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Così la guerra di Putin blocca il Jcpoa

I colloqui diplomatici per ricomporre l’accordo sul nucleare iraniano sono messi in pausa (per qualche giorno) per trovare una soluzione alle richieste della Russia

“Ci siamo quasi. Abbiamo un testo in cui quasi tutto è fatto. Siamo al limite della negoziazione delle note a piè di pagina. Per mantenere questo buon spirito e questa atmosfera è bene fare una pausa. Lavorerò con tutte le delegazioni per superare questa situazione. Prima è meglio è”, ha detto Enrique Mora, direttore politico dell’European External Action Service e capo negoziatore ai tavoli con cui a Vienna si negozia sul nucleare con l’Iran.

Il primo dossier internazionale che subisce gli effetti della guerra voluta da Vladimir Putin è quello del Jcpoa, acronimo dell’accordo per il congelamento del programma atomico iraniano. La Russia vorrebbe escludere le relazioni commerciali con l’Iran dalle ripercussioni della guerra a Kiev: le richieste sono state scritte esplicitamente in un non-paper portato dal rappresentante di Mosca ai colloqui.

La consegna del documento ha messo in difficoltà le trattative, perché un conto è dare garanzie alla Russia che le attività (anche commerciali, strettamente specifiche) che deve svolgere in base all’accordo siano libere dalle sanzioni legate alla guerra di Putin, e dunque tenere compartimentato il Jcpoa, diverso è permettere a Mosca di trovare una via d’uscita dal quadro sanzionatorio lasciando maglie più larghe al commercio con l’Iran.

L’intesa, siglata da Teheran nel 2015 con l’amministrazione Obama e un gruppo di Paesi, è stata messa in crisi nel 2018 quando la presidenza Trump ha deciso di ritirarsi unilateralmente. Joe Biden ha sempre sostenuto che come presidente avrebbe cercato un modo — sicuro e calcolato — per riportare gli Usa nell’accordo, che significherebbe lo stop degli impianti iraniani (che nel frattempo hanno evoluto le loro capacità di arricchimento arrivando a livelli prossimi a quelle militari) con l’eliminazione delle sanzioni contro la Repubblica islamica come contropartita.

Dopo mesi e mesi di discussioni il rinnovamento dell’intesa sembra vicino, ma come spiega un diplomatico europeo i colloqui hanno raggiunto “un punto morto” perché la Russia “ci prova” nello sfruttare il dossier per aggirare le ripercussioni sanzionatorie dell’invasione dell’Ucraina. E si è creato uno stallo che ha coinvolto tutti gli altri — Stati Uniti, Francia, Unione Europea, Regno Unito e Cina che con i russi compongono il sistema diplomatico/negoziale che ha creato il Jcpoa.

Davanti alle richieste russe potrebbero esserci strade intermedie se si dovesse decidere di andare comunque avanti: una potrebbe essere la ricomposizione senza la Russia, che si troverebbe momentaneamente in una posizione simile a quella tenuta in questi tre anni dagli americani — sebbene le decisioni della joint commission dovrebbero essere unanimi come spiega su Twitter il giornalista del Wall Street Journal Laurence Norman, tra i più informati su ciò che riguarda il Jcpoa.

L’Iran ha molto bisogno della ricomposizione dell’accordo, perché permetterebbe una riqualificazione della propria economia. Però allo stesso tempo teme che un Jcpoa che lasci fuori la Russia, a maggior ragione in questo momento, potrebbe incrinare le relazioni Mosca-Teheran. L’ambasciatore russo alle organizzazioni internazionali di Vienna, Mikhail Ulyanov, che segue per il Cremlino il Jcpoa, ha detto che la conclusione dell’intesa “non dipende da Mosca soltanto”. Non è chiaro a cosa si riferisca, ma per quanto dichiarato da tutti gli attori coinvolti se non fosse stato per le posizioni decise da Mosca probabilmente si sarebbe firmato già  oggi.

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