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Salvini e quel miracolo a San Pietro(burgo)

Pace, amore e fiori nei cannoni. Salvini dismette i panni dell’ortodosso e veste quelli del progressista, cita a memoria papa Francesco. Intanto a Mosca pensano a Paramonov, il diplomatico che minaccia l’Italia, come ambasciatore presso la Santa Sede. Il cardinale Parolin accetterà?

Mettete i fiori in quei cannoni. Matteo Salvini rinfila nel cassetto il santino dell’ortodosso Kirill e sul comò poggia quello del progressista Francesco. All’uscita da Montecitorio una luce ha illuminato il volto del segretario della Lega, ormai tuffatosi in una nuova fase mistica. “Ho apprezzato le parole del presidente ucraino, finalmente di pace”.

Già, la pace. Agognata, richiamata e ribadita dal “Capitano” mattina, sera e notte, senza interruzioni. “Quando in un contesto parlamentare si parla di armi e di guerra non riesco a essere felice”, ha confidato ai cronisti dopo il discorso di Volodymyr Zelensky al Parlamento italiano.

Dodici minuti di appello pacato, sì, ma risoluto a sostenere l’Ucraina contro la guerra di aggressione russa. Di “guerra” però Salvini non parla, quasi a scacciare un tabù. Di pace invece sì, bisogna tutti fare il tifo perché “la diplomazia, come ha detto Zelensky parlando con il Santo Padre, riconquisti il suo spazio”.

Da quando il papa, durante l’Angelus di domenica, ha definito “uno scandalo” la spesa in armi, Salvini è in brodo di giuggiole. Da settimane l’ex vicepremier si è cinto della bandiera arcobaleno e di armi non vuol sentir parlare. Già all’indomani dell’invasione a suon di missili e carri armati russi, il segretario leghista si era scagliato sull’invio di forniture militare a Kiev, “non in mio nome”.

Poi il ripensamento, con il via libera a mandare alla resistenza ucraina “ogni strumento utile a fermare l’aggressione russa”. Ma è stato un attimo e il valzer è tornato nel giro di pochi giorni. Sono lontani i tempi in cui Salvini vedeva in Putin e nel patriarca ortodosso Kirill (che ora delira di guerra giusta contro il “gay pride” ucraino) un baluardo per il cristianesimo.

Oggi nel santuario salviniano ha la meglio papa Francesco. Non quello che invocava “il perdono per chi non accoglie i migranti”, l’altro. Il papa che (siccome è il papa) si adopera per la pace e confessa la sua tristezza per la corsa alle armi. Musica per le orecchie di Salvini, tornato a battere il ferro pacifista contro chi – evidentemente fuori da ogni logica – si aspetta che la resistenza ucraina ai missili russi si faccia con i Javelin e i fucili e non con i ramoscelli d’ulivo.

E così anche il discorso di Zelensky, un presidente in tenuta militare, connesso a Montecitorio da un bunker circondato da sacchetti di sabbia in una capitale assediata, diventa per Salvini un manifesto di pacifismo, anzi di francescanesimo 2.0. “Abbiamo ascoltato parole di pace e di disponibilità al dialogo: speriamo vengano raccolte da Mosca e da chi – anche in Occidente – parla con troppa facilità di armi”, dice. Sospirando poi malinconico di aver applaudito anche alle parole del presidente del Consiglio Mario Draghi, ma solo in parte. Quando il capo del governo ha detto, schiarendo bene la voce, che “di fronte a un massacro” l’Italia invierà aiuti, “an-che mi-li-ta-ri”, c’è chi ha fermato lo scroscio di mani. “Non riesco ad applaudire se si parla di armi”, dice Salvini.

Miracolo sulla via di San Pietro(burgo). La stessa che vuole ora imboccare – così sostiene l’Adnkronos citando fonti anonime – Alexei Paramonov, il diplomatico del ministero degli Esteri russo che Mosca ha scatenato contro l’Italia sabato scorso, con tanto di promesse di “conseguenze irreversibili” se il governo Draghi continuerà a picchiare sul Cremlino e insulti al ministro della Difesa Lorenzo Guerini.

Ecco la notizia: è lui il nome in cima alla lista dei russi per diventare il prossimo ambasciatore russo presso la Santa Sede. Manca solo la firma di Putin, il decreto, a quanto pare, è già pronto. Chissà se il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, accetterà le credenziali. Il dubbio è lecito: il ministro degli Esteri di Papa Francesco è noto per una sensibilità più europea che bolivariana…


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