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Per invadere l’Ucraina Mosca ha bisogno di Pechino

Il Dragone guarda sornione la situazione in Est Europa. Per il momento la riluttanza a sostenere la Russia rende improbabile un attacco. L’analisi del generale Carlo Jean

Un attore di cui si discute poco, ma che è un “convitato di pietra”, con peso determinante nel balletto diplomatico della crisi ucraina, è la Cina. Beninteso, condivide con la Russia l’opposizione all’egemonia americana. Ma le strategie di Mosca e Pechino sono diverse. La Russia è in declino e teme l’attrazione che esercitano sulla sua opinione pubblica il benessere e la libertà dell’Occidente. Cerca perciò di approfittare di ogni opportunità per recuperare qualcosa di quanto perduto con la sconfitta nella guerra fredda. Pensa di essere stata tradita, in particolare con l’allargamento a Est della Nato. La sua situazione è simile a quella della Germania dopo la prima guerra mondiale. Berlino era persuasa di essere stata tradita a Versailles, dopo essere stata indotta a firmare l’armistizio dalle promesse implicite nei “Quattordici punti” di Woodrow Wilson. Diversi milioni di tedeschi erano stati lasciati fuori dai confini della Germania.

Anche per Vladimir Putin la Russia è stata tradita dalle potenze occidentali con l’allargamento della Nato e con il sostegno ai movimenti di protesta nello spazio ex-sovietico. In particolare, in Ucraina, considerata zona cuscinetto indispensabile per la sicurezza russa, la Rivoluzione arancione del 2004, la proposta di George W. Bush di ammetterla alla Nato fatta nel 2008 al Summit di Bucarest e l’Euromaidan del 2013, che aveva provocato la fuga del presidente ucraino filorusso Viktor Yanukovych, che aveva rifiutato di firmare un accordo con l’Unione europea, avevano non solo preoccupato ma umiliato il presidente russo, provocandone la reazione (sostegno alla secessione di parte del Donbas, annessione della Crimea, pressioni sul governo di Kiev, eccetera).

Putin ha certamente pensato di poter approfittare della relativa debolezza politica degli Stati Uniti, della Nato e dell’Unione europea, per ottenere qualche risultato. Gli è andata male. I suoi quasi ultimatum rivolti agli Stati Uniti e alla Nato hanno consolidato i legami transatlantici. Il minaccioso schieramento di forze ai confini dell’Ucraina ha accelerato il riarmo di quest’ultima da parte dell’Occidente. Soprattutto, nella strategia d’intimidazione o di “compellenza” di Putin è mancato il pieno sostegno della Cina. Putin pensava certamente di poter abbinare alle pressioni sugli Stati Uniti di Mosca per l’Ucraina, quelle cinesi per Taiwan. Si è recato a Pechino per l’apertura dei Giochi olimpici, sicuro di poter incassare il pieno sostegno cinese, ma ha dovuto registrare una delusione.

Nel lungo comunicato congiunto dell’incontro con Xi Jinping non si parla di Ucraina. Si accenna, quasi di sfuggita, che le preoccupazioni della Russia per la sua sicurezza vadano considerate seriamente e che anche la Cina è contraria ad ulteriori allargamenti a Est della Nato, nonché a sanzioni ed embarghi unilaterali. I centri di studi strategici cinesi, certamente su ordine del Partito comunista, continuano a ripetere che la “crisi Ucraina” non ha nulla a che vedere con quella di Taiwan. Non è certo un caso che siano cessate le incursioni aeree cinesi nello spazio d’identificazione aerea di Taiwan.

A differenza della Russia, la Cina è una grande potenza in crescita. È anche persuasa che gli Stati Uniti siano in inevitabile declino. Adotta perciò una cauta strategia d’attesa. Teme di essere coinvolta da qualche spericolata iniziativa russa. Non ama il rischio. Non intende scontrarsi con l’Europa. I Paesi dell’accordo “17+1”, specie quelli dell’Intermarium ponto-baltico sono per lo più antirussi. È soprattutto per questo che Pechino non ha approvato neppure alle Nazioni Unite l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014. Il mancato soddisfacimento delle speranze di Putin non comporta per Xi nessun costo né rischio. Mosca dipende ormai troppo da Pechino, per potersi permettere di “fare la difficile”.

È una situazione che potrebbe essere sfruttata dall’Occidente, anche per trovare con Mosca un accordo anticinese, come aveva proposto Emmanuel Macron nel 2019. Per il momento comunque la riluttanza cinese a sostenere Mosca rende improbabile un attacco all’Ucraina.

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