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Le responsabilità politiche della dipendenza energetica

Occorre chiedersi con fermezza che classi politiche sono quelle che hanno organizzato questa fine dipendenza strategica delle forniture della principale fonte energetica usata nelle case degli italiani proprio dalla Santa madre Russia, che in questi giorni in Ucraina si rivela tutt’altro che santa

La geopolitica e la geoeconomia sono discipline in vigore ormai da molti anni. Sorprende dunque che le classi politiche che si sono alternate in Italia negli ultimi decenni abbiano mostrato di non conoscere neanche le tabualae minimae di queste discipline. Mi riferisco in questo caso alla vicenda della dipendenza energetica italiana. È possibile, per un Paese come l’Italia, grande consumatore di gas, che si sia reso per più del 40% dipendente dalla fornitura russa. Stiamo parlando di un Paese che qualche analista un po devoto definisce democratura ma che sostanzialmente, anche dopo l’89-91, si è dimostrato sostanzialmente una dittatura di impronta comunista. Un Paese totalmente al di fuori dal perimetro geopolitico dei Paesi amici o quasi amici. È vero che nel tempo ci sono stati, specie per ragioni di comodità economica o di opportunismo politico, cari o stretti amici di quel Paese anche in posti chiave. Si pensi per tutti al caso di Matteo Salvini o anche, per alcuni versi, di Berlusconi, talmente amico di Putin da usare dormire, da solo o in compagnia, nel grande letto rotondo che gli ha regalato il suo amico nella sua residenza romana.

Per non parlare della corte di sedicenti intellettuali o di capi impresa sempre ospiti preferenziali ai ricevimenti dell’ambasciata russa a Roma. Eppure, qualsiasi studente di scienze politiche, per lo meno nei due anni della laurea magistrale, apprende che la diversificazione delle forniture energetiche debba essere una regola fondamentale per un Paese, fino nei confronti degli alleati. Ma l’Italia è uno strano Paese che ad esempio ai tempi dell’avvio della costruzione del gasdotto Tap ha visto inscenare gravi manifestazioni soprattutto ad opera Cinquestelle contro quella infrastruttura energetica che è uno dei pochi elementi di diversificazione rispetto alla dipendenza dalla Russia.

Occorre chiedersi con fermezza che classi politiche sono quelle che hanno organizzato questa fine dipendenza strategica delle forniture della principale fonte energetica usata nelle case degli italiani proprio dalla Santa madre Russia, che in questi giorni in Ucraina si rivela tutt’altro che santa. Una dipendenza che è stata addirittura rafforzata dopo l’occupazione della Crimea della Russia che serviva a coloro che non volevano vedere il vero lato di quel Paese. L’Italia che quel Paese in cui per una miscela di populismi, poco fondate credenze, titillamento di queste soprattutto da parte di alcune forze della sinistra, ha ostacolato, tanto più dopo il referendum, lo sviluppo dell’energia nucleare, mentre importiamo energia nucleare dalla Francia che ha centrali anche a poca distanza dal confine italiano.

Questo vero flop della politica energetica che la guerra della Russia contro l’Ucraina ha fatto emergere con forza deve invitare i cittadini a riflettere sulla, per modo di dire, lungimiranza delle varie classi politiche e ancor più di quella attualmente al potere. In tutto questo, mentre la presidente della Commissione Ue von der Leyen stabilisce che solo nel 2027 l’Europa non sarà dipendente dal gas russo, spetta ad un presidente tecnico come Mario Draghi cercare di inventarsi tutto il possibile per recuperare qualche minima forma di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, ma per quanto possa fare in funzione del prossimo autunno quando saranno riaccesi i riscaldamenti che si può affrontare come meriterebbe la questione.

Bacon diceva che spesso in molti stati gli scaltri passano per saggi e questo è il regalo che ci hanno consegnato tanti esponenti politici e governanti che si credono scaltri, e ancor più le forze populiste come i cinquestelle, ma non solo loro. Un regalo avvelenato al quale non sarà certo facile togliere il veleno e che si presenta come dura ipoteca per ogni possibilità di una seria transizione energetica.

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