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Distanza di (in)sicurezza. Lesser spiega la minaccia russa

Conversazione con Ian Lesser, vicepresidente del German Marshall Fund ospite dell’ultimo live talk di Formiche. C’è un prima e un dopo dell’invasione russa, per i partiti politici, la Difesa europea e la Nato. Putin riscrive la storia, chi si avvicina troppo rischia di scottarsi

“Di questi tempi, chi si avvicina troppo a Mosca rischia di scottarsi”. Ian Lesser è il vicepresidente del German Marshall Fund, uno dei più grandi think tank americani, e ospite dell’ultimo live talk di Formiche lancia un avviso ai naviganti: c’è un prima e un dopo dell’invasione russa in Ucraina. Per la Difesa europea, per la Nato, e anche per la politica italiana.

Lesser, quanto ancora sarà “fredda” la guerra tra Occidente e Russia?

Io non parlerei di Guerra Fredda. Credo piuttosto che una simile aggressione in Europa non si vedesse dagli anni ’30. È unica del suo genere, perché avviene a favor di satelliti, abbiamo un’intelligence formidabile che ci dà informazioni in diretta dal campo. Più difficile intravedere cosa voglia davvero Putin.

Che risposta si è dato? Nel mirino di Putin c’è l’Ue o la Nato?

Putin sta combattendo contro la storia moderna. La sua è una manifestazione di insofferenza, temo condivisa da molti a Mosca. Una vendetta contro il deterioramento dell’immagine internazionale della Russia dopo il crollo dell’Urss. Il presidente russo è cresciuto co-protagonista del sistema di sicurezza sovietico, vive quell’umiliazione come un’umiliazione personale.

Andrà fino in fondo?

L’impressione è questa, in ballo c’è la sua eredità storica. Ovviamente qualcosa è andato storto. La Russia non controlla ancora l’intera Ucraina e la Nato si è dimostrata molto più compatta e capace del previsto, con un’Ue pronta a serrare i ranghi. Nel frattempo diventa uno Stato paria: le sanzioni occidentali la catapultano in una condizione di isolamento vissuto solo dalla Corea del Nord. Ma la Russia non è la Corea del Nord.

Sulle sanzioni Europa e Stati Uniti possono fare di più?

Si può andare oltre, magari stringendo il controllo dell’export. Più difficile risolvere il risiko energetico. La partita può chiudersi con una Russia pronta a rimpiazzare il mercato europeo con quello cinese. O con un’Europa che riduce la sua dipendenza da Mosca e allaccia altri mercati, dal Nord America alla Norvegia fino al Nord Africa.

Ci vorrà tempo. Troppo, dicono, per colmare il vuoto russo.

È vero, i tempi sono lunghi. Ue, Stati Uniti e i singoli governi sono al lavoro per trovare una via d’uscita in altri quadranti geografici e politici, non sarà immediata. Nel mentre l’Ue potrebbe trovarsi costretta ad aumentare la sua capacità di stoccaggio: un cuscinetto per fare i conti con una crisi che non durerà un mese ma probabilmente molti anni.

Una svolta europea però c’è già stata. L’impegno del Cancelliere tedesco Olaf Scholz a investire più del 2% del Pil in investimenti nella Difesa, come chiede la Nato, può innescare un effetto domino?

Un passo storico. L’impegno della Germania per la modernizzazione dell’esercito e una spesa più massiccia nella Difesa sorprende sia per le tempistiche sia perché proviene da un governo socialdemocratico. Ma la vera novità è che in Germania esiste un dibattito strategico, che a differenza di Paesi come Italia e Francia è sempre stato in secondo piano.

Una smentita dell’immagine, diffusa non senza qualche ragione, di un’Europa incapace di governare la politica estera e di sicurezza.

La reazione di fronte all’invasione in Ucraina dimostra il contrario. Al di là della risposta emotiva, delle manifestazioni in piazza, c’è un sussulto nella programmazione delle spese della Difesa che non si vedeva da tempo. Gli stessi governi, dentro e fuori la Nato, percepiscono che la minaccia va ben oltre Kiev.

Addio sogni di neutralità.

Perfino da parte di Paesi storicamente neutrali. Come la Svezia o ancora di più la Svizzera, unitesi alle sanzioni contro Mosca. Anche la filorussa Ungheria ha fatto un passo indietro: chi resta dall’altra rischia di finire fuori dalla storia. Forse è tardi per salvare militarmente l’Ucraina, ma non è tardi per rafforzare la Difesa e la deterrenza europea.

Finlandia e Svezia valutano un’adesione alla Nato. Può diventare un problema?

Se un ulteriore allargamento della Nato ad Est mi sembra improbabile, lo è molto meno l’adesione di questi due Stati, probabilmente in contemporanea. Sono già vicini all’Alleanza e sono già esposti, i sondaggi raccontano un ampio sostegno dell’opinione pubblica. Quell’articolo 5 del Trattato dopo l’invasione russa in Ucraina ha tutto un altro aspetto.

Chiudiamo ancora sull’invasione. Si può fare di più sul fronte militare per aiutare la resistenza di Zelensky?

Si possono inviare armi di ogni tipo e rafforzare così la resistenza. Più difficile e molto pericoloso un coinvolgimento della Nato, tantomeno una no-fly zone che suonerebbe come un atto di guerra, poco saggio contro uno Stato nucleare. Lo stesso schieramento di forze aggiuntive sul fronte Est, dalla Polonia alla Romania, aumenta non di poco il rischio di incidenti.

Una considerazione politica. Anche per i partiti europei c’è un prima e un dopo del 24 febbraio, il giorno dell’invasione?

Se oggi il tuo partito riceve finanziamenti dalla Russia o va a braccetto con Mosca, non c’è dubbio: hai un grosso problema. L’invasione è un test per Paesi come l’Italia, dove una parte del centrodestra guarda da tempo con favore al Cremlino. Rinunciare a quella liason ha un impatto alle urne molto limitato, ma ha soprattutto un significato importante. Di questi tempi sventolare la bandiera russa è un pericolo non indifferente.

 

GUARDA IL LIVE TALK DI FORMICHE CON IAN LESSER:

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