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Dalla Pasqua al nuovo Nobel pensando all’Ucraina

La Pasqua ormai si avvicina, ma è possibile pensarci senza pensare all’Ucraina e all’Ucraina senza riflettere sulla Pasqua imminente? Il nuovo numero di Civiltà Cattolica letto da Riccardo Cristiano

La Pasqua ormai si avvicina, ma è possibile pensarci senza pensare all’Ucraina e all’Ucraina senza riflettere sulla Pasqua imminente? Il discorso si può estendere. E questo proveremo a fare qui cercando di non forzare i temi trattati nel nuovo quaderno de La Civiltà Cattolica, che correttamente invece li separa e presenta infatti un’accuratissima ricostruzione della guerra che si combatte in Ucraina.

Ma la tentazione forse è legittimata da alcune evidenze, basta leggere l’articolo del direttore, padre Antonio Spadaro, e di Luca Geronico sul recente incontro di Firenze sul Mediterraneo. Vi si parla del bacino del Mediterraneo come di una cerniera, senza avere cura della quale tutto si spezzerebbe. Non è forse anche il caso dell’Ucraina? Nel testo si legge al riguardo del viaggio di Francesco in Marocco: “Durante il viaggio di papa Francesco in Marocco, il re Mohammed VI ha affermato: ‘Volutamente ci incontriamo qui, tra Mediterraneo e Atlantico e a poca distanza tra Marocco e Siviglia, perché questo sia un punto di scambio e di comunicazione spirituale e culturale tra l’Africa e l’Europa’. Di questo oggi c’è bisogno nel Mediterraneo: di incontro, scambio e comunicazione spirituale”. Quando questo è venuto a mancare in Ucraina – terra di transito come di pipe-line – e anche cerniera tra l’Europa che esiste e la Russia che c’è si è rotta l’Europa, non solo la sua cerniera. Dunque il saggio aiuta a valutare anche quello che accade a Kiev illustrandoci il magistero mediterraneo di Francesco e la carta del Mediterraneo scritta a Firenze può apparire una Road Map anche per un futuro europeo.

Questo sforzo, in altri termini, può essere fatto anche leggendo il testo spirituale, “Pasqua nella liturgia”, che apre il quaderno. La Pasqua è rito di passaggio, come si sa, la citata Haggadà di Pasqua, testo ebraico, è illuminante sulla Pasqua: “Perciò dobbiamo proclamare la vittoria di Colui che fece per i nostri padri e per noi tanti e tali prodigi. Egli ci ha condotti dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre alla luce, dalla servitù alla redenzione”.

Questa è l’origine. E si prosegue sottolineando un altro significato della Pasqua. Un secondo tema molto presente nei testi liturgici è quello della nuova nascita: “Con il mistero pasquale, Dio compie ‘l’opera dell’umana salvezza’, così che ‘tutto il mondo riconosca e veda che quanto è distrutto si ricostruisce, quanto è invecchiato si rinnova, e tutto torna alla sua integrità'”. Allora? Alla fine il testo sembra prenderci per mano: “Di fronte ai mali che attanagliano il mondo, anche i credenti sono tentati di essere presi dallo scoraggiamento e dalla paura, di non sapere più chi sono, da dove vengono e dove vanno, e così sono portati a leggere gli avvenimenti della storia con i soli criteri umani. Avviene come per il servo del profeta Eliseo, il quale, quando vide la città tutta circondata da cavalli e da carri, esclamò con sgomento: ‘Ohimè, mio signore! Come faremo?’. Eliseo gli rispose di non temere, ‘perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro’. Quindi Eliseo pregò così: ‘Signore, apri i suoi occhi perché veda’. E il Signore aprì gli occhi del servo, che vide ‘il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo’. Forse anche noi abbiamo bisogno di qualcuno che preghi perché i nostri occhi si aprano per vedere, oltre l’orizzonte terreno”.

Qui immaginare con l’immaginazione risulta difficile, molto. Io ho trovato la mia personalissima immaginazione vincolata alla chiave-Ucraina grazie all’illuminante recensione di un romanzo. Almeno questo è un romanzo sull’Ucraina? No! L’Ucraina come vicenda politico-diplomatico-militare e tragedia umana ha il suo spazio, robustissimo, nel citato saggio di ricostruzione firmato da padre Giovanni Sale. Il romanzo di cui ci parla  padre Claudio Zonta invece è “ Sulla riva del mare”, l’opera di Abdulrazak Gurnah, premio Nobel per la letteratura 2021. Io neanche sapevo che fosse originario della Tanzania, trasferitosi a Londra a 18 anni. Violenza, sofferenza, colonialismo, sopraffazione, entrano da subito nel suo romanzo. Padre Zonta ci porta rapidamente a scoprire che già nella prima pagina del romanzo emerge un chiave: “Voglio dire che non sono a conoscenza di una grande verità che muoio dalla voglia di insegnare, né ho vissuto un’esperienza esemplare che illuminerà le nostre condizioni o i nostri tempi. Ma ho vissuto, ho vissuto. È così diverso qui che sembra che una vita sia finita e adesso ne stia vivendo un’altra. Forse per questo dovrei dire di me che una volta ho vissuto un’altra vita da una parte, ma adesso è finita”. Pasqua? Forse c’è qualcosa di “pasquale” in questa rinascita. Ma l’Ucraina?

Sappiamo benissimo da quanto scritto da molti in questi giorni che la maggior parte degli ucraini non si considerano ancora dei profughi, o dei rifugiati, ma degli sfollati. Vogliono tornare alla vita di ieri. Per loro non è ancora finita la vita di prima. E domani? Come sarà il loro domani? Qui lo sviluppo del romanzo offre una storia importantissima. Questa: un personaggio di rilievo si avvale di un traduttore per entrare nella nuova realtà, nella nuova vita: e si scopre che, a causa di un affare non andato a buon fine, la casa ipotecata della sua famiglia era stata rilevata dalla famiglia dell’altro. Il confronto dialettico dei due protagonisti diventa un viaggio nel passato, durante il quale vengono raccontate e svelate le tante vite dei personaggi, le situazioni familiari, i viaggi, le relazioni complesse e le speranze di capovolgere il destino. E tra lo svolgersi di queste esistenze, la narrazione dà spazio agli avvenimenti politici, come l’interesse del presidente degli Stati Uniti John Kennedy, sottolineato dalla creazione, presso l’ambasciata, di una copiosa biblioteca di volumi di autori – tra cui Melville e Poe –, che si potevano leggere accompagnati dall’innovativa musica jazz. Ma presto gli Stati Uniti si ritirano, lasciando il posto alle mire politiche della Repubblica popolare cinese, in unione con la Repubblica sovietica e con quella democratica tedesca. Di conseguenza, anche le letture cambiano: Michail Šolochov, Anton Čechov”.

Il confronto diventa avvincente e gli eventi che i due si raccontano  sono accomunati da eventi dolorosi: alcuni causati dalle situazioni naturali, come malattie, morti; altri, invece, connessi con le situazioni di oppressione politica ed economica. Il potere economico, la spietatezza delle banche e delle strutture politiche governative, che non hanno alcun rispetto per la dignità e i diritti umani, opprimono con le loro regole il ceto più povero, causando violenze, fughe e prigionie, faide, che vengono sempre portate alle estreme conseguenze. Per padre Zonta i protagonisti “sono i superstiti di una lunga faida che ha segnato con il sangue le storie delle rispettive famiglie. La fuga per entrambi è stata la salvezza, e ora i rispettivi racconti, le confessioni particolareggiate delle loro esistenze diventano un luogo di incontro, anziché di scontro”. Non pretendo certo di dire che qui la Pasqua si presenta in questa fuga, o in queste due fughe, ma certamente questo incontro ci parla delle sofferenze di cui leggiamo, delle fughe di cui leggiamo e di cui non leggiamo, e di incontri che indicano la possibile rinascita.



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