Il ministro Daniele Franco ascoltato in parlamento sul futuro della banca, per la prima volta dai giorni del flop delle trattative con Unicredit. Il Tesoro presto o tardi dovrà uscire, una permanenza dello Stato non è un’ipotesi. Ma sui tempi incombono un aumento di capitale che potrebbe essere più pesante del previsto e la pulizia dei bilanci. Solo allora sarà possibile vendere
Un po’ di confusione e una certezza. Il governo di Mario Draghi prova a dare l’impronta all’operazione che dovrebbe, presto o tardi, restituire il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo, al mercato. O meglio ai privati, Unicredit o altri colossi del credito che siano sposta poco. La certezza è che lo Stato, oggi azionista al 64% di Rocca Salimbeni, dopo il salvataggio del 2017 costato oltre 5 miliardi di euro ai contribuenti italiani, uscirà dal capitale.
TANTE INCOGNITE, UNA CERTEZZA
Lo vuole l’Europa, con cui Roma ha pattuito una proroga di 18-24 mesi per la vendita di Mps, dopo il flop non indolore delle trattative con Unicredit, quattro mesi fa. E lo vuole lo stesso Draghi, che sa bene come il destino di Siena non possa essere sotto il segno dello Stato. Decisamente più incerta, invece, la road map verso il disimpegno della mano pubblica. Quando avverranno le nozze? E chi sarà la sposa?
Resta, sullo sfondo, quell’aumento di capitale da 2,5 miliardi che il Tesoro punta a finanziare attraverso il mercato, sempre che quest’ultimo dia risposta affermativa e sia pronto a caricarsi sulle spalle il salvataggio di Siena. Anche perché i soldi da mettere sul piatto potrebbero essere anche di più, forse 3,5 miliardi secondo alcune indiscrezioni di Bloomberg. Per cristallizzare l’importo occorrerà attendere che si alzi il velo sul piano industriale che porta la firma di Luigi Lovaglio, il manager ex Creval che ha preso il posto lo scorso gennaio di Guido Bastianini, entrato in rotta di collisione con il Mef su una serie di fronti. E poi, la pulizia del bilancio (utile di 310 milioni nel 2021) dalle sofferenze, lo spacchettamento dei costi legali (circa 6 miliardi) e l’affidamento delle filiali del Meridione al Mediocredito.
ADDIO A SIENA (MA QUANDO?)
Tutto ciò premesso, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ascoltato in commissione Finanze e per lungo tempo atteso, ha messo un po’ di puntini sulle i. Si è partiti dalle certezze. “Il mantenimento del controllo dello Stato sulla banca senza limiti di tempo non è in ogni caso uno scenario ipotizzabile”, ha chiarito Franco. Perché “sono molto chiari gli obblighi giuridici derivanti dalla cornice normativa europea che impediscono questa soluzione”.
Ma la vendita di Mps non sarà un pranzo di gala e la strada è lunga. “Sebbene sia possibile anche una vendita in tempi stretti di Monte dei Paschi è ragionevole attendersi che solo dopo l’aumento capitale e la ristrutturazione si creeranno le condizioni più favorevoli per la privatizzazione”, ha spiegato Franco. Dunque, prima il risanamento e la ricapitalizzazione, poi le nozze. “I tempi dipenderanno dai progressi della ristrutturazione e dall’esito delle trattative con la Commissione europea”.
IL REBUS AUMENTO
Non è tutto. “Il piano industriale del 2021 stimava per l’aumento di capitale una cifra di 2,5 miliardi di euro. In questo momento questa resta l’ultima cifra, vedremo il nuovo piano quale sarà, ma al momento crediamo che 2,5 miliardi sia la cifra ancora adeguata”. L’importo definitivo dell’aumento, ha aggiunto, “lo vedremo col piano industriale che riesaminerà la situazione alla luce di tutti gli sviluppi più recenti della nostra economia e del quadro internazionale”.
Qualunque cosa succeda, però, a Via XX Settembre non vogliono spezzatini. “Sono possibili interventi selettivi decisi dalla stessa Mps ma è importante che la banca non sia spezzettata e resti solida”, ha puntualizzato Franco, riferendosi in modo esplicito alla cessione delle filiali a Mcc. “Credo che sia opportuno valutare se debba restare tutto quanto insieme o se ci sono delle componenti che possono essere cedute però questo deve essere valutato da Monte Paschi stessa secondo una logica aziendale”.