Caro Presidente Draghi, ci perdoni un appello. Di fronte ai fatti di Kyiv, non c’è riforma del catasto che tenga. C’è una sola, grande missione della politica italiana in questo momento. Il corsivo di Francesco Sisci
Il ministro degli esteri Luigi Di Maio preparandosi a partecipare al vertice Nato ci ha tenuto a spiegare la posizione italiana alla televisione. Sanzioni sì, diceva, ma non si sarebbe invece approvata la “no fly zone” perché: sarebbe un intervento militare e porterebbe la guerra ai paesi alleati, compresa all’Italia e “non ce lo possiamo permettere”.
La “no fly zone” (zona di non volo) sarebbe un intervento delle forze Nato che dovrebbe impedire il passaggio di qualunque velivolo sullo spazio aereo dell’Ucraina. Cioè dovrebbe cacciare o, in caso di resistenza, abbattere aerei russi che provano a entrare in Ucraina.
Ciò è stato richiesto da Kiev e servirebbe a togliere uno strumento di forza a Mosca. Avrebbe comunque elementi di ambiguità, perché non è chiaro se i droni, dove gli ucraini ad oggi sembrano superiori, sarebbero inclusi.
Naturalmente, solo come intervento, al di là dei non banali dettagli, creerebbe un conflitto diretto della Nato con la Russia. Ci sono ragioni complesse profonde, strategiche per scegliere di applicare o meno la no fly zone in Ucraina, ma nessuna riguarda il “non ce lo possiamo permettere”.
In politica internazionale, diversamente dal quotidiano sventolio di stracci della politica nostrana, le parole sono macigni. Che voleva dire e quale è il retro-pensiero del ministro Di Maio? L’Italia non può permettersi di portarsi la guerra in casa ma invece in Ucraina sì? Il massacro di Kiev è perdonabile, comprensibile e si può fare?
È colpa dell’Italia o della Nato se i Russi hanno invaso? In quel “non ce lo possiamo permettere” sembra intendere che altro ce lo siamo permesso, che forse c’è stata una provocazione americana o Nato alla Russia in cui il povero, ingenuo Putin è caduto come uno scolaretto. O no?
È uno scivolone, il governo e il ministro sono inesperti, ma i loro collaboratori? Che succede?
In realtà forse c’è una questione più radicale. Noi abbiamo sempre tifato per il governo di Mario Draghi, ma proprio per questo tifo, non si può essere ciechi.
Il governo è stato eletto per affrontare due emergenze del momento – combattere il Covid e portare a casa gli aiuti europei. Entrambi i compiti sono stati eseguiti o sono perseguiti con grande efficienza.
Nel frattempo però è cambiato tutto: è scoppiata una devastante guerra in Ucraina che ha aperto una nuova fase della politica mondiale destinata a durare per anni se non decenni. Avvertimenti della fase erano in corso da tempo, ma l’Italia, distratta dalla sua paccottiglia domestica, li ha trascurati.
Draghi stesso li ha presi sottogamba pensando, come tanti del resto, che il ritiro dall’Afghanistan forse fosse una specie di campana a morto degli Usa, e non, come si prova in queste ore, un attento riposizionamento del focus strategico su Russia e Cina.
Da lì non c’è stata una sterzata mentale. Con la guerra la Germania, che pure importa dalla Russia ben più gas dell’Italia, ha cambiato completamente direzione di marcia. Ha preso forti posizioni contro Putin e ha raddoppiato le spese militari. Roma è stata invece molto più timida, incerta.
Non si tratta, ben inteso, di essere guerrafondai o di volere una crociata contro Santa Madre Russia, ma più basicamente di capire cosa è la situazione e quindi posizionarsi, senza confondere i desideri con la realtà. Ciò proprio per evitare, se possibile, lo scontro armato o limitarne i danni.
Nessuno vuole la le armi, ma la Russia per tanti motivi, ha scelto questo percorso. L’Italia ha chiaro cosa sta succedendo e quale sarà la possibile evoluzione degli eventi? Quindi, su questa base, che pensa l’Italia?
Queste sono le domande a cui bisogna rispondere con chiarezza prima di affannarsi a dare risposte cercando la mediazione di tizio, caio o sempronio. Non si può curare un malato se non è chiara la malattia, il suo decorso e le conseguenze. O meglio se qualcuno ci prova sbaglierà comunque.
Oggi questa è la priorità mondiale e lo è anche per l’Italia. E forse su questo il governo è impreparato. Non si può sapere tutto o essere scienziati su tutto, ma su questa materia il governo semplicemente non funziona.
Una cosa banale, e anche comprensibile, giustificabile ma: è opportuno, indispensabile approvare una peraltro controversa riforma del catasto come fosse ordinaria amministrazione nel mezzo della guerra? La riforma era poi giusta. Però specie in questo momento il governo deve fare politica non amministrare il catasto.
Se il governo allora non affronta di petto questi temi è già caduto, al di là di ogni voto in parlamento, perché non risponde alle questioni cruciali del momento, come la guerra in Ucraina e la seconda guerra fredda. Esse oggi sono importanti, domani saranno importantissime. Ci perdoni della franchezza presidente Draghi, con la nostra più sentita stima.