I vertici dell’intelligence statunitense hanno affrontato una questione rimasta tabù per mesi: lo stato mentale del presidente russo. Il tempo e le difficoltà sul campo stanno cambiando ciò che il Cremlino può ritenere una vittoria. Spiragli di dialogo?
Per mesi l’amministrazione Biden ha evitato di speculare sulla salute mentale di Vladimir Putin. Il tema è stato raramente affrontato anche dai giornali statunitensi, a corto di fonti e spifferi dall’amministrazione sulle condizioni del presidente russo.
Ma, come notato su Formiche.net nei giorni scorsi, qualcosa è cambiato con la minaccia nucleare legata all’invasione dell’Ucraina e a quelli che potrebbero essere tentativi di Putin di sfruttare la teoria del leader pazzo minacciando l’Armageddon.
Nelle due ore e mezza dell’annuale audizione davanti alla commissione Intelligence della Camera dei rappresentanti, i direttori delle agenzie d’intelligence degli Stati Uniti hanno deciso di affrontare la questione dipingendo il quadro di un uomo forte ma sempre più isolato e frustrato, insoddisfatto per l’andamento della guerra e le difficoltà delle sue truppe, che ora potrebbe rilanciare gli sforzi bellici senza alcuna preoccupazione per i civili.
Avril Haines, direttrice dell’intelligence nazionale, ha spiegato Putin “probabilmente aveva previsto” molte delle sanzioni finanziarie internazionali imposte in risposta all’invasione dell’Ucraina. Ma “non aveva previsto il livello dei provvedimenti degli Stati Uniti e degli alleati per minare la sua capacità di mitigare le azioni occidentali”. Inoltre, ha sottovalutato “il ritiro dalla Russia avviato da attori non statali nei settori privati”, ha detto Haines parlando poco dopo che i colossi europei BP e Shell avevano annunciato lo stop agli acquisti di petrolio e gas russi e mentre il presidente Joe Biden imponeva il divieto alle importazioni di energia russa.
Ma nonostante le difficoltà economiche e militare, la comunità d’intelligence statunitense è convinta che è “improbabile” che Putin sia “scoraggiato”: “piuttosto, potrebbe intensificare, essenzialmente raddoppiare” gli sforzi, ha detto Haines. Infatti, Putin “probabilmente rimane ancora fiducioso che la Russia possa sconfiggere militarmente l’Ucraina”, ha aggiunto. In ogni caso, ha spiegato Haines, il presidente russo non vuole darla vinta all’Occidente, che a suo dire non gli dà l’attenzione che merita.
Williams Burns, direttore della Cia e già ambasciatore a Mosca, è stato ancor più diretto. Il presidente russo coltiva “una combinazione esplosiva di rancore e ambizione da molti anni”, ha detto. “Penso che Putin sia arrabbiato e frustrato in questo momento”. Per questo, “è probabile che raddoppierà e cercherà di schiacciare l’esercito ucraino senza riguardo per le vittime civili”. Alla rabbia e alla frustrazione si aggiunge l’isolamento. La “sua cerchia di consiglieri è sempre più ristretta”, anche a causa della pandemia, ha dichiarato Burns. E per quei pochi, mettere in discussione il giudizio del presidente “non è utile a fare carriera”, ha proseguito.
Sia Haines sia Burns hanno sottolineato le difficoltà sul campo nel prossimo futuro per Putin. Anche se è “poco chiaro” se perseguirà un “piano massimalista per catturare tutta o la maggior parte dell’Ucraina”, ha detto la prima, troverà “particolarmente impegnativo” mantenere il controllo del territorio catturato e instaurare un regime filorusso a Kiev davanti a “un’insurrezione persistente e massiccia” degli ucraini.
“Questa è una guerra che non può permettersi di perdere”, ha continuato. Ma, ha aggiunto, ciò che Putin “potrebbe essere disposto a riconoscere come una vittoria potrebbe cambiare nel tempo, dati i costi significativi che sta sostenendo” (l’intelligence militare stima “con scarsa fiducia” che le perdite russe sarebbero tra i 2.000 e i 4.000 soldati, ha dichiarato in audizione il tenente generale Scott Berrier, direttore della Defense Intelligence Agency – comunque tantissimi).
Nell’ottica di questa acquisita consapevolezza sulla situazione nel palazzo presidenziale russo, potrebbe essere letta la diatriba in corso tra Washington e Varsavia sulla fornitura di caccia da combattimenti Mig-29 polacchi all’Ucraina. Varsavia ha avanzato pubblicamente una proposta – mettere gli aerei a disposizione degli Stati Uniti nella base tedesca di Ramstein – che pare abbia preso di sorpresa Washington, che ha rispedito al mittente l’idea. Gli Stati Uniti sono consapevoli che i caccia sono un rifornimento necessario per Kiev, ma sanno anche che potrebbero alterare la partita. Putin potrebbe sentirsi pressato, perché gli aerei contano molto di più di altri generi di armamenti e si portano dietro un peso differente anche da gestire in termini di narrazione interna. È possibile dunque che Washington stia traccheggiando perché a oggi – mercoledì 9 marzo, senza che Kiev sia caduta e senza il massacro dell’attacco cittadini – vede ancora spiragli di trattative con Putin?