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Modello Gran Bretagna. Così si può ridurre la dipendenza sulle terre rare

Una collaborazione business-to-business, finanziata dal governo britannico, metterà insieme diversi attori privati per creare una filiera circolare per i magneti permanenti. L’obiettivo: ridurre la dipendenza commerciale e l’impatto ambientale. Un modello che insegue anche l’Unione europea e non solo…

La Gran Bretagna si propone come frontrunner nella transizione ecologica, e lo fa promuovendo un’iniziativa che potrebbe diventare un modello da emulare per limitare nel medio-lungo termine la forte dipendenza dell’Occidente sulle materie prime e le applicazioni tecnologiche essenziali per la decarbonizzazione.

Si tratta del progetto Secure Critical Rare Earth Magnets (SCREAM) for the UK, il primo del suo genere nell’ottica di creare una filiera circolare e sostenibile per i magneti di terre rare. Nasce da una collaborazione tra aziende coinvolte nel settore automotive e compagnie tecnologiche. I magneti permanenti sono infatti asset industriali cruciali per i motori dei veicoli elettrici e i generatori delle turbine eoliche, specialmente per i parchi offshore.

Il consorzio mette insieme differenti realtà.  European Metal Recycling (EMR), azienda che si pone l’obiettivo di diventare leader globale per il recupero di materiali sostenibili. Mkango Resources, compagnia mineraria canadese che sta sviluppando un sito in Malawi per l’estrazione di terre rare e uno in Polonia adibito alla separazione di ossidi di terre rare (il secondo step della catena del valore), grazie anche al contributo finanziario dell’European Raw Materials Alliance (ERMA). HyProMag, azienda britannica nata nel 2018 per “sviluppare una filiera totalmente circolare per i magneti al neodimio” e proprietaria della tecnologia per il recupero dei magneti dai prodotti elettronici, sviluppata insieme al Magnetic Materials Group dell’Università di Birmingham, anch’essa coinvolta nel progetto. Attraverso la sua controllata, Maginito Limited, Mkango è shareholder con il 25% delle azioni di HyProMag. Infine, più a valle, troviamo GKN Automotive, multinazionale leader nella componentistica automotive, specialmente nei sistemi di guida, e Jaguar Land Rover.

Un insieme di stakeholders eterogeneo, che raccoglie expertise lungo la filiera (dalla miniera al riciclo) fondamentale per la gestione di una supply chain complessa e particolarmente sotto osservazione  per la criticità e la sostenibilità dei processi industriali coinvolti.

Il progetto SCREAM, finanziato in parte da UK Research and Innovation (UKRI), l’omologo britannico del framework di fondi messi in campo dalla Commissione europea con Horizon Europe, è stato sostenuto attraverso il fondo industriale Driving the Electric Revolution Challenge, che conterà su circa 3.4 milioni di sterline da investire in ricerca e sviluppo tra le industrie automotive, delle tecnologie applicate e del riciclo.

L’obiettivo del progetto, infatti, è quello di recuperare e riciclare i magneti al neodimio, attualmente i più performanti sul mercato per caratteristiche tecniche, già presenti sul mercato britannico (lo stock è diffuso tra le applicazioni elettroniche, come Pc, smartphone e robot) e in proiezione dal momento che la penetrazione dei veicoli elettrici e ibridi (BEV e HBEV) aumenterà nel prossimo futuro la disponibilità di questi materiali.

I magneti verranno prima di tutto recuperati da applicazioni a fine vita, riprocessati da Mkango e HyProMag nei loro stabilimenti britannici prima di essere sottoposti ad una verifica per convalidarne la performance una volta raggiunto il primo ciclo di vita. Per fare ciò, il partner di EMR, il centro per l’innovazione GNK, cercheranno di rimettere in attività una struttura industriale per testare l’efficienza dei magneti al loro secondo riutilizzo in applicazioni end-use come i motori elettrici e confrontarla con i magneti “vergini”.

Oltre a sviluppare una supply chain circolare per le esigenze del complesso industriale britannico, il progetto mirerà ad una riduzione dei costi di produzione dei magneti “secondari” del 10%, oltre ad ottenere una significativa riduzione dell’impatto ambientale (si stima di risparmiare l’88% di consumo energetico rispetto ad un impianto di produzione convenzionale) rispetto alla comunque necessaria fornitura di materiali da estrazione, necessaria per andare incontro alla forte domanda di breve-medio termine.

Vi è poi lo sguardo alla situazione geopolitica, dal momento che la Repubblica Popolare Cinese controlla saldamente la catena del valore delle terre rare, producendo più del 90% degli ossidi di terre rare leggere (NdPr) e più del 95% degli ossidi di terre rare pesanti, come disprosio e terbio, che sono ingredienti fondamentali per la produzione di leghe metalliche per i magneti permanenti, prodotti da complessi industriali cinesi per il 90% dell’output globale.

Sforzi nella direzione di una maggiore diversificazione commerciale dei materiali critici e di un possibile reshoring di attività produttive lungo la catena industriale delle terre rare si stanno riscontrando tanto in Europa, quanto negli Stati Uniti, seppur con approcci e priorità molto diversi.

L’esempio della Gran Bretagna è anche importante per la strategia complessiva: l’elettrificazione della flotta automotive è diventata non solo un imperativo per gli obiettivi climatici, ma anche un’opportunità per rilanciare l’intero comparto industriale britannico che rischia di perdere competitività mano a mano che il settore, e non solo, dovrà transitare ai veicoli elettrici.

In Gran Bretagna, il phase-out del veicoli a combustione interna è prevista entro il 2035 e la transizione energetica rischia di lasciare il paese, senza le necessarie contromisure, esposto a gravi “carenze e vulnerabilità lungo le filiere”, come scriveva un rapporto di Green Alliance dello scorso Novembre 2021. “Entro il 2050 la Gran Bretagna potrebbe utilizzare tre volte le riserve giuste [per una transizione effettiva su scala globale] di alcuni materiali critici”.

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