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Oltre la metà dei missili di Putin fa fiasco (e rischia di finire sui civili)

I missili di Putin sbagliano il bersaglio oltre la metà delle volte, secondo gli Usa. Mentre la narrazione di potenza va in difficoltà, aumentano le vittime civili

Gli Stati Uniti valutano che fino al 60 per cento dei missili di (teorica) precisione lanciati dalla Russia in Ucraina abbiano fallito il bersaglio. Questo contrasta con la narrazione di potenza e capacità tecnica con cui Mosca racconta ai suoi cittadini quella che chiama “operazione speciale”e con le impressioni raccontare da comunità varie che in varie parti del mondo — per ideologia o interesse — tendono a giustificare la guerra di Putin. Non solo, perché l’alta percentuale di errore significa che i missili che avrebbero dovuto colpire obiettivi militari potrebbero anche essere finiti su target civili, aumentando l’atrocità dell’invasione.

L’informazione la diffonde la Reuters, con cui hanno parlato tre funzionari americani: sono tre per corroborare da tre lati diversi quanto raccontato, che acquisisce un valore perché in questa vicenda dell’invasione ucraina voluta da Vladimir Putin le intelligence occidentali, soprattutto quelle statunitensi, hanno azzeccato tutte le previsioni e le valutazioni. Ossia, sono dati altamente sensibili su cui non è possibile ricevere disclosure dell’analisi (perché significherebbe scoprire tecniche e vie dei servizi segreti), tanto meno compiere verifiche indipendenti, ma visto i precedenti sono altamente affidabili. Com’è logico, né il Cremlino né il ministero della Difesa russo hanno risposto a una richiesta di commento avanzata dalla Reuters.

La rivelazione potrebbe aiutare a spiegare perché, nonostante l’apparente forza del suo esercito contro le forze armate molto più piccole di Kiev, la Russia non è riuscita a raggiungere quelli che normalmente sono considerati obiettivi fondamentali di una campagna per conquistare un Paese rivale. Obiettivi come per esempio neutralizzare l’aviazione dell’Ucraina e le forze di difesa aeree per creare una situazione di dominio nei cieli a cui Mosca puntava sin dall’inizio.

I funzionari del Pentagono questa settimana hanno reso pubblica una valutazione sulla quantità di missili lanciati nel primo mese di guerra, più di 1.100, di vario tipo, ma ufficialmente non hanno detto quanti di questi hanno colpito gli obiettivi e quanti non sono riusciti a farlo. Un così alto tasso di fallimento può includere qualsiasi cosa, da problemi nel lancio a un missile che non riesce a esplodere all’impatto.

Il Center for Strategic and International Studies ha analizzato quasi tutte le armi usate dalla Russia durante l’aggressione all’Ucraina e secondo i dati disponibili i missili da crociera sparati sono principalmente il Kh-55 e il Kh-101. Questi due tipi di missili da crociera vengono sparati dall’aria, da bombardieri come i Tupolev Tu160 o Tu95 (anche i Sukhoi Su34 possono trasportarli). Negli attacchi sull’Ucraina spesso i velivoli del Cremlino hanno sganciato gli ordigni da centinaia di chilometri di distanza dagli obiettivi, restando all’interno dello spazio aereo russo per non finire colpiti dalla contraerea di Kiev. Secondo gli esperti militari il tasso di errore di certi vettori deve essere abbondantemente sotto al 20 per cento — qui si parla di percentuali fini a tre volte superiore a quello che viene già considerato un dato elevato.

Come accade sempre con i conflitti, quello che succede sul campo determina il quadro evolutivo politico-diplomatico. Putin ha interesse nell’apparire forte davanti alle sue collettività e alla Comunità internazionale. Serve per avere leve al tavolo negoziale, è una forma di deterrenza che passa anche dalle evocazioni sulle armi nucleari che escono lateralmente da Mosca. In quest’ottica, lo spin dato dal Cremlino all’utilizzo del Kh-47M2 Kinzhal, un missile raccontato come “ipersonico”, ha più che altro scopo propagandistico. Il vettore, di cui i mediaoutlet di Putin hanno pubblicizzato l’utilizzo in Ucraina, è stato pensato per colpire le portaerei americane eludendo, con la velocità ipersonica, i sistemi di difesa Aegis di cui dispone la Nato. In realtà è ancora alle fasi sperimentali, e Mosca ne ha prodotti pochissimi e non si sa quanto funzionanti. Raccontarne l’utilizzo serve anche a impressionare la Comunità internazionale e soprattuto le opinioni pubbliche occidentali su eventuali rischi del toccare la Russia. La percentuale di errore va contro questo tentativo narrativo.



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