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Putin fa il gioco delle tre carte. E sul default è giallo

Il Cremlino assicura di aver onorato in dollari 117 milioni di cedole legate ai bond sovrani. Ma il ministro Siluanov precisa che i fondi sono su conti congelati e non accessibili ai governi per girare gli interessi ai creditori. In ballo c’è la sopravvivenza dell’economia russa

La Russia prova ancora una volta a raccontare al mondo la verità, o meglio la sua versione. Ieri doveva essere per il Cremlino, alle prese con un’economia barcollante sotto i colpi delle sanzioni, una specie di D-Day. Ovvero il giorno in cui Mosca avrebbe dovuto versare sui conti degli investitori 117 milioni di dollari in cedole, legate ai bond sovrani emessi e sottoscritti dai creditori.

Ed ecco la domanda: il pagamento è realmente avvenuto? Dalla risposta, quella vera, dipende il futuro delle Russia stessa. Due le possibilità. Se non fosse avvenuto, sarebbe insolvenza e dunque default. Al contrario, se gli interessi fossero stati effettivamente onorati, allora Mosca sarebbe ancora in piedi. Tutto questo ammettendo che la transazione sia avvenuta in dollari, perché diversamente, qualora al posto del biglietto verde ci fosse il rublo allora sarebbe ugualmente default, come messo nero su bianco da Fitch.

Il giallo, comunque, c’è. Di buon mattino il ministero delle Finanze della Russia ha riferito con una nota che è stato eseguito l’ordine di pagamento delle cedole di due titoli di Stato emessi in dollari, scadute il 15 marzo, per 117,2 milioni di dollari complessivi. Operazione confermata a mezzo intervista anche dal ministro Anton Siluanov. Ma qui si apre, come detto, un giallo, perché l’esponente del governo ha specificato che lunedì Mosca ha ordinato sì il pagamento, ma spetta ai Paesi occidentali, soprattutto agli Stati Uniti, ritirare i fondi dai conti in valuta estera congelati e rimborsare gli obbligazionisti.

Che cosa significa? In altre parole, i soldi ci sono ma sono su conti che non è possibile aprire per verificare l’avvenuta effettiva transazione e se in dollari o rubli. E non è un caso se per ora nessuno dei creditori abbia confermato di aver ricevuto soldi. Insomma, non è ancora chiaro se Mosca abbia onorato i suoi impegni su due obbligazioni da 117 milioni, alimentando i timori di un’insolvenza finanziaria per la prima volta dal 1998.

Di certo le parole di Siluanov non aiutano a capire. “La possibilità o l’impossibilità di adempiere ai nostri obblighi in valuta estera non dipende da noi, abbiamo i soldi, abbiamo effettuato il pagamento, ora la palla è nel campo americano”. Intanto le due emissioni in questione vengono scambiate a circa 20 centesimi sul dollaro, un livello di stress che indica come gli investitori si stiano preparando per un default. E si tratta di una platea di creditori piuttosto ampia. Il Financial Times ricorda che i fondi stranieri detengono circa 170 miliardi di dollari negli asset russi, di cui 20 miliardi nelle obbligazioni in valuta estera.



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