Un bombardamento russo rade al suolo l’ospedale pediatrico di Mariupol, secondo Kiev tra le macerie anche donne incinte e bambini. È l’ennesimo episodio di una guerra irrazionale scatenata da Mosca che interroga le nostre certezze. A partire dall’urgenza di una no-fly-zone
Con la logica, la razionalità, la lucidità la guerra ha niente a che vedere. Per questo ogni volta che si legge una guerra con questa lente la sensazione di un’immagine fallata o costruita è immediata. A questa regola non sfugge la guerra scatenata dalla Russia sull’Ucraina.
Tutto, in Ucraina, sembra un tributo all’irrazionalità: i bombardamenti russi sui civili in fuga da Kiev; l’assedio di intere città costrette alla resa per assenza di viveri e medicine; un’invasione militare raccontata come “liberazione”, mentre i “liberati” lanciano molotov e imbracciano kalashnikov contro i “liberatori”.
Irrazionale, a prima vista, può suonare la richiesta, ormai un coro unanime tra popolo e governo ucraino, di una “no-fly zone” della Nato per impedire ai caccia e ai missili russi di fare strage fra i civili. A rilanciare l’appello ai partner occidentali è ancora una volta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dal suo bunker, uno dei tanti in cui è rinchiuso: “Quanto ancora il mondo vorrà essere complice nell’ignorare il terrore? Chiudete i cieli ora! Fermate gli omicidi. Avete il potere di farlo ma sembrate perdere umanità”.
Sotto c’è un video: letti colorati, stanze arredate, un intero palazzo in macerie, fumante. È l’ospedale pediatrico di Mariupol, la città assediata e stremata dall’esercito russo insieme ai suoi 400mila abitanti che non riesce a evacuare. Un raid russo lo ha raso al suolo, l’ospedale pediatrico, nel giorno della “tregua” garantita da Mosca per aprire un corridoio ai fuggiaschi. “Ci sono donne incinte, bambini sotto i detriti”, annuncia un primo drammatico dispaccio dell’esercito ucraino.
“Chiudete i cieli”, chiede dunque Zelensky di fronte all’ennesima strage di civili. E la verità è che a questa “irrazionale” richiesta non c’è una razionale risposta. Certo, dicono in coro gli esperti, una no-fly zone della Nato aprirebbe una guerra con la Russia. Anzi una “guerra mondiale”, ha riconosciuto il presidente americano Joe Biden, forse peccando di un eccesso di realismo a microfoni accesi.
Ma non è forse già questa una guerra più profonda, più grande dell’Ucraina? La domanda non è pretestuosa. Attanaglia tanti ucraini che devono avventurarsi per strada con amici e parenti sperando che un missile non li attenda alla luce del sole. E nel frattempo trovano poco conforto nella consapevolezza che a Mosca ha chiuso un McDonald, a San Pietroburgo c’è la fila ai bancomat, a Capri hanno confiscato una villa a un oligarca.
C’è chi ha dato una spiegazione a questa irrazionale richiesta. Non un manipolo di guerrafondai, ma un gruppo di ventisette, autorevoli voci della politica estera americana, dall’ex ambasciatore americano a Mosca Sandy Vershbow all’ex sottosegretario alla Difesa Ian Brzezinski. In una lettera aperta pubblicata da Politico chiedono una no-fly-zone limitata ai corridoi civili. Chiudono con una riflessione: “Il refrain “mai più” è emerso all’indomani dell’Olocausto. Oggi gli ucraini si domandano se funzioni anche per loro”.