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Ucraina, l’altra invasione (di solidarietà). Parla Moro (Rfk)

Il segretario generale della Robert Kennedy Human Rights Italia, in prima linea nei soccorsi per i profughi ucraini: dalla Russia una guerra insensata, disumana, tempo di reagire. Per l’Europa un’occasione solidale, cambiamo Dublino. L’America supera (ancora) la prova

Nella tragedia un’occasione. Federico Moro, segretario generale della Robert Kennedy Human Rights Italia, la no-profit inaugurata nel 1968 dai famigliari del senatore americano per promuovere i diritti umani, guarda il bicchiere mezzo pieno. Mentre la fondazione insieme alla macchina dell’accoglienza italiana si muove per dare una nuova chance ai profughi ucraini che fuggono dall’orrore della guerra, in Europa “qualcosa è cambiato”.

A cosa si riferisce?

È un cambio di fase senza precedenti. La Russia ha scatenato una guerra insensata di cui i civili pagheranno il prezzo più alto. Come fondazione che si occupa dei diritti umani, siamo testimoni di una continua violazione di quei diritti in queste ore. Ci consola almeno constatare un ponte ideale tra Europa e Stati Uniti per aiutare la popolazione.

Quali voci vi arrivano dal fronte?

È in corso una catastrofe umanitaria. Due milioni di sfollati sono un brusco risveglio per l’Europa prima ancora che per gli Stati Uniti. La guerra è una prova storica, siamo chiamati a fare la nostra parte. Come Fondazione Kennedy abbiamo ospitato nei primi giorni dell’esodo dieci rifugiati nella nostra sede di Firenze, gestita dalla Croce Rossa. Persone che in pochi minuti hanno perso tutto, hanno bisogno di aiuto, non solo materiale.

Come coordinate i soccorsi?

Insieme a Colors for Peace stiamo riuscendo a inviare aiuti a Leopoli. Coperte, indumenti, cibo secco, bende e kit per il primo soccorso, ma non solo. Passano dal confine polacco, altri passano invece dalla frontiera con la Romania. Un lavoro importante è richiesto ora dall’altra parte del confine, dove si stanno ammassando centinaia di migliaia di profughi.

Il dramma smuoverà l’Europa dei muri? Negli anni scorsi proprio dall’Est sono arrivate le principali resistenze a un sistema di accoglienza equo.

Alcuni di questi Paesi, storicamente refrattari alle politiche di accoglienza, si sono ritrovati ora in prima linea, come l’Italia sul fronte Sud. Polonia, Romania, ma anche Ungheria. È il momento di un grande moto solidale europeo con il popolo ucraino. Se cercavamo una finestra per invertire la rotta e trovare unità in Ue, ce l’abbiamo di fronte.

Tempo di rivedere gli accordi di Dublino?

Assolutamente sì. Finché la tragedia migratoria colpiva solo Italia, Spagna e Grecia i Paesi del centro-Nord Europa non si sentivano coinvolti. Adesso con la guerra che infuria ad Est comprendono l’esigenza di rivedere le regole per una solidarietà che sia nei fatti e non solo a parole. Accoglienza, dunque, ma anche e soprattutto integrazione, una sfida che l’Europa non ha ancora vinto fino in fondo.

L’America è stata campo di profonde divisioni politiche negli ultimi anni. La guerra in Ucraina ricompatta il Paese?

Credo di sì. L’America è un Paese che di fronte alle grandi tragedie si compatta sempre, come ha dimostrato di fronte all’11 settembre. Le immagini dei bombardamenti sugli ospedali pediatrici, i civili, violano il diritto stesso all’esistenza umana, scuotono l’opinione pubblica anche dall’altra parte dell’Oceano. Ora c’è da sperare che questo momento di unità continui.

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