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Il bivio ucraino di Xi Jinping. Parla Fontaine (Cnas)

Intervista a Richard Fontaine, direttore del think tank Cnas. In Ucraina la Cina si schiera dalla parte sbagliata, Putin fa a pezzi i suoi principi di politica estera. Un accordo con Ue e Usa si può tentare ma il tempo stringe. Indo-Pacifico? La partita è appena iniziata

C’è ancora uno spazio negoziale per convincere la Cina a non schierarsi con la Russia nella guerra in Ucraina, ma ogni ora che passa diventa più stretto. Ne è convinto Richard Fontaine, direttore del think tank Cnas (Center for a new American security).

Cosa ci dice la posizione cinese sulla guerra in Ucraina delle vere intenzioni di Pechino?

La Cina ha preso chiaramente le difese della Russia nonostante l’aggressione in Ucraina. Questo dimostra la forza del rapporto tra Cina e Russia e la determinazione di Pechino a dargli seguito anche se Putin dovesse continuare la sua barbarie.

Quali sono le linee rosse cinesi?

Non è chiaro. La Cina certamente continuerà a comprare energia e altri beni dalla Russia, ma le sue aziende potrebbero essere costrette a scegliere tra continuare a fare affari in Russia o avere accesso ad altri mercati. Mi aspetto che molte si atterranno alle sanzioni. La vera domanda è un’altra.

Ovvero?

Se la Cina fornirà assistenza militare a Mosca, come avrebbe richiesto la Russia. Se nell’ora più buia per l’Europa la Cina aiuterà attivamente l’aggressore, danneggerà le relazioni con il Vecchio Continente per un’intera generazione. Potrebbe affrettare la formazione di un blocco transatlantico che vede non solo nella Russia ma anche nella Cina un avversario.

Secondo lei c’è spazio per un accordo tra Stati Uniti, Cina e Ue?

No. Difficile immaginare come qualsiasi intesa possa tagliare fuori la Russia o forzare un cessate il fuoco. Temo che Putin abbia il necessario per continuare la distruzione ancora a lungo, se solo sceglie di farlo.

Quali potrebbero essere le contropartite della Cina se scegliesse di collaborare?

Pechino potrebbe cercare di trattare e ottenere progressi su dossier importanti in cambio di una cooperazione con Ue e Stati Uniti sulla guerra, dubito però che possa funzionare. Spero che la Cina si convinca che è nei suoi migliori interessi terminare la guerra, non incitare la Russia a proseguirla. Il nuovo “quasi-alleato” sta diventando più isolato, più debole e più impoverito ogni settimana che passa, e il suo esercito non sta dimostrando capacità e competenza, ma brutalità e inettitudine. Non una buona notizia per le ambizioni globali cinesi.

In America c’è chi tifa una de-escalation con la Cina per mettere all’angolo la Russia?

Non penso che a Washington siano in molti a credere che una sorta di de-escalation bilaterale con la Cina possa riuscire nella missione. Il punto è che i principi di politica estera rivendicati dalla Cina stessa – integrità territoriale, sovranità, non interferenza negli affari interni – sono brutalmente violati dalla Russia in Ucraina. Pechino si sta schierando dalla parte sbagliata.

La guerra accelererà o rallenterà il pivot asiatico dell’America e la sua proiezione nell’Indo-Pacifico?

Lo rallenterà ma non lo fermerà. Il ritorno di pressanti minacce di sicurezza in Europa porterà gli Stati Uniti a dedicarvi più spazio politico, risorse militari e attenzioni di quanto non facessero prima. Ma l’impegno a una più ampia presenza e al dispiegamento strategico nell’Indo-Pacifico rimane forte. La sfida per gli Stati Uniti sarà ora fare i conti con entrambe le regioni simultaneamente.

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