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Gli effetti della guerra in Ucraina sul Pnrr

Non c’è nulla di male a decidersi finalmente a por mano al Pnrr adeguandolo al nuovo quadro e ai nuovi equilibri sia energetici che macroeconomici, anche a causa del rischio di una stagflazione quasi del modello degli anni Settanta che si configura

In questa fase in cui l’Italia deve subire “le conseguenze economiche della guerra” come diceva un aureo libro di Keynes scritto dopo un altro tipo di guerra, si rivela fondamentale che, nonostante i giochi e i giochetti nella fase delle elezioni presidenziali, Sergio Mattarella e Mario Draghi siano rimasti ai rispettivi posti. Questo è fondamentale per la stabilità istituzionale del Paese e per l’equilibrio dell’assetto di governo.

Probabilmente, la guerra dei russi contro l’Ucraina sarà lunga e le conseguenze economiche, oltre che per la sensibilità civile del Paese, peggioreranno ulteriormente, non solo per la dipendenza forte e stupidamente creata nell’ultimo ventennio dalle classi politiche che si sono succedute, dell’importazione del gas russo. Non dimentichiamo poi gli effetti sulle imprese, a cominciare da quelle a forte consumo energetico, e da quelle con una forte quota di export verso la Russia. C’è poi l’inflazione, sin qui meno percepita rispetto al peso che invece avrà sugli assetti economico sociali del Paese e sulla vita concreta dei cittadini, ulteriormente alimentata dagli effetti della guerra.

In queste condizioni di gravissima crisi internazionale, è quasi scontato che il governo Draghi arriverà alla fine della legislatura. È infatti indispensabile che l’Italia sia rappresentata da una personalità che gode di stima e autorevolezza a livello internazionale come Mario Draghi che è un elemento di affidabilità e sicurezza per i leader degli altri grandi Paesi europei e per gli Usa. Tant’è che perfino Meloni mostra un atteggiamento molto più condiscendente verso il governo e la figura del presidente del Consiglio rispetto a quanto avveniva prima. A dire il vero, c’è però qualche fibrillazione di impronta para pacifista, in sé abbastanza pericolosa, da parte dei cinquestelle di Conte e da parte di Salvini.

È importante che queste fibrillazioni siano sopite quanto prima e non abbiano effetti sul governo. Davanti alla gravità della crisi internazionale e agli effetti sul sistema economico e sociale del Paese anche quelle consuete fibrillazioni elettorali che in altri momenti avrebbero potuto esserci in previsione delle prossime elezioni amministrative e in previsione delle prossime politiche verranno in gran parte meno e saranno di livello molto più basso rispetto a quanto sarebbe avvenuto in un quadro internazionale meno pericoloso. In questi frangenti, però è importante por mano in qualche modo al Piano Nazionale di Ripresa e resilienza. Alcuni sono suoi contenuti diventano infatti oggettivamente superati e obsoleti. Iniziando per tutti dalla grave crisi e energetica che pesa sul Paese e che modifica tutto il quadro della transizione ecologica.

Non c’è nulla di male quindi a decidersi finalmente a por mano al Pnrr adeguandolo al nuovo quadro e ai nuovi equilibri sia energetici che macroeconomici, anche a causa del rischio di una stagflazione quasi del modello degli anni Settanta che si configura. Non dimentichiamo poi che il taglio di qualche punto rispetto alla ripresa prevista a causa delle conseguenze economiche della guerra e dell’inflazione implicano interventi anche su altri fronti. Ad esempio, anche al fine di sostenere gli investimenti e i ristori che il governo è costretto ad avviare, occorre procedere finalmente ad una seria spending review che agisca su partite cruciali della spesa corrente.

Ci aspettavamo la possibilità di procedere ad una politica economica di stampo prettamente keynesiano orientata a sostenere la crescita, senza troppa attenzione agli equilibri di finanza pubblica, ma da questo punto di vista il quadro è mutato ed è il momento di prenderne atto. A questo punto, dato quasi per scontato che il governo Draghi arriverà alla fine della legislatura, non bisogna preoccuparsi delle eventuali fibrillazioni di quella sorta di Pusp, Partito unico della spesa pubblica, che ha sempre prevalso nel nostro Paese, procedendo ad azioni adeguate sul lato della spesa corrente. Quanto poi alla riduzione della dipendenza energetica dell’Italia, specie dalla Russia, si è avviata qualche iniziativa ma purtroppo il cammino sarà lungo è difficile e anche questo aspetto richiede un riequilibrio e una revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Spetta quindi al presidente Draghi assumere a sé queste iniziative e procedere con coraggio ad adeguamenti opportuni delle politiche pubbliche.

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