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Tra stagflazione e autonomia energetica. La exit strategy di Franco Bruni

Il docente della Bocconi e vicepresidente dell’Ispi a Formiche.net: non basta il gas dagli Stati Uniti a recidere il cordone ombelicale con Mosca, servono rigassificatori e rinnovabili. La stagflazione è il nemico pubblico n.1, ma Bce e Fed possono batterla. Basta solo giocare d’astuzia

Un’Europa indipendente dalla Russia e dal suo gas è possibile, ma la strada è lunga e piena di curve. Vale la pena comunque tentare. Nel mentre, serve guardia alta contro un nemico subdolo, la stagflazione. Di questo è convinto Franco Bruni, economista, professore emerito di Teoria e politica monetaria internazionale all’Università Bocconi e vicepresidente dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, che a Formiche.net dà la sua lettura della situazione.

Prima questione, lo sganciamento dell’Europa dalla Russia. Nei prossimi mesi, verosimilmente, i Paesi membri cominceranno a comprare gas liquefatto dagli Stati Uniti, da importare a mezzo nave e poi rigassificare in loco. Basterà? “​Ovviamente non può bastare. Dobbiamo diversificare molto le fonti energetiche, non solo per emanciparci dalla Russia ma per ridurre ogni rischio di loro interruzione”, mette subito in chiaro Bruni.

“Nel breve periodo l’aggiustamento sarà provvisorio e potrebbe arrivare ad attivare o riattivare fonti poco ecologiche. Col passare del tempo siamo invece impegnati a convergere verso un modello energetico decisamente orientato alla sostenibilità, dove le fonti rinnovabili dovranno essere protagoniste. Quanto al gas liquefatto, abbiamo anche un problema di carenza di rigassificatori. Dovremo procurarcene presto per poter sfruttare, a medio termine, le possibilità di questa fonte che non proviene solo dagli Usa”. Messaggio chiaro, il gas americano va bene ma solo per qualche anno. Poi bisognerà camminare sulle proprie gambe.

Il rischio di fallire sul campo dell’autonomia energetica è prezzi alti per molti decenni. Ed è facile intravedere il seme della stagflazione, quando cioè il costo della vita e delle materie prime corre più della crescita. Anche qui Bruni ha pochi dubbi. “L’inflazione è un pericolo non solo in Europa. Negli Usa è ancora maggiore. Se gli attriti che ancora ostacolano le produzioni e i commerci dopo la pandemia rimarranno ancora a lungo e/o la guerra in Ucraina continuerà a danneggiare la ripresa del ciclo mondiale, all’inflazione si assocerà la recessione, la disoccupazione. Sarà allora la situazione peggiore: la stagflazione”.

Cosa vuol dire? “Con la stagflazione le politiche macroeconomiche sono costrette a decidere quanto combattere l’inflazione, con provvedimenti restrittivi, finendo per peggiorare la recessione, e quanto combattere la recessione, con misure espansive, finendo per peggiorare l’inflazione. Il problema è ben presente alle autorità monetarie e di bilancio. Sembra che il tentativo sia di fermare l’inflazione giocando sulle aspettative: mostrando cioè banche centrali decise a combatterla normalizzando le politiche monetarie estremamente espansive che hanno voluto mantenere per forse troppi anni, almeno dalla fine della crisi di Lehman del 2008”.

Bruni va oltre: “Sia la Fed che la Banca d’Inghilterra, che la Bce hanno infatti avviato l’eliminazione del Quantitative Easing e cominciato o impostato un piano di rialzo dei tassi di interesse. Si vuole che i mercati credano in una rigorosa stabilizzazione dei prezzi e che le loro aspettative influenzino le decisioni di chi fissa i prezzi e quindi l’effettiva dinamica dell’inflazione. Se questa manovra funzionerà sarà anche possibile, entro certi limiti, combattere i pericoli di ristagno della crescita con politiche di bilancio che, pur non potendo rigonfiare ancor più i già ingenti debiti pubblici, siano di supporto agli investimenti e consentano le spese sociali necessarie nei momenti di difficoltà”.

E se il gioco riesce, allora sarà fatta. “​In questo modo il pericolo della stagflazione verrebbe contenuta e si potrebbe sperare in una vera e durevole ripresa, dopo tanti anni di continui shock e di crisi di origine diversa ma sempre improvvise e costose”, conclude l’esperto.

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