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Il patriarca di Mosca e la Guerra Santa contro la modernità

Una sfida alla teologia della fratellanza nel nome della teologia della guerra tra il Bene e il Male. Emerge chiaramente un pensiero apocalittico. Questo è il punto dell’omelia pronunciata domenica 6 marzo a Mosca da Sua Beatitudine Kirill I

Forse il patriarca di Mosca e di tutte la Russia non è stato capito. C’è una frase agghiacciante nell’omelia pronunciata domenica 6 marzo da Sua Beatitudine Kirill I. È questa: “Ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, quindi, non ha solo un significato politico. Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Stiamo parlando della salvezza umana, su dove finirà l’umanità, da che parte di Dio Salvatore, che viene nel mondo come Giudice e Creatore: a destra o a sinistra… Tutto quanto indica che siamo entrati in una lotta che non ha senso un fisico, ma un significato metafisico”.

Non è la Guerra Santa? E contro chi sarebbe questa Guerra Santa? Il patriarca sembrerebbe aver spiegato anche questo prima di giungere alla conclusione. Partendo dal 2014, quando si ruppe tra Mosca e Kiev: “Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass. E nel Donbass c’è il rifiuto, il rifiuto totale dei cosiddetti valori che oggi vengono proposti da chi rivendica il potere mondiale”.

Dunque la guerra è tra bene e male, tra chi vuole imporre e chi rifiuta qualcosa in toto. È una guerra per i valori, afferma il patriarca. Qui entra in ballo, in questa sfida assoluta tra Bene e Male, l’esempio dei Gay Pride che è stato molto citato. Ecco cosa si rifiuta da parte dei russi in Ucraina, contro il potere mondiale: “Oggi esiste una prova per dimostrare la lealtà a questo governo [il potere mondiale], una specie di lasciapassare verso quel mondo ‘felice’, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della ‘libertà’ visibile. Sapete che cos’è questa prova? Una prova molto semplice e allo stesso tempo terribile: è il gay pride. Le richieste a molti di organizzare un gay pride sono una prova di lealtà a quel mondo molto potente; e sappiamo che quando le persone o i paesi rifiutano queste richieste, allora non possono entrare in quel mondo, ne diventano estranei. […] I gay pride sono progettati per dimostrare che il peccato è una delle variabili del comportamento umano. Ecco perché per entrare nel club di quei paesi è necessario organizzare una parata del gay pride. Non per fare una dichiarazione politica, un “siamo con te”, non per firmare accordi, ma per organizzare una parata gay. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si vuole imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio, e quindi imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità. […] Intorno a questo argomento oggi c’è una vera guerra”.

Ecco perché questa guerra, ai suoi occhi, è una Guerra Santa: “Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì. E le parate gay sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”.

Le parole del patriarca di Mosca non sembrano equivocabili. E già alcuni vengono a sostenere la sua tesi, che ricalca quella della Quarta Teoria Politica elaborata da Aleksandr Dugin e che fa del popolo russo il depositario di una tradizione opposta al liberalismo, alla società liberale, fondandola su una certezza trascendentale, che poi è quella che Kirill oggi espone. Dunque la salvezza umana passa dalla sconfitta dell’Occidente, della società aperta, del mondo cioè dove è lecito il Gray Pride, ma ovviamente non solo quello: la questione è distinguere la legge umana da quella divina. Questo porta al disastro. Per questo “la questione è metafisica”…

È fin troppo evidente che il primo obiettivo è una sorta di ecumenismo contro, un ecumenismo dell’odio, in scontro frontale con il protestantesimo tradizionale, il cattolicesimo conciliare e l’ortodossia che ha riconosciuto l’indipendenza della Chiesa ortodossa di Kiev, allineandosi alla società liberale. È una chiamata a raccolta, contro. Il tentativo, parlandosi di condanna dell’Occidente, è anche quello di mettere alla sbarra il cattolicesimo conciliare, quello che ha consentito l’incontro – mai capito da molti laicisti bramosi di scontro e di sfida – tra religione e modernità.

Non sorprende allora che ieri sera il telegiornale russo abbia affermato che la vittoria si avvicina perché i battaglioni schierati dagli ucraini sono battaglioni di gay. Né può sorprendere che il no all’Occidente e alla modernità coincidano anche con le dichiarazioni dell’ayatollah Khamenei, che sull’Ucraina ha dato ogni colpa all’Occidente dove regna il caos morale e sessuale. Un riferimento troppo simile alle parole di Kirill per non cogliere la portata della sfida alla teologia della fratellanza nel nome della teologia della guerra tra il Bene e il Male. Emerge chiaramente un pensiero apocalittico. Questo è il punto dell’omelia pronunciata domenica 6 marzo a Mosca da Sua Beatitudine Kirill I.

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