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L’Ucraina è il cimitero dei pontieri. Parsi avverte il governo italiano

Intervista al docente della Cattolica: per l’Italia mediare nella crisi è un’illusione, invece che fare la mosca cocchiera si mostri compatta con la Nato. Gas? Confido che Draghi non cederà. Putin uno studente da bocciare, contro l’Ue una sfida identitaria

“I tempi di Pratica di Mare sono finiti da un pezzo. E chi si ostina a fare il pontiere si illude”. Vittorio Emanuele Parsi è professore di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano e non è solito usare i guanti quando legge la politica internazionale. Mentre incombe un’invasione russa in Ucraina, la spola tra Roma e Mosca rischia di rivelarsi velleitaria. “Questa per noi è una partita identitaria”.

Professore, ha senso per l’Italia cercare di mediare con i russi nella crisi?

Ha senso se è un modo di mostrare la solidità della posizione occidentale ed europea, ma in stretta coerenza con quanto fatto da Macron, Scholz, Michel. Non ha senso se frutto dell’illusione tipicamente italiana di fare da pontieri. Non penso sia questo lo scopo di Draghi. Ma vedo che l’idea della mosca cocchiera non dispiace a diversi partiti e giornali.

Cosa si può fare a suo parere?

Si può andare a Mosca a ribadire che l’Italia, un Paese che ha buoni rapporti con la Russia, è fermamente allineata a Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito. Andare a proporsi come mediatori è velleitario. Soprattutto in questo momento.

A cosa si riferisce?

Al vero dato positivo di questa crisi: l’Ue per una volta ha tenuto. Nonostante la Brexit, le sbandate di Polonia e Ungheria, la recessione e il Covid, l’inflazione e il rincaro del gas. Nonostante l’uscita di scena di Angela Merkel. Non era scontato e non ha senso muoversi in solitaria.

Che partita sta giocando la Russia?

La Russia gioca su più tavoli. Parla con gli Stati Uniti cercando un rapporto tra superpotenze, esplora divergenze tra Nato e Ue, esplora divisioni tra Ue e i principali Stati membri, Italia inclusa. Bisogna rispedire al mittente queste esplorazioni.

Come?

Anzitutto dicendo la verità. Le argomentazioni del Cremlino contenute nella lettera di Putin sono una massa di sciocchezze, di una assoluta miseria intellettuale. Se il presidente russo fosse uno studente, sarebbe da bocciare.

Perché?

Putin si è messo in un cul-de-sac. Ha puntato sulle sue uniche due armi, la forza militare e il gas. Ha cercato la sponda cinese gettando benzina sul fuoco con il comunicato congiunto dalle Olimpiadi.

Sta funzionando?

Al contrario. Ha rafforzato la determinazione americana e ora non sa come uscirne. Questo è pericoloso: quando sei in un vicolo cieco diventi claustrofobico, può succedere di tutto. A noi basti ricordare che questa evitabile escalation militare è stata cercata dai russi.

Esiste una via di uscita?

Esisterà quando a Mosca capiranno che la nostra e la loro sicurezza non si decide sulla pelle degli ucraini. Che la divisione del mondo in sfere di influenza e la pressione militare diretta da armamentari ottocenteschi non funzionano.

Torniamo all’Italia. L’ambasciatore russo Razov ha detto che Mosca è disposta ad aumentare le forniture verso Roma. C’è il rischio che la crisi energetica influenzi le trattative italiane?

Non c’è se si evita di svendere la strategia e la dignità del Paese per un piatto di lenticchie. Se cediamo su questo punto, addio a qualsiasi ambizione di rilevanza internazionale. Mi rifiuto assolutamente di credere che Draghi, con la sua esperienza, voglia passare alla storia come l’uomo che ha accettato un compromesso ignobile. Qualche dubbio invece mi viene a pensare alla risolutezza di Lega, FdI, Cinque Stelle, pezzi del Pd e del mondo cattolico.

C’è chi evoca una nuova Pratica di Mare. Anacronistico?

Pratica di Mare è stata inventata da Berlusconi, solo gli italiani ne parlano ancora. La stessa ascesa di Putin al potere a inizio anni 2000 è la certificazione del fallimento della vecchia politica occidentale verso la Russia. La guerra al terrore ha poi trasformato tutti in santi, navigatori ed eroi. Oggi, sgonfiata la retorica, ci viene presentato il conto.

Parsi, cosa resta da fare allora? Mediare non rientra nella famosa autonomia strategica di cui l’Europa parla di continuo?

Autonomia strategica non significa curare ognuno il suo giardino. Significa che quando un interesse riguarda solo l’Europa, è l’Europa che deve occuparsene. La minaccia russa in Ucraina però è diretta tanto all’Europa quanto agli Stati Uniti. Riguarda soprattutto l’Ue, che si fonda sulla supremazia della legge, il rispetto della sovranità, il rifiuto della pressione militare come strumento legittimo. È una partita identitaria: Putin ci vuole metèci, ma noi siamo e restiamo polìtai.


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