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Altro che Ucraina! La Cina pensava solo a salvare le Olimpiadi

Secondo quanto ricostruito dal Nyt, Pechino sapeva dei piani di Mosca ma si è limitata a impegnarsi affinché l’invasione non rovinasse i Giochi. È credibile per la mediazione?

Il governo cinese sapeva dei piani della Russia di invadere l’Ucraina. Ma la sua priorità non era scongiurare il conflitto in Europa. Bensì, era evitare che questo scoppiasse nel bel mezzo delle Olimpiadi invernali e rovinasse così la festa a Pechino e al Partito comunista cinese, deciso a sfruttare l’occasione di visibilità internazionale per rispondere al boicottaggio diplomatico deciso da diversi Paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti, per via delle violazioni dei diritti umani.

Difficile credere che il tema non sia stato affrontato dai presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping durante il loro incontrato del 4 febbraio scorso a Pechino, prima della cerimonia di apertura dei Giochi. Anche perché nelle ore successive Mosca e Pechino hanno diffuso un lungo comunicato, di oltre 5.000 parole, dichiarando che la loro relazione “non ha limiti”, denunciando l’allargamento della Nato e promettendo di instituire un nuovo ordine globale con la vera “democrazia” – un concetto, quello della democrazia, che soprattutto l’autocrazia cinese sta cercando di scippare all’Occidente dal Summit per la democrazia organizzato dal presidente statunitense Joe Biden a inizio dicembre, e non senza “aiutanti” dallo stesso Occidente, come raccontato su Formiche.net. Quell’incontro e quella dichiarazione hanno allarmato l’Occidente: per la prima volta la Cina si è esplicitamente schierata con la Russia su questioni riguardanti la Nato e la sicurezza europea.

Secondo quanto ricostruito dal New York Times sulla base di informazione americane ed europee, gli alti funzionari cinesi hanno chiesto agli omologhi russi, proprio all’inizio di febbraio, non invadere l’Ucraina prima della fine dei Giochi di Pechino. Non è chiaro, spiega il giornale americano, se lo scambio sia avvenuto a livello di leader. Pechino, in ogni caso, ha definito queste come “speculazioni senza alcun fondamento”, “destinate a incolpare e diffamare la Cina”, ha dichiarato Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington, al New York Times.

Diamo un’occhiata agli avvenimenti. Il 20 febbraio si è tenuta la cerimonia di chiusura dei Giochi. Il 21 febbraio Putin ha deciso di riconoscere l’indipendenza di due repubbliche separatiste ucraine, Lugansk e Donetsk, ordinando poi al ministero della Difesa di dispiegare forze armate “per assicurare la pace”. Il 24 febbraio l’esercito russo ha iniziato l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Funzionari americani ed europei hanno detto al New York Times che reputano difficile credere che sia una semplice coincidenza.

Quando nell’agosto 2008 la Russia ha invaso la Georgia durante le Olimpiadi estive di Pechino, la reazione cinese fu di profonda irritazione. Ma, come detto, la situazione è cambiata tra le due potenze. Tanto che, guardando all’ambito cyber, a differenza delle passate edizioni dei Giochi, per quelli di Pechino non erano attesi – e non ci sono stati – grandi attacchi informatici da Paesi culle di hacker come Corea del Nord, Iran e soprattutto Russia per via dei loro legami geopolitici con la Cina, come avevano previsto gli esperti della società Recorded Future.

Si aggiunga un altro elemento. Sempre il New York Times ha rivelato la scorsa settimana che per tre mesi i funzionari dell’amministrazione Biden hanno avuto una mezza dozzina di incontri con alti funzionari cinesi presentando informazioni sulle truppe russe ammassate ai confini dell’Ucraina e “supplicando” un intervento per evitare l’invasione. Ogni volta la controparte cinese – inclusi il ministro degli Esteri e l’ambasciatore a Washington – ha respinto gli appelli mostrando scetticismo, ha riportato il giornale statunitense. A dicembre, gli Stati Uniti avevano anche capito che Pechino aveva condiviso le informazioni con la Russia e le ha definite un tentativo statunitense di seminare discordia e che la Cina non avrebbe fermato i piani russi.

Dopo aver parlato con toni ambigui di “sovranità”, cavalcato la narrativa russa secondo cui sarebbe stata la Nato provocare, rifiutato di definire le azioni di Mosca come “invasione”, ora Pechino parla esplicitamente di “guerra” e auspica una soluzione politica. Sembra pronta a svolgere un ruolo di mediazione. Ecco cosa scrivevamo a tal proposito qualche giorno fa.

Proponendosi come mediatrice, la Cina potrebbe uscire dal difficile dilemma diplomatico in cui si trova, viste le ripercussioni che l’invasione russa dell’Ucraina potrebbe avere su Taiwan e sulle spinte che Pechino definisce “secessioniste”. Far incontrare le parti (a Minsk?) e trovare una soluzione alla guerra escludendo l’Occidente sarebbe un grande successo diplomatico per Pechino. Il tema a questo punto diventerebbe ancor più evidente, specie se la Russia decidesse di rifiutare ogni forma di mediazione occidentale: lo scontro tra modelli – democrazia contro autocrazia – che è l’elemento che più avvicina Mosca e Pechino.

Dopo queste rivelazioni, viene da chiedersi: davvero la Cina è la potenza mediatrice più credibile e affidabile per tutte le parti coinvolte nel conflitto in Ucraina?



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