitutto sull’Ucraina perché è la parte più debole e poi sui grandi Paesi dell’area euroatlantica. Partiamo da questo grosso spiegamento di truppe, su cui francamente sarei cauto quanto alle cifre. Anche se fossero solo 90mila soldati basterebbero per esercitare la pressione che stanno esercitando. Fino a quando gli americani non inizieranno a dare delle risposte concrete a quello che i russi stanno chiedendo, ovvero un’impostazione politica del problema, non ne usciremo.

Ovvero?

Per Mosca andrebbe anche bene raggiungere gli accordi sui missili, ma alla fine i russi puntano ad una fascia neutra ai loro confini occidentali e su questo sono stati chiarissimi.

Altrettanto chiare sono state le richieste sull’allargamento a est della Nato…

Nessuno vuole la dottrina Bréžnev in pieno 21mo secolo. Però quando gli ucraini dicono che quel passaggio è stato scritto nella loro costituzione, ammettono che la costituzione stessa in quel momento è diventata un qualcosa di non negoziabile. Per cui pur ammettendo che potrebbero dover rinviare di parecchio quel sogno, se da un lato ciò viene accolto dai russi con favore, dall’altro è evidente che si tratta di un altro inizio e non di una fine. Stiamo cioè assistendo a manovre, mezzi ritiri, sparatorie, che altro non sono se non le parti di un gioco di potere geopolitico.

Come uscirne?

Concordo con Lucio Caracciolo nel dire che non possiamo darci le pacche sulle spalle come europei e come atlantici: è pericolosissimo, sia perché siamo nel bel mezzo di una crisi di cui non conosciamo ancora contorni e perimetri, sia perché ci culla in un senso di falsa certezza. La crisi è ancora integra e non è stata risolta. Di contro gli americani non credo che abbiano le idee molto chiare.

A cosa si riferisce?

L’ho già detto pubblicamente in occasione di un webinar dell’Ispi: gli Usa dovrebbero chiarirsi le idee se vogliono continuare a guidare la Nato da soli o con un direttorio europeo. Se sono impegnati in vicende interne, chiaramente complesse, o preoccupati oltremodo dalla Cina, allora sia chiaro che abbiamo bisogno di una direzione coerente. Nessuno pensi di sostituire gli americani nella Nato, cosa assolutamente ridicola, visto che nessuno ha le capacità di farlo. Però si può fare in modo che ci sia qualcosa che dia una certa continuità e senza alcun gioco sottobanco.

Come ad esempio un segretario generale italiano per la Nato?

Sarebbe il garante di un equilibrio tra un pilastro europeo della Nato che ha ancora molta strada da fare (l’Italia) e un alleato di riferimento che ha per il momento una serie di problemi prioritari, a torto o a ragione (gli Usa). In questa situazione non c’è nessuno che abbia la forza di avanzare una proposta concreta: Emmanuel Macron sta facendo quello che può, ma la soluzione non può essere solo Parigi, vista la contingenza in Sahel.

C’è una via di uscita?

In teoria si potrebbe negoziare con i russi senza ritenere a priori che con la controparte non si debba trattare. Ciò non significa automaticamente farsi intimidire. Su questo aspetto la Nato è sempre stata molto coerente alla fine: deterrenza e dialogo, dialogo e deterrenza. Ecco perché è importante che noi schieriamo delle truppe nei paesi confinanti, non importa quante: conterebbe la serietà politica dietro questa mossa. Certo, la Nato non ha nell’Ucraina un paese da articolo 5, cioè un alleato. E i russi sono molto pratici, non si soffermano sui segnali. Ma se dovessero ricevere dei gesti politici atti a capire che gli americani hanno compreso i russi, poi sul come si ci può anche mettere d’accordo. Ma il tutto non è ovvio.

Quali i principali scogli?

La Nato non può accettare la dottrina Bréžnev e non si può rimangiare la porta aperta. Porta aperta non significa che abbiamo invitato formalmente Ucraina e Georgia ad entrare: è una disponibilità ma non ancora una procedura di ingresso. La diplomazia è fatta sulla precisione di parole e gesti.

Un attacco diretto alle politiche russe arriva dal neo leader della Cdu, Friedrich Merz che vede il sistema di potere di Vladimir Putin come una minaccia per “tutta l’Europa orientale”. E osserva che l’Occidente ha un solo modo per mantenere la pace: chiede che l’Ucraina sia più strettamente collegata all’Ue e avverte di una perdita di importanza per la Germania. In sostanza entra a gamba tesa lì dove Olaf Scholz non può arrivare, per via del conflitto di interessi sul Nord Stream 2?

Intanto ha copiato la cancelliera che, all’inizio della sua carriera politica quando era ancora solo leader dell’opposizione, in occasione di una visita dal vicepresidente americano Dick Cheney criticò l’allora cancelliere Schroeder ma lo fece in modo da non sembrare come una coltellata nella schiena al suo governo. Mi sembra che l’eredità della Merkel sia vivace e in continuità. La Germania però non ha un conflitto di interessi sul gasdotto: è un aspetto che va chiarito. Gli Usa ne stanno facendo una questione di principio, ma l’Europa è dal 1983 che si rifornisce di gas russo. Le forniture sono sempre state regolari, al netto di qualche intoppo ucraino. L’aumento dei prezzi non è stato frutto di una bieca manipolazione russa ma della follia tutta “liberomercatista” di seguire i prezzi-spot. Aggiungo che le scorte di gas non sono una faccenda da libero mercato, ma una faccenda di ragion di Stato nel senso più pregnante del termine.

Quindi?

Il Nord Stream 2 è semplicemente il raddoppio del Nord Stream 1 che esiste già e ha tagliato fuori Ucraina e Polonia. Il terminale del Nord Stream 2 è tedesco, ma il gas che arriva diventa europeo ed è per tutti gli europei. Se il cancelliere Scholz non riesce a gestire questo dossier, anche perché il suo governo è forse ancora in rodaggio, Merz assume fisiologicamente quella posizione e magari non vuole lasciare quel ruolo solo a Annalena Baerbock, che dice le sue stesse cose ma in modo più governativo.

@FDepalo

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