Skip to main content

Putin in difficoltà potrebbe aumentare la violenza in Ucraina

L’esercito russo non ha raggiunto una vittoria rapida, ma ha ancora molte carte da giocare. Putin potrebbe drammaticamente spingere sull’acceleratore della guerra per mostrarsi forte

I negoziati al confine bielorusso hanno portato ieri, lunedì 28 febbraio, una quiete precaria su alcuni fronti dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma la tregua non c’è assolutamente, anzi. Mentre il colloquio diplomatico si stava chiudendo, le sirene degli allarmi anti-aerei nella capitale hanno iniziato a suonare e ci sono state almeno cinque grandi esplosioni dovute ad altrettanti bombardamenti.
Le intelligence americane e inglesi, che finora non ne hanno sbagliata una (dalla tecnica di comunicazione alle previsioni) ritengono che un assalto massiccio contro Kiev sia solo questioni di ore. Una “seconda ondata” di truppe russe arriverà nel Paese per consolidare le posizioni e guadagnarne di nuove — anche come leva negoziale.
Le immagini dai satelliti — a cui sta contribuendo anche il centro satellitare europeo di Madrid per diffondere e condividere la maggior quantità di informazioni di intelligence possibile — hanno mostrato una colonna lunga 27 chilometri di automezzi dell’esercito russo (e soldati) che si muovono sulla capitale da nord-est; che è il lato della tenaglia in cui le unità del Cremlino hanno faticato di più fino a questo momento.
Aumenta l’intensità degli attacchi?
Intanto a Kharkiv, a nord-est, i russi hanno già cambiato metodo di azione: la città inizialmente conquistata dagli invasori e poi liberata da ieri pomeriggio è attaccata con bombardamenti tattici. I Su-24 sganciano bombe (si è detto anche a grappolo) dal cielo, da terra mortai ed armi termobariche hanno centrato anche palazzi residenziali per creare il panico. I carri armati delle brigate meccanizzate hanno iniziato qui a sostituire le forze aviotrasportate e i reparti speciali e ci si prepara a uno sfondamento che potrebbe provocare molte vittime civili tra il milione e mezzo di abitanti cittadini. Kiev li guarda con ansia.
È il rischio dello stallo: se l’offensiva non procede c’è frustrazione e dunque il rischio di aumento di aggressività da chi attacca. Con una nota tecnica: se le temperature aumentano, come sembra stiano facendo, il terreno si scongela e il fango diventa un fattore che complica l’avanzata. Fattore climatico che avvalora la necessità di essere rapide da sempre sollevata da Vladimir Putin.
Una guerra rapida evita problemi: produce meno vittime, costa meno, attira meno critiche. L’invasione doveva essere più rapida e più efficace. Secondo l’Economist, l’Ucraina avrebbe inflitto alla Russia più perdite nelle prime ventiquattro ore di invasione di quanto subito da Mosca in otto anni di operazioni in Siria.
Sono dati scioccanti se si pensa alla superiorità su carta dell’esercito russo, sono un problema di tenuta se per esempio si mettono insieme a un altro numero fornito dalla rivista inglese: la Russia ha uno dei più grandi divari di mortalità in eccesso per Covid. Ha registrato circa 580.000 morti in più del previsto tra aprile 2020 e giugno 2021, rispetto a un bilancio ufficiale di soli 130.000: Putin (non è così sorprendente) sta mentendo sulla diffusione del virus e sui suoi effetti, ma i cittadini russi ne sentono il peso e la guerra è percepito come un assurdo peggioramento delle condizioni generali.
Momento spartiacque?
Sembra si sia arrivati davanti a un momento spartiacque, mentre si intavolano i negoziati , qualcosa potrebbe cambiare nell’offensiva. Uno scenario pessimistico potrebbe essere: truppe ucraine accerchiate a est, bloccate dal Donbas e prese alle spalle se procederà l’offensiva su Mariupol; Kiev assediata e bloccata la possibilità di rifornimento da occidente attraverso una manovra per chiudere i collegamenti verso i confini polacchi e slovacchi (quelli aerei che tra l’altro dovrebbero essere usati per inviare i rinforzi approvato da 18 dei 27 Paesi Ue, compresi i 70 Mig e Sukhoi che Bulgaria, Polonia e Slovacchia dovrebbero fornire all’aviazione ucraina).
Mosca ha calcolato male i primi giorni di attacco e ora starebbe cercando di recuperare, e nel farlo intende tenere in considerazione sia il requisito della velocità per raggiungere la vittoria sia quello del non perdere credibilità mostrandosi in difficoltà. La presa di Kiev doveva essere la decapitazione immediata del nemico, per questo la Russia ha tentato un assalto rapido con unità leggere sperando in una resistenza debole. Hanno sottostimato gli ucraini e sopravvalutato i propri comandanti nel wishful thinking di fare tutto in fretta e nascondere i costi di un conflitto che con ogni probabilità è impopolare anche tra le giovani truppe russe.
Veloce uguale indolore anche sul piano della reazione internazionale, speravano: ma Usa e Ue e buona parte della Comunità internazionale hanno reagito subito e pesantemente. Questo problema — con sfoghi sull‘economia ma anche sul piano del soft power (i Mondiali, la Formula 1, la Champions League sono solo alcuni esempi) — si è andato a sommare a quelli sul campo amplificandone gli effetti a vicenda.
Guai tattici, percezioni alterate
Intenzionata a far passare l’operazione come più limitata che un’invasione agli occhi dei suoi cittadini e di parte della Comunità internazionale, Mosca ha completamente ceduto l’ambiente informativo all’Ucraina, il che ha galvanizzato il morale e il sostegno di Kiev. Il risultato è che il presidente Volodymyr Zelensky è diventato un eroe globale, le immagini dei mezzi russi distrutti riempiono i social network e i media hanno creato un racconto parzialmente alterato. Kiev ha plasmato a proprio vantaggio le percezioni. La Russia ha ulteriori capacità da sfruttare, anche se questo aspetto passa meno perché Mosca non intende per ora usare l’informazione come strumento per raccontare successi in guerra — temendone il ritorno negativo.
La reazione ucraina è per altro l’elemento meno sorprendente: vero che c’è disparità di potenziale, ma le Forze armate di Kiev sono organizzate e capaci, e il Paese è vasto, anni di guerra del Donbas hanno forgiato resilienza e carattere di truppe e civili. Nella logica non c’era modo di conquistarlo in pochi giorni. Inoltre il blitz non è riuscito anche perché i comandanti russi non erano preparati a un’azione del genere, come ha fatto notare George Friedman, vate dell’analisi strategica: “Non hanno combattuto una battaglia multi-divisionale come questa dalla Seconda guerra mondiale. Il loro esercito è competente, ma nessuno dei loro comandanti ha comandato questo tipo di battaglia”.
Nota Michael Kofman, che dirige gli studi sulla Russia al CNA di Washington, che le piccole unità avanzate (forze speciali e/o airborne) hanno agito in modo caotico, le grandi colonne meccanizzate si sono trovate bloccate in ingorghi oltre confine da loro stessi creati. Non c’è da escludere che questo modo di azione sia anche frutto di una pianificazione del genere: sicuri di sfondare rapidamente non sono state impegnati i reparti massicci  per evitare vittime.
Ma nel frattempo a complicare l’avanzata ci sono state anche le difficoltà della logistica a inseguire le unità avanzate, e spesso sulle catene dei rifornimenti sono piombati i droni turchi in dotazione all’Ucraina. Da Ankara arriva anche un altro colpo alla logistica delle operazioni: la chiusura del Bosforo, che taglia parte della catena di rifornimento e ricambio (anche verso la Siria, dove Tartus e Hmeimin fanno da back-office dell’assalto ucraino).
Scenario drammatico: aumenterà la violenza
Ora il rischio: il presidente russo è sempre più frustrato dalle sue difficoltà militari in Ucraina, che complicano la narrazione del conflitto e creano enormi problemi economici al cerchio di potere oligarchico che finora lo ha circondato. Presto per dire se quel sistema è saturo e potrebbe rivoltarsi contro Putin, però. Anzi. secondo Richard Haas, presidente del Council on Foreign Relations sentito oggi dal CorSera, il capo del Cremlino agisce praticamente da solo, ma sebbene possano esserci opposizioni alle sue scelte adesso in Russia non c’è nessuno interessati a sfidarle.
Putin ne è consapevole, ma pensa anche al termine successivo: isolato e con la paura degli effetti futuri potrebbe vedere come sua unica opzione come raddoppiare la violenza e mettere in ginocchio l’Ucraina, portarla a una resa brutale, dare una dimostrazione drammatica di forza. I funzionari delle intelligence statunitensi informati sulla situazione fanno sapere ai media americani che questo rischio è tra le loro valutazioni concrete.

×

Iscriviti alla newsletter