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Così Putin prepara l’assalto a Odessa

L’assalto a Odessa è pronto, Mariupol rasa al suolo. Mentre i carri armati russi sono impantanati a Kiev, le difficoltà di Putin si trasformano in violenza

Nelle ore in cui si sta scrivendo questo articolo, gli abitanti di Odessa stanno aiutando i militari ucraini a riempiere di sabbia i sacchi che dovrebbero fornire protezione davanti a un attacco russo, previsto nelle prossime 24/48 ore. Le truppe regolari e civili sono state messe in stato di allerta. La caserma che addestrava i civili è stata chiusa; i miliziani sono stati raggruppati e trasferiti. Il numero delle navi del blocco navale russo di fronte al porto occidentale ucraino è aumentato. Si stanno accelerando i processi di evacuazione dei non combattenti. Ai militari è stato chiesto di interrompere i rapporti con la stampa fino a domenica.

Lo sbarco, anticipato da salve missilistiche, mette in luce come l’inefficienza dell’invasione russa sia relativa. Il fronte sul Mar Nero, da Odessa ad Ovest a Mariupol ad Est, racconta di attacchi spietati e nella regione meridionale si trova l’unica città di fatto conquistata, Kherson.

La Russia che fatica sul quadrante settentrionale  di Kiev, anche per evitare un massacro nella capitale, non risparmia un colpo nel sud. E quei colpi parlano di una violenza efficace quanto pericolosamente gestita, perché sembra effetto di una debolezza quasi fuori controllo. Gli uomini di Vladimir Putin che frustrati si incattiviscono. Un fattore che non solo complica la situazione sul campo, dove aumentano le vittime civili, ma anche quella al tavolo negoziale.

A nord-ovest di Kiev, l’esercito ucraino ha contrattaccato contro la 36esima Armata di Mosca che da giorni sta cercando il posizionamento attorno alla capitale. Anche la 35esima è finita sotto i colpi dell’artiglieria di Kiev, colpita a ridosso del confine con la Bielorussia. Lo Stato Maggiore ucraino ha pubblicato un post su Facebook indicando che la Russia sta tentando — senza successo — “azioni controbatteria”, che sono gli attacchi statici contro le artiglierie nemiche. Si tratta di operazioni difensive che dimostrano quanto i russi siano difficoltà.

L’ex sottosegretario di Stato Mark Kimmitt ha detto alla Cnn che gli Stati Uniti dovrebbero inviare più “counter-battery radars” per prendere la mira sui siti di artiglieria e missili terra-terra russi. Kimmitt sa di cosa parla avendo seguito le Politiche militari a Foggy Bottom. Non è detto che non arrivino, e sarebbe un’ulteriore complicazione per Mosca, da dove oggi, venerdì 18 marzo, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha dichiarato ogni singolo cargo che porta armamenti di rinforzo all’Ucraina un bersaglio legittimo.

Sui social network sono rimbalzate le immagini (dure) di un’imboscata con cui le forze speciali ucraine hanno colpito una colonna della fanteria navale russa a Priluky, sulla strada che da est porta verso Kiev. Il fuoco contro i blindanti è stato aperto con i missili anticarro Nlaw, che sono trasportabili a mano e forniti agli ucraini dal Regno Unito; che anni fa si era occupato di training e formazione per l’uso di questo genere di armamenti in ambito di esercitazioni Nato in cui si addestrava l’integrazione delle forze di Kiev con quelle dell’alleanza.

Sono dettagli che inquadrano una situazione più ampia di quella che esce dal campo. Dove per altro si somma il problema dello scioglimento della neve: il disgelo primaverile produce fango, in cui i carri armati russi si impantano in un’altra immagine simbolica della guerra di Putin. Oramai i contadini ucraini che trainano mezzi russi abbandonanti nelle campagne sono parte del racconto epico e tragicomico di questa non-blitzkrieg.

L’allungarsi del conflitto ha prodotto un problema di carenza di uomini. L’esercito ucraino dice di aver eliminato il 30 per cento dei soldati russi a Kharkiv, città orientale (la seconda più grande del Paese) dove il tentato sfondamento ha tolto energie e concentrazione ai comandanti russi che attualmente si trovano davanti alle macerie prodotte senza riuscire a ottenerne il controllo.

È la storia di Mariupol, sulla costa orientale: la stanno radendo al suolo, bombardano aree residenziali svuotate dalla fuga dei civili, ma non riescono a conquistarla di fatto. E probabilmente, come detto, l’atrocità è frutto di questa incapacità. Un funzionario ucraino ha detto che “più di 1.300 persone” potrebbero essere ancora intrappolate nel seminterrato di un teatro di Mariupol che è stato quasi distrutto in un attacco russo nonostante sul piazzale antistante fosse segnalata la presenza di bambini.

I missili hanno colpito anche fuori Leopoli, una città occidentale verso la Polonia che è stata un rifugio per le persone in fuga da zone sotto assedio. L’attacco potrebbe essere stato un tentativo di colpire le capacità delle forze aeree ucraine, perché i media locali hanno riferito che un impianto presso l’aeroporto era “l’unica impresa in Ucraina che ristruttura i MiG-29 per l’aviazione ucraina”.

Davanti ai contrattacchi e ai colpi subiti si comprende la necessità di Putin di portare sul teatro ucraino i combattenti siriani e i ceceni. L’esercito non può contare su forze fresche dalla Russia, perché la coscrizione forzata adesso è difficilmente cavalcabile da punto di vista politico. Tra l’altro a lungo andare sarà anche complicato giustificare le morti, molte delle quali testimoniano come le forze armate russe siano composte per buona parte da gruppi etnici minoritari — e dunque non solo dalle classi meno istruite e più povere, ma anche da collettività che prima o poi potrebbero far pesare forme di risentimento interno.



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