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L’onda ucraina nell’Indo-Pacifico spiegata da Glosserman (PacForum)

L’esperto americano del Pacific Forum: debolezza attira aggressione, dopo la guerra russa in Ucraina nell’Indo-Pacifico cresce la tensione e parte la corsa alle armi. Per la Cina un boomerang, ma c’è chi tentenna e tiene aperto un canale con Mosca

“Debolezza attira aggressione”. C’è una lezione ucraina che mette in allerta l’Indo-Pacifico. Spiega Brad Glosserman, senior adviser del Pacific Forum, che la schizofrenia con cui i Paesi della regione più militarizzata al mondo seguono la guerra in Est-Europa ha due ragioni. C’è chi, nell’invasione russa, legge un via libera alle rivendicazioni cinesi nell’area, e dunque si arma fino ai denti. Ma c’è anche chi teme di più lo scivolamento russo nelle mani di Pechino.

Partiamo da Pechino, che sulla guerra russa tentenna. C’è una strategia?

Non la vedo. I cinesi hanno provato a presentarsi come neutrali, in verità hanno preso le difese di Mosca. Immagino sperassero di uscire interi dalla tempesta, che l’invasione sarebbe stata in pochi giorni un fait accompli, perfetto per rimanere in bilico e non pagare un prezzo politico. Hanno sbagliato i calcoli.

Xi aiuterà Putin?

Sicuramente sul piano economico, non sappiamo se anche in campo militare. Credo che forniranno armi alla Russia, ma tramite Paesi terzi e senza rivendicarne la paternità.

Le sanzioni internazionali contro Mosca convinceranno la Cina a un passo indietro?

Non succederà. La Cina non imparerà la lezione, qualsiasi accenno di cautela sta man mano scomparendo. È lo scenario peggiore possibile per Pechino: i cinesi a lungo andare pagheranno un prezzo per questa guerra non molto inferiore a quello già pagato da russi e ucraini.

La Cina non è l’unico Paese asiatico a rimanere in bilico.

No. Ci sono Paesi che neanche provano più di tanto a mantenersi neutrali. Penso all’India anzitutto ma anche a Israele, e questo è il caso più eclatante. Il rischio è che una considerazione di politica interna di breve periodo abbia la meglio su un più ampio interesse di lungo periodo. In Asia sono in parecchi a tentennare.

Perché?

Come ho detto, sono calcoli di politica interna, ma non solo. Alcuni di questi Paesi acquistano armi dalla Russia e non vogliono interrompere il flusso. Altri ancora si sentono minacciati dalla Cina e vedono nella Russia un contraltare diplomatico, non se la sentono di tagliare i ponti. Se i cinesi forniscono assistenza militare ai russi, Mosca scivolerà nelle mani di Pechino. A Nuova Delhi o Hanoi potrebbero pensare che, in caso di minaccia cinese, la Russia, ormai diventata un junior partner, li lascerà soli.

Israele media, o almeno ci prova.

Nell’equazione israeliana ci sono altri fattori, come la preoccupazione Siria o l’impatto della Russia sull’Iran. Un’equazione che può rivelarsi sbagliata. La Russia non ha davvero influenza sull’Iran, non può dettare legge a Teheran proprio come la Cina non può fermare la Corea del Nord.

Qual è la lezione ucraina per gli alleati degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico?

La lezione è semplice: la debolezza attira l’aggressione. Di qui la necessità di rafforzare le difese e non lanciare alcun segnale di fragilità all’esterno. Nulla di simile per il momento a quel che abbiamo visto in Germania, con la decisione storica di aumentare la spesa nella Difesa, ma c’è comunque un forte impulso politico. Ovviamente l’obiettivo è scoraggiare la Cina ad agire.

L’Europa è fuori dai calcoli?

Pensare che l’Europa abbia un ruolo nell’Indo-Pacifico è un’illusione. Ma investendo di più nella sua Difesa può liberare le mani degli Stati Uniti e permettere loro di spostare risorse nella competizione cinese. Dovremmo aver imparato ormai la lezione del 2001.

Quale?

Mi riferisco alla decisione dell’amministrazione Bush di spostare risorse dall’Europa e dal Pacifico nella guerra al terrore in Asia centrale e nella guerra in Iraq. Uno sforzo cui ha inizialmente contribuito anche la Cina, allora considerata un partner.

C’è un copione simile oggi?

Sì, è inevitabile. Ma la guerra russa in Ucraina non cambia i fatti: l’Asia e il Pacifico sono la sede della vera competizione globale. Dopo l’invasione di Mosca ci saranno nuovi documenti strategici della Nato e magari un ripensamento permanente della politica commerciale e delle sanzioni. Comunque vada, la Russia uscirà indebolita da questo sconfitto. Per la Cina la partita è aperta.

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