Al via il prossimo 27 marzo la keremesse promossa da Ferrovie dello Stato, Bper Banca, la casa editrice il Mulino e la fondazione Musica per Roma. Il costituzionalista: “Affrontiamo i temi più controversi in modo che siano alla portata di tutti”
I diritti sono i grandi assi delle nostre vite. Quest’anno affrontiamo alcuni temi di frontiera, con un taglio “alla portata di tutti”. Questo è il taglio, nella sintesi più estrema, che avranno i “Dialoghi sul diritto” la rassegna di approfondimenti curata dal costituzionalista e firma di Formiche.net Alfonso Celotto, in collaborazione con Ferrovie dello Stato, Bper Banca, la casa editrice il Mulino e la fondazione Musica per Roma. Quattro gli appuntamenti in calendario, a partire da domenica 27 marzo alle 18 (poi il 10 aprile, l’8 e il 22 maggio) all’Auditorium Parco della Musica. Dall’identità di genere all’eutanasia, passando per le questioni legate all’attribuzione della cittadinanza finendo con i problemi, a metà tra il giuridico e l’etico, legati all’io digitale. Celotto, che è anche docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Roma tre, dialogherà di volta in volta con un ospite autorevole (Emma Bonino e Miguel Gotor, Chiara Saraceno e Antonio Nicita). Insieme a lui abbiamo cercato di capire quanta strada ancora c’è da fare per la conquista “dei diritti che mancano”.
Il ciclo di appuntamenti si apre con un approfondimento sulla questione dell’identità di genere. Dal punto di vista giuridico, quanto è efficace la legislazione italiana nella tutela dell’identità di genere (qualsiasi essa sia)?
I diritti sono uno degli assi fondamentali del problema giuridico e insieme ai doveri determinano lo stato di cittadinanza di ciascuno di noi cittadini. Diritti e doveri che sono proprio il nostro stato di cittadinanza. L’identità di genere è un grande tema, sotto questo profilo. Per anni tutto è stato diviso semplicemente in “uomo” e “donna”. Dunque bastava, a regolamentare e a impedire ogni forma di discriminazione, quanto previsto dall’articolo 3 della Costituzione. Oggi, ma non solo da oggi, le cose stanno diversamente e questo non è più sufficiente.
Dunque si sono aggiornati anche i testi giuridici di riferimento?
Esattamente. L’articolo 3 già fornisce una base molto ampia per il contrasto alle discriminazioni, e dal 2000 – con un aggiornamento nel 2007 – a questo testo si è aggiunta anche la Carta di Nizza, che è la Carta europea dei diritti. In questa, l’articolo 21, protegge da ogni forma di discriminazione e lo fa anche nel senso di tutelare discriminazioni basate sul sesso o sull’orientamento sessuale. Tuttavia, a mio parere, oggi occorrerebbe una regolazione più aggiornata. Che era l’obiettivo che si prefiggeva il Ddl Zan. È però un tema complesso, che comporta un certo grado maturità giuridica, che in un certo senso rappresenta un crocevia del diritto.
La Consulta ha bocciato la proposta di referendum sull’eutanasia. Parallelamente, la Camera ha approvato la legge sul suicidio assistito. Non le sembra un paradosso?
Di questo tema parleremo all’incontro del 10 aprile con Emma Bonino. Anche questo – come del resto tutti quelli di questa rassegna – si gioca su un terreno piuttosto divisivo. È una battaglia giurisprudenziale che va avanti da anni, quella legata al diritto di morire con dignità. Oggi il punto centrale è la modalità di accertamento della volontà di porre fine alla propria vita. Il referendum probabilmente non era lo strumento più adatto per arrivare a introdurre una legge. Tanto più che, nel nostro Paese, i referendum sono solo di natura abrogativa. Non è un caso che per l’aborto e il divorzio venne scelto l’iter opposto. Prima la legge, poi il referendum. La Camera, prima del 2017, ha approvato la legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (Dat), ora sta approvando la legge sul suicidio assistito. Il prossimo passo è la discussione al Senato
Questo è tuttavia una legge che in altri Paesi già c’è, noi siamo indietro?
Direi di sì. Da liberale ritengo che una legge su questo tema sia necessaria: lo Stato deve regolamentare i fenomeni che esistono. Poi i cittadini potranno legalmente accettarli o non accettarli.
Oltre alla componente etica, che cosa rende il tema del fine vita ancora così divisivo a suo parere?
La componente etica è senz’altro preponderante, come del resto accade con tutti i temi che riguardano la vita dei singoli. Per anni il suicidio è stato vietato. Nei secoli scorsi addirittura, al corpo del suicida non veniva data sepoltura. Oggi il problema è la consapevolezza del consenso al fine vita. La Corte Costituzionale, sul caso Cappato, ha messo queste due garanzie: non basta la volontà del singolo, serve una “conferma” da una commissione etica e da una sanitaria. Per questo, per dare un organicità giuridica, è quanto mai urgente legiferare su questo.
Nel terzo incontro, con Miguel Gotor affronterete il tema dello ius soli e del diritto alla cittadinanza. Da poco nel Consiglio Comunale capitolino, i dem Lorenzo Marinone e Nella Conventi hanno proposto una mozione che si rifà a questo principio. L’obiettivo, infatti, è concedere la cittadinanza onoraria della Capitale ai bimbi, nati da genitori stranieri, che abbiano concluso almeno un ciclo scolastico. Che esito prevede?
Sulla cittadinanza si innesta l’antica contrapposizione tra “Ius soli” e “Ius sanguinis”. Anche questo dibattuto da anni. Vigendo in Italia lo ius sanguinis, tanti ragazzi nati da genitori stranieri fino a diciotto anni non hanno diritto alla cittadinanza. Questo crea una serie di difficoltà enormi. Il tentativo del Consiglio Comunale di Roma è apprezzabile, ma non è sufficiente. Occorre una legge valida per tutti.
E infine, quando si parla di “Io digitale”, che cosa s’intende?
Sempre più oggi esiste un io digitale rispetto all’io fisico. O meglio esiste un io fatto da una componente digitale oltre a quella fisica. All’interno della comunità digitale, non solo emergono nuovi problemi, ma soprattutto si amplificano i problemi tradizionali: dalla riservatezza al diritto all’oblio. Questo è evidente, ad esempio, nel mondo dei social media. Anche il profilo della tutela è piuttosto interessante e sarà uno dei temi che affronteremo in relazione al ‘tribunale di Facebook’, l’Oversight board. Un modello creato proprio all’interno della comunità di Facebook per dare la possibilità di un ricorso indipendente agli utenti che si sentono violati nei loro diritti digitali. Il caso di Trump in relazione a Capitol Hill è un esempio significativo sotto questo profilo, ma ve ne sono altri che affronteremo con l’aiuto di Antonio Nicita.