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Ecco come la Cina ha sfondato nei Balcani occidentali. Report Ecfr

Xi volerà a Bruxelles. Sarà paciere o polarizzatore?

Tre direttrici: sfruttare le debolezze, controllare i settori critici, connettere le regioni. Ecco le mosse di Pechino in Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia

L’ascesa della Cina nei Balcani occidentali dell’ultimo decennio si è affermata come uno degli sviluppi geopolitici più significativi avvenuti in Europa. Questo fenomeno rimanda alla spinta di internazionalizzazione di Pechino e rientra nel framework “16 +1” di Xi Jinping, incentrato su una maggiore cooperazione con i Paesi dell’Europa centrale e orientale.

Nel progetto “Mapping China’s rise in the Western Balkans”, Vladimir Shopov, visiting policy fellow presso lo European Council on Foreign Relations, ha raccolto e analizzato dati e informazioni, con particolare focus su Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia.

LE RAGIONI

Tanto la penetrazione quanto l’avanzamento di Pechino nella regione hanno seguito tre linee di azione. Prima: approfittare delle debolezze della regione, come instabilità geopolitica, accesso parziale al mercato europeo, dinamiche di emigrazione dalla regione, investimenti insufficienti, gestione governativa caratterizzata da corruzione, autocrazia e mancanza di trasparenza. Seconda: affermare il controllo cinese su diversi settori critici: energia, infrastrutture, società (cultura, accademia, istruzione, media) e politica (a livello regionale e nazionale). Terza: connettere la regione: sviluppare una rete di partner interessati al fine di aumentare l’influenza cinese.

Questo processo, osserva Shopov, ha colto molti politici di sorpresa; altri, invece, non hanno dato a questa tendenza la dovuta importanza, a causa di una scarsità di informazioni e dati affidabili ed accessibili.

ALBANIA

“La frustrazione per i continui rinvio dei negoziati di adesione all’Unione europea non si è trasformata in una maggiore disponibilità tra la popolazione albanese o la classe politica a esplorare opzioni politiche ed economiche non occidentali”, scrive l’esperto aggiungendo che “Tirana è sensibile ai cambiamenti in corso nelle relazioni Cina-Occidente” e “non vuole minare le buone relazioni con le potenze occidentali”. Tuttavia, quei ritardi “avranno senza dubbio un impatto sulle percezioni e i calcoli albanesi. La Cina ha aumentato la sua presenza diplomatica nel Paese, anche se in gran parte per migliorare la sua capacità nei confronti del Kosovo”.

BOSNIA ED ERZEGOVINA

“La struttura sociale opaca e dominata dall’élite dei ‘pilastri’ della società bosniaca si adattava bene all’approccio preferito di Pechino nella regione, che comporta l’impegno diretto con le élite e chi ha incarichi di rilievo”, si legge nel rapporto. Dunque, “non sorprende che la metà degli anni 2010 abbia visto un’ampia crescita della presenza cinese nel settore energetico”. E non sorprende la presenza di Huawei nel 5G, quella di due Istituti Confucio nel Paese e molti eventi legati alla Via della Seta. “La Bosnia rimane il Paese più problematico dei Balcani occidentali”, scrive l’analista. L’impasse geopolitica che riguarda l’adesione all’Unione europea e alla Nato “continuerà a generare opportunità per gli attori non occidentali di espandere la loro influenza, con le élite politiche e commerciali delle diverse entità costituzionali della Bosnia più che pronte a impegnarsi e a trarne vantaggio”. 

KOSOVO

“A prima vista, l’interesse e la presenza della Cina in Kosovo possono sembrare praticamente inesistenti”, si legge. Infatti, “il Paese non è riconosciuto da Pechino e non ci sono relazioni diplomatiche ufficiali” per via dell’importanza della Serbia per la Cina. “Tuttavia, un esame più attento rivela un quadro più sfumato”, scrive l’analista sottolineando il ruolo economico e commerciale della Cina, che “aborrisce le situazioni in cui è irrilevante e non ha nemmeno una presenza simbolica”. In ogni caso, “il Kosovo non sembra avere molte caratteristiche che la Cina di solito apprezza nei partner, vale a dire la rilevanza strategica per le rotte terrestri e marittime. Ha anche tradizionalmente cercato di mantenere le distanze da complessi contesti storici e politici, che sono abbondanti nei Balcani occidentali”.

MACEDONIA DEL NORD

“La sua breve e fallimentare politica di riconoscimento di Taiwan alla fine degli anni Novanta non solo ha portato alla furia di Pechino, ma ha evidenziato le difficoltà di ancorare un Paese in un’epoca di instabilità e opportunità mancate”, recita il documento. L’interesse di Russia e Turchia sembrava fornire alcune soluzioni compensative per l’economia ma “la rinascita geopolitica della Cina con la Via della Seta una decina di anni fa ha generato eccitazione politica e finalmente sembrava mettere Skopje in una posizione in cui poteva far leva sulla sua posizione”. Sembrava tutto in discesa. Ma “un cambio di governo nel 2017 e l’emergere di scandali di corruzione legati alla Cina hanno alterato il contesto politico in modo piuttosto drammatico” spingendo il governo a concentrare “la sua attenzione sul rafforzamento delle relazioni con l’Unione europea e gli Stati Uniti. Anche l’adesione della Macedonia del Nord alla Nato nel 2020 ha trasformato il contesto politico”. Tuttavia, “Skopje potrebbe anche essere tra i vincitori della decisione della Cina di rifocalizzare il suo formato di impegno 16+1 sui Balcani occidentali”. Ciò significa, conclude l’analista, che “la Macedonia del Nord è pronta ad attirare una maggiore attenzione commerciale da parte della Cina”.

MONTENEGRO

“Il più grande progetto infrastrutturale legato alla Cina in Montenegro è il costoso primo tratto dell’autostrada Bar-Boljare. Ma ce ne sono molti altri”, si legge. Infatti, le imprese cinesi stanno partecipando al miglioramento della rete ferroviaria del Paese e sono anche coinvolte nel settore energetico. A ciò si somma un atteggiamento generalmente positivo dei media nei confronti di Pechino. Ma “operare in un contesto di crescente pubblicità, intenso scrutinio e crescente malcontento è destinato a essere un ulteriore test” per la Cina. “Nel frattempo, l’Occidente dovrà dimostrare che la sua attenzione politica è più lunga di una crisi del debito pendente”.

SERBIA

Come detto, la Serbia è cruciale per la Cina nei Balcani. “È matrimonio conveniente per il desiderio di Belgrado di sfruttare la sua posizione e la sua politica estera multivettoriale e per la spinta di Pechino nella periferia europea come parte di una politica di espansione globale più ampia”, scrive l’esperto. Eppure, avverte, “il malcontento sociale nei confronti di alcuni progetti cinesi sta aumentando, poiché Pechino ha cercato di eludere i requisiti ambientali, lavorativi e sanitari”. L’Unione europea e gli Stati Uniti stanno lentamente aumentando il loro impegno nei Balcani occidentali, mentre la Cina sembra aver investito troppo capitale diplomatico e non soltanto per rischiare di minare le sue posizioni nel suo partner chiave nella regione. Molto dipenderà allora dalla leadership politica: “I serbi stanno per mettere in discussione i termini del coinvolgimento di Pechino nel loro Paese? O il presidente Alexander Vucic sarà in grado di trasformare la sua politica ‘multivettoriale’ in un modello di sviluppo, capace di aumentare la prosperità economica del suo Paese?”, conclude l’esperto.

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