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La fiera della difesa di Doha fa discutere Usa e Qatar

La presenza dei Pasdaran alla fiera della difesa in Qatar fa arrabbiare Washington, che vuole tenere i propri partner lontani dai regimi più illiberali

“Siamo profondamente delusi e turbati dalla presenza di ufficiali militari iraniani e, secondo quanto riferito, di ufficiali del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran al Doha Defense Show in Qatar”, scrive il dipartimento di Stato statunitense in una nota inviata ai giornalisti per criticare l’invito a Teheran, che ha messo in mostra il suo nuovo sistema di difesa aerea. “Rifiutiamo completamente la loro presenza allo show — continua la dichiarazione — e alla mostra sulla difesa marittima, poiché è l’Iran la più grande minaccia alla stabilità marittima nella regione del Golfo”.

Ancora: “Le transazioni relative alle armi iraniane sono generalmente sanzionabili da molteplici autorità statunitensi, comprese le sanzioni relative al terrorismo e alle armi di distruzione di massa”. È un richiamo duro, un messaggio pesante non tanto verso l’Iran quanto verso Doha, alleato che ospita l’hub del Comando Centrale con cui il Pentagono copre il quadrante mediorientale e uno dei pochi Paesi arabi privilegiato del ruolo di “Major non-Nato Ally”. Ma non è nuovo nel genere: gli Stati Uniti stanno piazzando i nuovi (per certi versi vecchi) paletti nelle relazioni con i partner della regione.

Sotto molti aspetti questo richiamo è del tutto analogo a quello che è arrivato agli Emirati Arabi Uniti in questi stessi giorni a proposito della ricostruzione delle relazioni con la Siria. Washington si è detta “profondamente delusa” dall’apertura emiratina concessa al sanguinoso rais siriano Bashar el Assad. “Esortiamo gli stati che stanno considerando un impegno con il regime di Assad a valutare attentamente le orribili atrocità che il regime ha commesso contro i siriani nell’ultimo decennio”, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato sottolineando i punti fondamentali di ciò che Washington vuol far percepire della questione.

Nel tentativo di costruire un equilibrio regionale interno, diversi Paesi hanno iniziato forme di dialogo e contatti. Si tratta di iniziative ben viste, perché volute, dagli Usa, i quali però non accettano sbilanciamenti eccessivi per la necessità di segnare dei limiti. Perché Washington che guida le Democrazie del mondo può parlare con le monarchie assolute mediorientali ma non con i regimi palesemente tali e noti per le brutalità interne. In questo vuole evitare, anche con messaggi pubblici, che i propri partner — quelli con cui dialoga — si sbilancino su certe sponde.



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