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Perché devo dire grazie a Stefano Vespa

“Lascio ai tanti altri, che numerosi lo stanno facendo, dire che giornalista sei stato, bravo, preciso e rigoroso. Perché io devo ancora troppe volte dirti grazie”. Il ricordo di Valeria Covato, condirettore di Formiche.net

Una foto. “Informazione di servizio: funziona!”. Un sorriso. L’ultimo. Quanta riconoscenza per un piccolo dono scambiato davanti al vicoletto dell’osteria alla fine del nostro pranzo con cui usavamo salutarci prima delle vacanze. I carciofi erano una costante, ma lì si mangiava la cacio e pepe accompagnata sempre da quell’ottimo calice di vino che sceglievi rigorosamente tu, che te ne intendevi. Le solite raccomandazioni, le critiche affettuose, gli incoraggiamenti, gli abbracci veri e quella spalla sempre pronta.

Caro Stefano, tu di regali invece, quelli veri, me ne hai fatti tanti in questi ultimi anni. A te devo la forza dietro ogni cosa che ho fatto, e la pazienza dietro quelle che avrei voluto fare ma che mi hai indotto a lasciar correre, per fortuna! E quell’idea di giornalismo che custodivi e per cui ti battevi e che mi aiutavi e esortavi a portare avanti. Come quando in punta di piedi mi mandavi le tue “segnalazioni”, mai inopportune, fino all’altro giorno.

“Assolutamente perfetta”. Non hai aspettato neanche un minuto a scrivermelo, in tempo reale, appena terminato il mio discorso qualche mese fa alla presentazione di Decode39. E io, insicura come sono, ho dovuto chiedertelo mille volte quanto fosse sincero quel complimento. Eppure avrei dovuto saperlo che di bugie non ne dicevi mai, a costo di risultare severo. Ed era quello che mi spingeva tutte le volte da te. Avevo scritto quel discorso e dato a te il compito di valutarlo, pronta al peggio. Mi hai chiamata e mi hai detto: va tutto bene, adesso cronometrami e vediamo quanto tempo ti occorre per pronunciarlo, ma mi raccomando, non devi assolutamente leggerlo! E mentre ti ascoltavo pronunciare quelle mie battute pensavo quanto fossi inarrivabile. Non sarei mai stata brava come te, ma tu quel giorno eri lì.

E lo sei stato tutte le volte che ti ho chiamato disperata, con l’ingenuità di chi sa ancora troppo poco di come funziona il mondo, il nostro, sapendo che tu me lo avresti insegnato.

L’articolo in arabo ti era parso una figata, dopotutto ti mancava mi avevi detto. E ti eri divertito a pavoneggiarti scherzosamente. “Me cojoni”, aveva risposto chi sai tu.

Lascio ai tanti altri, che numerosi lo stanno facendo, dire che giornalista sei stato, bravo, preciso e rigoroso. Perché io devo ancora troppe volte dirti grazie, come in quel bigliettino lì in quel vicoletto.
Mi mancherai Stefano, anzi mi manchi già tantissimo.


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