Pensare che la Cina si stagli sulla strada tra Mosca e Kiev è sempre stato wishful thinking. Spegnere il telefono rosso con Pechino è un errore ancora più grande. Come evitare che il male si trasformi in peggio. L’analisi dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta
Durante la Guerra Fredda un “telefono rosso” tra Stati Uniti e Unione Sovietica era stato istituito per consentire un coordinamento continuo tra le due superpotenze, evitando pericolose derive che avrebbero potuto rendere l’opzione nucleare ben più che un semplice strumento di deterrenza.
Oggi, con la guerra in Ucraina ancora lontana dal trovare una soluzione e una Russia sempre più isolata a livello internazionale, un meccanismo simile potrebbe essere ripristinato, ma con una “linea diretta” tra Washington e Pechino? La telefonata di venerdì 18 tra Joe Biden e Xi Jinping sembra essere stato un segnale positivo in questa direzione.
In queste ultime settimane si è discusso molto di un possibile appoggio della Cina alla Russia: una circostanza che, se si dovesse verificare, creerebbe una frattura di gravità inaudita con l’Occidente che avrebbe conseguenze di ogni tipo, dal livello diplomatico a quello economico.
Ma siamo sicuri che Xi voglia assumersi la responsabilità di un simile “strappo”? Per cercare di rispondere a questa domanda, bisogna considerare che le decisioni cinesi hanno tradizionalmente tempi lunghi e si inseriscono in strategie di lungo periodo che prescindono dall’immediata attualità.
Pechino si considera ormai prima potenza mondiale (quantomeno a livello economico) e ha bisogno dei mercati globalizzati per consolidare e rafforzare questa posizione, a maggior ragione a fronte dell’attesa riduzione della crescita economica che quest’anno – per stessa ammissione del Governo – sarà la più bassa in oltre trent’anni.
Inoltre, a novembre ci sarà il XX Congresso del Partito Comunista Cinese, appuntamento che tradizionalmente serve a ridefinire la rotta del gigante asiatico nel medio periodo: per questi motivi, è dunque evidente che la Cina non ha interesse a creare ulteriori turbolenze internazionali che cambino troppo la situazione.
L’atteggiamento di prudenza di Pechino si spiega anche con il fatto che la Cina ritiene questo conflitto circoscritto all’Europa, e per questo non ha intenzione di essere (troppo) coinvolta. Anche perché la compatta reazione di Unione Europea e Stati Uniti all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia potrebbe essere uno “spoiler” di quello che potrebbe accadere se la Cina tentasse di occupare Taiwan.
D’altro canto, la Cina si trova invece in una posizione opposta a quella di Mosca: se le azioni di quest’ultima sono volte – almeno ufficialmente – a riunire sotto lo stesso “tetto” le popolazioni di lingua russofona (pensiamo non solo a Crimea e Donbass, ma anche a Transnistria, Abkhazia, Ossezia), Pechino ha il problema opposto, dovendo far fronte alle rivendicazioni delle minoranze etnico-linguistiche al suo interno. Xi deve dunque perseguire un sottile equilibrio diplomatico che lo porti a mantenere una sostanziale equidistanza tra l’Occidente e la Russia.
Alla luce di queste considerazioni, cosa si devono attendere Europa e Stati Uniti? L’Occidente, almeno in questa fase, non deve temere cambi di orientamento repentini da parte della Cina: dunque, con riferimento alla Russia, è molto difficile che Pechino metta in pratica in toto quella dichiarazione di “amicizia senza limiti” che è stata riaffermata proprio prima dei Giochi Olimpici invernali che si sono svolti a febbraio.
In quell’occasione, è probabile che Xi fosse già a conoscenza delle intenzioni di Putin; ma, alla luce di come si sono svolte le cose, sembra lecito supporre che il Presidente cinese pensasse che il suo omologo russo si sarebbe limitato a “prendersi” il Donbass con un intervento lampo di pochi giorni.
In questo momento, è dunque fondamentale che le due superpotenze investano risorse diplomatiche per rafforzare il loro dialogo bilaterale. Usa e Cina hanno estremamente bisogno l’una dell’altra, e inoltre quest’ultima ha anche grande bisogno del mercato europeo.
Allo stesso tempo, Pechino ha anche interesse ad approfondire i propri rapporti con Mosca (con cui avrebbe gioco facile nell’imporre la propria supremazia economico-finanziaria) e dunque l’atteggiamento occidentale deve essere realistico nell’aspettarsi una posizione prudente ed equidistante dalla Cina. È dunque possibile attendersi aiuti economici e tecnologici (magari poco appariscenti) da Xi a Putin, ma certamente non militari.
L’aspetto fondamentale a cui l’Occidente dovrà porre molta attenzione è che il Dragone non guadagni troppo da questa situazione, diventando compratore “a prezzi di saldo” delle materie prime russe. Per questo è importante che il “telefono rosso” resti sempre libero e in funzione.