Intervista all’economista, già ai vertici di Confindustria e Assonime. Se si vuole riscrivere parte del Pnrr per sganciare l’Italia dal gas russo bisogna puntare tutto su rinnovabili e transizione. Anche durante la crisi petrolifera di mezzo secolo fa pensavamo che il mondo finisse e invece abbiamo potuto cogliere delle opportunità. La stagflazione? Fa paura ma può essere governata
Solo un anno fa l’Italia si batteva in Europa per strappare il più grande pacchetto di aiuti dai tempi del Piano Marshall, quel Recovery Fund che per l’Ue vale 750 miliardi, di cui 200, euro più euro meno, destinati all’Italia. Ora però, una parte di quegli aiuti, o meglio la centralina di smistamento che si chiama Pnrr, potrebbe essere stravolta. Non è difficile trovare il motivo, il colpevole. Quella guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina che sta provocando un terremoto finanziario globale, a pandemia non ancora finita e la stessa eutanasia economica del Cremlino.
Il problema dell’Italia, in tutto questo marasma, si chiama gas. Se Mosca, ferita dalle sanzioni, dovesse chiudere i rubinetti, come farebbe un Paese dipendente dall’energia altrui a sopravvivere? Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenendo su Rai 3, ha lanciato una proposta: riscrivere parte del Pnrr per aumentare la spinta propulsiva sulla transizione e gli investimenti in energia, al fine di consentire all’Italia il progressivo sganciamento da Mosca. In altre parole, spostare il baricentro del piano, allungandone anche le scadenze, ad oggi fissate al 2026. Ma è davvero possibile? Formiche.net ne ha parlato con Innocenzo Cipolletta, economista con un passato ai vertici di Confindustria e già presidente di Assonime.
Cipolletta, il presidente di Confindustria Bonomi ha lanciato una proposta. Riscrivere parte del Pnrr per settarlo sulla guerra in Ucraina e la crisi energetica annessa. Impressioni?
Bisogna capire di cosa di parla esattamente. Però voglio dire una cosa, il fenomeno dell’aumento del gas e la diversificazione delle fonti rappresenta esso stesso uno strumento di sostegno alla transizione energetica. Perché se il gas costa di più, allora c’è un maggiore incentivo alle rinnovabili, che sono più convenienti del gas. In questo senso sono d’accordo nello spingere verso la transizione, ma se riscrivere il Pnrr vuol dire tornare al carbone perché non abbiamo energia, allora sarei decisamente più prudente.
Però non sta negando che un salto di qualità serve, quasi un’accelerazione repentina…
No, assolutamente. Dico che se il Pnrr deve essere rimodulato in chiave transizione, con una spinta sulle rinnovabili, allora è saggio. Lo sarebbe meno investire quegli stessi fondi nel carbone. Detto questo sull’energia pulita serve uno sforzo maggiore rispetto a quanto stiamo facendo ora.
Ma lei crede davvero che l’Italia un giorno possa essere indipendente dal gas russo?
Se mi dice domani, le dico di no. Ma se mi dice tra qualche anno allora la risposta è sì. Vede, ricordiamoci della crisi petrolifera di metà anni 70, io me la ricordo e ricordo la lezione…
Ne vuole parlare?
Assolutamente. La gente pensava che saremmo tornati al Medioevo, perché ci fu un embargo totale di mesi. E si pensava che fosse impossibile sopravvivere. Ma invece, dopo i sacrifici che indubbiamente ci furono, successivamente diminuì il consumo di petrolio globale perché si cominciarono a diversificare le fonti. Come vede la crisi petrolifera diede delle opportunità.
La lezione dunque quale sarebbe?
Noi adesso facciamo dei sacrifici, a spegnere le luci a una certa ora a razionare il riscaldamento, come nel ’74. Collateralmente dobbiamo spingere sull’energia alternativa, mettere le cellule fotoelettriche sui palazzi. Perché con il razionamento sopravviviamo e con la transizione ci sganciamo dalla Russia. E comunque, scusi, mi faccia dire una cosa…
Prego…
Oggi siamo dipendenti dalla Russia, va bene, ma non è che se un domani siamo dipendenti dall’Algeria o dal Qatar, siamo messi meglio, sono Paesi instabili anche quelli. Le minacce all’approvvigionamento vengono anche da lì, per questo dobbiamo affidarci alle rinnovabili.
C’è un’altra parolina che oltre a gas fa paura: stagflazione. Aumentano i prezzi ma non la crescita…
L’ho conosciuta anche quella. La paura è fondata, perché oggi ci sono strozzature dell’offerta che non garantiscono la crescita. Però non è per fare sempre l’ottimista, ma siamo sopravvissuti anche a quello. L’errore sarebbe un aumento dei tassi, quello sì. La risposta è la tecnologia, dobbiamo investire in nuova tecnologia per fermare i prezzi e crescere.
Investire vuol dire spendere. L’Europa del post rigore lo permetterà?
La guerra in Ucraina può stralciare ogni forma di rigore. Già prima del conflitto il ritorno del Patto di stabilità formato rigore era in bilico, figuriamoci adesso.